08. Soltanto per cinque secondi

Depuis le début
                                    

«Ah, davvero? Da piccolo piangevi per ogni cosa. Me lo ricordo bene.»

«Anche io» alle sue parole, mi giro per guardarlo in faccia. «Quella volta al cinema, te la ricordi?»

Rimescolo i ricordi, ma vedo soltanto immagini confuse, quindi scuoto la testa.

«Ero andato a vedere il mio primo film horror, c’eri anche tu. Eri con tua madre e Azriel.»

«L’ho rimosso dalla mente.»

«Mi avevi dato una gomma da masticare, Hubba Bubba alla fragola e panna, per farmi smettere di piangere.»

Mi acciglio. «Sono passati anni da allora, no? Come fai a ricordartelo così bene?»

«Ho conservato la carta in cui era avvolta la gomma e il biglietto del cinema. Non volevo dimenticare», confessa. Un’ondata di stupore mi si riversa addosso. Anche lui conserva alcuni oggetti per tenere vivi i ricordi?

«Dimenticare cosa? Che te l’eri quasi fatta addosso dalla paura?»

«Te», risponde prontamente, senza alcun accenno di disagio. «Quando non eri ancora diventata una stronza insensibile fuori controllo», replica e alzo gli occhi al cielo. «E per non dimenticare le tue parole. Ero seduto sulle scale, impaurito, tu eri davanti a me con un enorme lecca-lecca arcobaleno a forma di girella in una mano. Indossavi un basco cremisi e uno strano vestitino bordeaux di velluto.»

«Quali parole?», gli chiedo, ma non sono certa che lui stia dicendo la verità. Potrebbe riempirmi la testa di stronzate in questo momento. Non mi fido di lui, eppure la descrizione sembra troppo accurata. Non è abbastanza furbo da inventare una bugia così su due piedi.

«In un mondo così grande i mostri diventano più piccoli se li guardi da lontano», recita e per poco non mi blocco. Adesso ricordo. È la frase che mi ripetevo ogni volta che avevo paura. Molto spesso vivevo circondata da paure irrazionali. Azriel mi ha insegnato a non essere una fifona.

Ho condiviso la mia frase con lui? Provo odio verso la me bambina.

«È per questo che corri? Per allontanarti da-»

«Ci vediamo davanti al Road flowers», gli dico e corro ancora più veloce, cercando di superarlo.

Lui non intende demordere e velocizza il passo, raggiungendomi di nuovo.

Bastardo competitivo!

Arresto di colpo la mia corsa e lo guardo mentre procede come un fulmine, preciso e instancabile. Retrocedo e cambio percorso. Attraverso la strada sorridendo sotto i baffi e inizio a correre tra i vicoli. Conosco una scorciatoia. So come batterlo. Arriverò lì prima di lui.

Sto per girare l’angolo, ma qualcuno mi afferra per il gomito e mi spinge con violenza contro il muro di mattoni alle mie spalle. Un dolore acuto si diffonde lungo la mia schiena e sento la mia pelle bruciare.

 Per un secondo il mondo intorno a me sembra una macchia sfocata, ma quando la mia vista si stabilizza, metto a fuoco l’uomo davanti e spalanco gli occhi. Ha una mano posata sul mio petto, mi sta tenendo ferma. Alle sue spalle un altro uomo rasato e con una lunga cicatrice sulla guancia sinistra sghignazza.

«Sei tu il piccolo corvo», esordisce l’uomo che mi tiene ferma. «Sei la figlia di Charles Parker.»

Mio padre.

«Sei sua, ma a breve sarai nostra», sorride mostrandomi il suo disgustoso dente dorato.

«Abbiamo prestato dei soldi a tuo padre. Aveva davvero un gran bisogno, lo sai? Ma certo che sì. Ormai mezza città sa che tua madre lo ha rovinato e adesso è nei guai, dolcezza», mi fa sapere il tizio rasato. Divarica i piedi assumendo una posizione minacciosa e incrocia le braccia al petto.

Wicked Game Où les histoires vivent. Découvrez maintenant