Capitolo 21

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Il mondo ride sempre di quelle
cose che, se non ridesse,
sarebbe costretto ad ammirare;
e biasima sempre, come
la volpe, quelle che invidia.
Leopardi

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Il Natale era sempre stata una festività particolare per me.

Quando ero piccola e abitavo ancora nelle campagne texane, ricordavo come fossi solita svegliarmi la mattina presto e andare a svegliare mamma e papà per aprire insieme i regali.

Ogni volta insistevo affinché gli aprissimo prima di fare colazione, ma mia madre era contraria. Quindi, alla fine, ci ritrovavamo sempre a scartarli dopo l'infinito pranzo natalizio a base di brisket con tutti i parenti.

Eravamo felici.

Poi, ad un tratto, tutto era cambiato e, senza rendermene conto, avevo festeggiato il mio ultimo Natale.

Dopo la morte di George, avevo insistito affinché non festeggiassimo più nessuna festività. Tutta quell'allegria e quel concetto di passare insieme ai tuoi cari le ricorrenze mi creava un nodo allo stomaco.

Al college non era cambiato niente.

Tutti quanti partivano la sera del ventitré verso casa. Io, invece, passavo quelle vacanze a portarmi avanti con lo studio e a organizzare la mia vita.

Inutile dire che anche all'accademia la mia nuova tradizione era rimasta sempre la stessa.

In quel momento, invece, non avevo la più pallida idea di come io fossi finita a sfornare dei biscotti prima che si svegliassero tutti quanti.

Okay, forse un'idea la avevo.

Potevamo tranquillamente affermare che non ero riuscita a prendere sonno.

Avevo scelto quella meta per il nostro viaggio improvvisato perché sapevo che non ci sarebbe stato alcun pericolo.

I tornado, se proprio dovevano esserci, avrebbero dovuto attraversare lo Stato del Texas da maggio a luglio, non a dicembre!

Sospirai pesantemente passandomi una mano sul volto.

Non finivo in quello stato sin da quando ero piccola. Non volevo che mia madre mi vedesse così, ma ero grata a Weston per avermi aiutato. Il suo tocco era stato sicuramente utile, anche ci voleva ben altro per salvarmi da quella paura.

Weston.

A pensarci mi sentivo un'adolescente.

Ci eravamo baciati due volte e, anche se aveva detto che gli piacevo, non ero sicura fosse così. Non sapevo se gli piacessi davvero o provava solamente pena per me.

Presi una spatola e tolsi i biscotti con le gocce di cioccolato che avevo fatto per poi adagiarli in un piatto.

«Posso dire che svegliarsi con l'odore dei biscotti appena sfornati è un altro tipo di felicità?» domandò una voce dietro di me che però non mi fece sobbalzare.

Ero un'agente addestrata della DEA. L'avevo sentito aprire la porta e scendere le scale due minuti fa.

«Buon Natale, Wes!» esclamai sorridendo e voltandomi verso di lui.

I capelli erano più scompigliati del solito a causa del cuscino e il suo pigiama consisteva in dei pantaloni rossi a righe nere e una felpa nera.

Come faceva ad essere così attraente di prima mattina?

A differenza sua, i miei capelli ricci erano legati in una crocchia disordinata e le mie occhiaie erano più scure del cielo fuori dalla finestra.

«Buon Natale, ricciolina!» affermò facendo un sorriso di scherno avvicinandosi pericolosamente a me.

UndercoverWhere stories live. Discover now