Telefonami tra vent'anni

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Telefonami tra vent'anni,
io adesso non so cosa dirti,
non so cosa risponderti,
e non ho voglia di capirti.

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Manuel è partito.

L'ha fatto davvero. Ha raccolto tutti i suoi risparmi, ha rubato quelli della madre, ha chiesto dei soldi al padre, ha venduto la sua motocicletta ed è partito. Lui, Nina e Lilli.

Manuel è partito e Simone gli ha dato una mano nel farlo.

Non esiste universo in cui Simone non si sacrificherebbe per Manuel, in cui non finirebbe nei guai per assecondare le follie del suo migliore amico, fratello e forse amante, in cui non commetterebbe reato di favoreggiamento personale pur di stargli accanto. Non ne esistono, di universi in cui Simone non lo farebbe, e infatti pure in questo lo ha fatto.

Manuel è partito. È andato a Parigi.

Se n'è andato con un borsone preparato alla rinfusa da Simone stesso, con una scusa preparata ad hoc da Simone stesso, con la promessa di non sparire perché in fondo Parigi non è così lontana, con la certezza che tanto Simone sarebbe rimasto a Roma e avrebbe pensato lui a risolvere tutti i casini che Manuel si fosse lasciato dietro.

Se ne è lasciati un mucchio, di casini dietro. Ha lasciato una madre disperata, smarrita, terrorizzata dall'idea di aver perso il suo unico figlio. Ha lasciato degli amici che lo ricercano ogni mattina in quel banco di scuola vuoto e si chiedono perché mai sia fuggito, perché non abbiano visto in lui alcun segnale prima che l'inevitabile accadesse. Ha lasciato indietro una sorella e un padre appena ritrovati, impedendo a sé stesso e impedendo a loro conoscersi, scoprirsi, imparare a volersi bene. Ha lasciato indietro la sua filosofia, la sua poesia, il suo amore per i motori, il suo sogno di insegnare. Ha lasciato indietro Simone.

L'ha lasciato solo, come sempre.
Gli ha stretto la mano un'ultima volta, sotto casa di Nina, e lo ha guardato con quegli occhi intensi, penetranti, pieni di concetti non detti. Ha forse provato a comunicare con quegli occhi, a chiedergli, per favore, di scovare un modo per uscire da quella situazione in cui si era cacciato e di dargli un motivo per restare, una ragione per la quale non avrebbe dovuto abbandonare tutto e scappare. Simone era forse stato in grado di cogliere un barlume di quelle preghiere, ché lui Manuel l'ha sempre capito al volo, ma aveva volutamente lasciato che quel luccichio si spegnesse: con Manuel non aveva più voglia di parlare.

Forse tra vent'anni, si disse; forse solo tra vent'anni io potrò rispondere al tuo appello, ascoltare e capire le tue ragioni e rispondere, perché solo con la maturità di un uomo di trentasette potrò capire cose che ora a diciassette davvero non comprendo.

Quindi Manuel ha detto addio ed è partito.

E sono venti giorni che Manuel è partito, lasciando dietro di sé una scia di devastazione. Sembra quasi che la morte abbia fatto visita a villa Balestra, bussando, nemmeno troppo timidamente, alla porta di casa e poi percorrendone le scale, fino a giungere alla brandina che è stata per un anno letto di Manuel e maledicendola col suo alito fatale. Manuel viene compianto come un morto a villa Balestra perché nessuno sa dov'è, nessuno sa se ha intenzione di tornare, nessuno sa se vuole tornare: sanno solo che è scappato con coscienza, che non è stato costretto e quindi che non vuole essere cercato, né tantomeno trovato. Sarà lui a cercarli e trovarli se vorrà, ché loro di certo non si muovono da lì, nemmeno per un istante. Pure se quella casa ormai puzza di morte.

Oggi, domani, sempreWhere stories live. Discover now