04| Silvandor

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Le mie palpebre si adattano lentamente alla luce fioca che filtra attraverso la stanza, ancora avvolta dall'oscurità. Nonostante sia bendato, riesco a percepire l'umidità dell'aria e il ticchettio costante delle gocce d'acqua che cadono dall'alto, creando una melodia inquietante.

Sono seduto su un pavimento di pietra fredda e umida, le pareti rivestite di muschio e muffa, mentre il soffitto si perde nella penombra. La luce fioca proviene da una piccola finestra posta in alto, ma è insufficiente a dissipare l'oscurità che avvolge ogni angolo.

Il suono delle gocce d'acqua che cadono incessantemente rende l'atmosfera ancora più opprimente, come un conto alla rovescia che annuncia il trascorrere del tempo. Il silenzio è interrotto solo da questo ticchettio monotono, amplificando la sensazione di solitudine e smarrimento.

Nonostante sia bendato e quindi privato della vista, cerco di rimanere lucido e concentrato, consapevole che la mia unica speranza di sopravvivenza dipende dalla mia capacità di trovare una via d'uscita da questo luogo lugubre e ostile.

"Ho freddo. Ho paura", sussurro nell'oscurità, la voce spezzata dall'angoscia che mi avvolge.

"C'è qualcuno?" chiamo, sperando in una risposta che possa indicarmi una via d'uscita.

Il silenzio pesante avvolge la stanza, così denso da sembrare quasi palpabile. È come se ogni suono, persino il battito accelerato del mio cuore, venga inghiottito da quell'oscurità opprimente. Fino a quando una mano delicata tocca il mio viso, strappando via la benda dagli occhi con un movimento lento ma deciso. Una luce accecante, inaspettata dopo tanto buio, filtra attraverso le fessure della mia vista oscurata, confondendo i miei sensi.

Gli occhi, abituati alla penombra, sono momentaneamente accecati dalla luce improvvisa. Quando finalmente riesco a focalizzarli, vedo lei: la piccola ragazza semi-umana, con quegli occhi rossi intensi e le lentiggini che punteggiano delicatamente le sue guance. Il suo sguardo, carico di tristezza e compassione, sembra scrutare nell'abisso della mia anima, come se cercasse di comprendere la mia disperazione.

Nonostante la mia sorpresa nel vederla, un brivido di speranza mi attraversa. Forse, con il suo aiuto, potrei trovare un modo per sopravvivere a questo incubo che sembra non avere fine.

Non proferisce parola, chiaramente spaventata. Non so se sia io a trasmettere questo timore nei suoi confronti o se sia solo l'ambiente a intimorirla. Tuttavia, è evidente la necessità di rompere quel senso di ansia costante che, dalle viscere, mi sta pian piano mangiando, quell'inquietudine alimentata dal suo sguardo malinconico. Dobbiamo trovare un modo per evadere da questa situazione oppressiva.

"Ciao piccolina, come ti chiami?" domando, cercando di instaurare un minimo di connessione umana in quel luogo desolato. Ormai, tutto ciò che faccio sembra avere poca importanza; forse è perché ci troviamo sulla stessa barca, oppure il fetore di quel luogo agghiacciante mi ha offuscato la mente.

Una cosa è certa: non è cattiva.

Il suo sguardo evita il mio, come se voglia nascondersi dal mondo intero. Ci vuole qualche istante prima che pronunci il suo nome.

"L-Lyra," sussurra delicatamente, la sua voce leggera e acuta, con un tono soave, completamente diverso rispetto alla prima volta che l'ho sentita. Forse la paura le ha dato un tono più agiato.

Noto i suoi vestiti strappati e, cosa che non avevo notato prima, un tatuaggio sul collo, simile a uno di quei sigilli applicati al bestiame per evitarne la fuga.

Un pensiero balena nella mia mente: la possibilità che lei sia in realtà una schiava. Ma cosa ci fa lì?

"Ciao Lyra, ti chiedo scusa, ma potresti slegarmi le mani? Ci puoi provare?"

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⏰ Last updated: May 10 ⏰

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Yggdrasil: Il regno incantatoWhere stories live. Discover now