Capitolo 2

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No, questo è il bagno delle ragazze.

Solo dopo un paio di secondi mi resi conto che non avevo parlato a voce alta.

Arrossii e feci un passo indietro - sbattei contro il lavandino, ma il dolore era nulla in confronto all'imbarazzo.

«Ma la ragazza è uscita da qui.» mi ritrovai a giustificarmi.

Il ragazzo lanciò appena un'occhiata alla porta prima di ripuntare quegli assurdi occhi rossi su di me - erano lenti a contatto, ovviamente.

Lo erano, vero?

«Sì, era con me.» si limitò a rispondere.

Non sapevo come replicare e tacqui, mentre con le mani mi aggrappavo al lavandino sentendo delle gocce d'acqua inumidirmi la pelle.

Mi persi a fissarlo e notai solo in quel momento la camicia bianca sporca di ditate di sangue. Aveva i primi bottoni slacciati e una collana argentata che si perdeva oltre il tessuto, una giacca nera poggiata sulle spalle e le maniche puntellate di rosso arrotolate. Si notava appena un tatuaggio, ma anch'esso come la collana si perdeva dentro la camicia, lasciata fuori dai pantaloni neri.

Il suo viso, invece, sembrava uscito da un libro. O da una copertina di moda.

Aveva i tratti cesellati, la pelle chiara che veniva risaltata dagli occhi rossi e dai folti capelli neri, mossi e abbastanza lunghi da sfiorargli il colletto della camicia.

«Hai intenzione di stare qui ancora per molto?»

Sobbalzai nuovamente e mi accorsi di essere tesa come una corda di violino. Aprii la bocca per rispondere ma non ero sicura di cosa volessi dire, perciò la richiusi.

Lui continuava a fissarmi senza alcuna espressione in volto e - non ho la minima idea del perché ­- mi venne di nuovo da piangere.

«Io...» mugugnai, prima di abbassare la sguardo e vedere nuovamente il vestito disastrato, cosa che mi fece piangere ancora di più.

In quell'istante avevo la vista appannata dalle lacrime e non vidi l'espressione che fece, ma in mezzo ai singhiozzi trattenuti udii un sospiro - seccato? Esasperato? Non riuscii a capirlo.

«Senti, non ho la minima idea di cosa ti sia successo e, detto in tutta onestà, non mi interessa nemmeno. Quindi, ecco, potresti andare a piangere da un'altra parte?»

Anche senza tutte quelle lacrime che mi chiudevano la gola, non avrei saputo che rispondergli. Perciò mi limitai ad alzare la testa, ad afferrare un fazzoletto dal dispenser di fianco e fissarlo mentre uno strano sentimento - un misto di rabbia, imbarazzo, tristezza e qualcos'altro di indefinibile - mi permetteva di riscuotermi.

«Tu...» iniziai, ma un singhiozzo mi interruppe brutalmente, ciononostante deglutii e mi sforzai di continuare «Tu sei proprio uno stronzo!»

Onestamente? Non ero mai stata una da insultare sconosciuti. Anzi, a dire il vero ero una di quelle che non riusciva nemmeno a replicare quando veniva trattata male da un commesso, uno sconosciuto in strada o qualsiasi altra persona. Ero quella che si immobilizzava, che si imbarazzava all'idea di cosa avrebbero potuto pensare gli altri se avessi risposto, che tratteneva le lacrime e che poi, una volta sola, tirava fuori le risposte perfette per le occasioni mancate.

Chimes at MidnightNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ