capitolo 2

11 2 0
                                    

Sinceramente preoccupante.
Non gli veniva in mente altro aggettivo.
Cristo. (No- no, non si bestemmia.)
Mannaggina.
Era appena uscito dalla villa, da due ore leggere di preoccupanti rivelazioni, e adesso si trovava davanti al viottolo.
Buio.
Maledetto Novembre.
Akami non si considerava un uomo facilmente impressionabile, la morte, il sangue e i pazzi lo avevano sempre spaventato relativamente poco, eppure...
Per questo caso specifico avrebbe avuto bisogno di supporto mentale.
E il problema di Akami, tra i tanti, era sempre stato l'avere molti conoscenti, ma pochi amici.
Due nello specifico.
Due tizi a cui, gli era particolarmente chiaro, fosse una pessima idea chiedere supporto mentale.
Camminò a grandi falcate fino alla fermata del tram più vicino, e prese a tormentarsi e le cuticole con le unghie e con i denti mentre aspettava il tram, mentre stava sul tram, mentre scendeva dal tram, perfettamente consapevole di sembrare un marmocchio ansioso.

Camminò a grandi falcate fino alla fermata del tram più vicino, e prese a tormentarsi e le cuticole con le unghie e con i denti mentre aspettava il tram, mentre stava sul tram, mentre scendeva dal tram, perfettamente consapevole di sembrare un mar...

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

Smise perché gli servivano le mani per bussare alla porta.
Corresse il portamento, sistemó la cravatta e si passò una mano tra i capelli.
Una testa sbucò dalla finestra della casa clericale.
Sfoggiò il più persuasivo dei sorrisi: "Giovanna, Luce mia! Mi fai entrare, cuor di panna? Devo conferire con il padre."
La donna, dalla chioma scura e sulla trentina, si lasciò sfuggire una risatina.
"Quindi non sei venuto per me?"
Akami si passò di nuovo la mano tra i capelli e si leccó rapido le labbra, appoggiandosi con la spalla al muro da cui spuntava la testa.
"Tesoro mio, la nostra distanza mi scarna." Sottolineó il suo punto carezzandola sotto il mento "Ma devo proprio conferire con il padre adesso."
Riportò la mano al petto con piglio sinceramente dispiaciuto "È questione di massima urgenza."
Giovanna mise un piccolo broncio, inclinando la testa di lato. "In tal caso mi dispiace davvero, ma proprio non posso farti entrare, Don Domenico ha detto che non vuole essere disturbato da nessuno."
"E andiamo, stellina, è importante; e poi sono io! Il padre non se la prenderà a male vedrai."
La testa scosse la chioma scura "Oh no, è stato proprio chiarissimo, non posso farti entrare."
Akami le si avvicinò ancora di più, facendo viaggiare lo sguardo tra gli occhi e le labbra della donna, appoggiando la testa al braccio sul muro "Sicura sicura?"
Giovanna divenne rossa come un peperone. "Beh, ecco, non so proprio come sia successo, ma a quanto pare il cancello sul retro è rimasto aperto. Sarà che dovevano scaricare la farina. Proprio non lo so."
"Grazie, Luce mia. Sempre straordinaria."
Akami fiorò velocemente le labbra della donna con le sue, si staccò rapido dal muro, e la salutò con la mano mentre faceva il giro del palazzo.
Il cancello era chiuso.
Non era mai stato un problema, scavalcarlo era il suo passatempo preferito.
Al contrario non gli era mai piaciuto scavalcare le persone.
Non quelle che non era necessario scavalcare, comunque.
Passò il cancello, prese la rincorsa e aiutandosi con il piede sul muro si aggrappò al balcone del primo piano.
Scavalcò il parapetto, entrò dalla porta finestra perennemente aperta.
E grazie al cazzo che poi l'appartamento era freddo.
Tra poco era ora di vespri.
Mimí li posticipava perché spesso alle diciassette stava facendo pennichella, o leggendo. Praticamente faceva i vespri di settembre a novembre.
Il balcone affacciava sulla cucina, fece per sedersi al tavolo e aspettare, quando adocchiò una cena.
Orecchiette con i cavolfiori.
Si rese conto di non aver pranzato, e, dopo aver scientificamente concluso che le pellicine non fossero una merenda sufficiente per un giovine della sua età, si accertò che nessuno potesse adocchiare quella cena mai più.
Poi si sedette e attese.
Non serví attendere a lungo.
Si sentì uno sbadiglio.
Un'imprecazione nei confronti dell'umanità.
Uno stiracchío.
Uno spatofolare verso la cucina.
Un uomo alto, dai capelli scuri, le sopracciglia ben delineate, bei lineamenti, bell'aspetto e un cipiglio niente male entrò in cucina.
Si girò, e fece un balzo indietro di un metro, come un gatto che nota un cetriolo.
"MA PORCA MERDA, AKAMI! MA SEI COMPLETAMENTE IMPAZZITO?!"
L'interpellato fece del suo meglio per nascondere il proprio divertimento fissando un punto indefinito sul petto dell'amico.
"MA PUOI CONTINUARE AD IMBOCCARTI IN CASA MIA A TUTTE ED ORE DEL GIORNO." E poi aggiunse borbottando "Maria, madre del signore, mia testimone se uno di questi giorni non ti tiro una padella."
Si fermò a guardarlo qualche istante, e all'assenza di una reazione incroció le braccia al petto. "Beh? Ci sarà un motivo se sei qui"
Akami sollevò lo sguardo sull'amico con aria ironica, e esibendo un sorriso ebete "Mi mancavi."
"Ci siamo visti ieri."
"Mh, si."
"..."
"A proposito ti ho mangiato la cena mentre aspettavo ti svegliassi."
"OH, PER TUTTI I SANTI"
"Era buona"
Il prete gli rivolse uno sguardo sconfitto "Si, lo so che era buona."
"La bibbia dice di dar da mangiare agli affamati."
"Oh, ma vai...in pace."
"Mimí posso chiederti un parere?"
"Kami posso chiederti LA CENA?"
Il ragazzo gli rivolse un sorriso furbo, e inclinò la testa "Sicuro che la rivuoi?"
Il prete lo guardó esasperato.
"D'accordo facciamo così, dopo che mi avrai ascoltato, mentre sei a messa, vado a prenderti una torta."
Domenico soppesò la proposta, sembrò convenire fosse valida, si girò a prendere una bottiglia di vino e due bicchieri, e si sedette.
"Confessa i tuoi peccati figliolo avanti."
Fu Akami a guardarlo male stavolta.
Mimí gli sorrise "Vino?"
"Non ho sete grazie."
"Nessuno nella storia dell'umanità ha mai bevuto vino per sete."
"Gesù Cristo in croce?"
"Era aceto."
"Appunto, non è che la roba che bevi tu sia meglio."
Mimí si corrucciò: "La cena ti è piaciuta, però."
"Molto, grazie mille."
"... SENTI UN PO'-"
Akami fece un sorriso tirato "MA TORNANDO A NOI."
"Tornando a noi cosa?"
Il ragazzo spostò lo sguardo sul tavolo facendosi definitivamente serio.
"Gesù in croce, Kami, si può sapere che c'è? Sei più strano del solito oggi."
"Mi hanno dato un caso strano."
Domenico si versó un bicchiere di vino.
"Non mi dire"
"Una ragazza, la figlia di Norberto Bobbio presente? Il senatore."
"No, ma vai pure avanti."
"Ecco lei, si è suicidata. Nulla di strano dirai tu, ma il padre sostiene che proprio non fosse il tipo, e non sembra un uomo stupido o disattento. Per aggiungere stranezza allo strano, il cadavere della ragazza aveva un'espressione a dir poco inquietante: stava sorridendo. Ma non un sorriso normale, stava proprio sorridendo a 32 denti, un ghigno di troppa gioia per essere naturale; per essere normale"
Domenico era rimasto con il bicchiere a mezz'aria.
"E c'è di più, non è l'unico caso. Sono stato informato di altre 3 persone che sono morte con un volto similmente deformato. Come bloccato in un sorriso doloroso. No, un ghigno. Non c'è altro modo di dirlo."
Domenico si sentì un brivido lungo la schiena. "Cristo."
"È quello che ho pensato anche io. Non penso di volermela sbrogliare da solo."
"No, chiaro. Ma non contare su di me."
"Cosa? Perché?"
"Kami, lo sai che se hai bisogno mi trovi qui, ma ne abbiamo già parlato, non voglio venir coinvolto nei tuoi casi. A me tutte queste cose che tratti tu fanno senso. E per di più odio la gente."
"Ma sei prete! Tu vivi tra la gente."
"Ma perché loro hanno bisogno di rassicurazione da me, non perché ho bisogno di informazioni da loro."
Akami guardò l'amico "Chiaro. E secondo te a chi dovrei chiedere?"
Domenico buttò giù il vino restante "Ma io che ne so! Conoscerai qualcuno di sciamannato come te" poi storse il naso "Avevi ragione: è aceto."
Il padre si alzò per prepararsi.
Akami passò a rassegna gli sciamannati con un po' di cervello che conosceva.
In effetti conosceva un paio di pazzi come lui. Intratteneva con loro rapporti epistolari occasionali.
Uno di loro era complottista, per lui era come pucciare il pane. L'altro, giornalista. Praticamente uguale.
Forse anche la dottoressa...?
No, no quella era troppo presa da sé e dal sacro lavoro per acconsentire.
Si trascinava una scia di seriosità e rettezza.
Ma se lo poteva permettere.
Fin dalla prima volta in cui l'aveva vista anni fa l'aveva trovata di una bellezza struggente, particolare.
Corpo minuto, elegante e aggraziato, i capelli d'un biondo chiaro, come quelli di una madonna rinascimentale, sguardo da strega, che guarda, che giudica. Mano precisa, veloce. E le labbra piccole, dipinte.
Perché stava pensando a lei?
Ah- giusto, gli sciamannati.
Si alzò dal tavolo, entrò nella stanza povero prete, il quale si stava facendo la barba con lo stomaco che gracchiava, rubò due pezzi di carta da lettere e la ceralacca, scrivendo velocemente quanto necessario; beccandosi altre ansiose occhiate dal padre perché stava perdendo tempo con la dannata ceralacca.
"Ma porti timbro e penna ovunque?"
"Tu no?"
"Io sono normale."
"Pffffff"
"D'accordo, punto a te, io sono più normale."
Uscirono 10 minuti in ritardo a passo svelto, Akami sorridendo a Giovanna, il prete mandandola in pace.
La pasticceria era a sinistra, la chiesa a destra.
"A dopo, padre."
"Che la pace sia con te."
"E con il tuo amaro!"
"Ti prego no."
Si divisero, e prima di passare a prendere la torta Akami si fermò a ricopiare gli indirizzi dal suo taccuino.
"Speriamo bene."

"

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
cthulhu ama i gianduiotti, Megan e AkamiWhere stories live. Discover now