Capitolo 1

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Non ero mai stata una persona a cui dispiace aspettare.

È solo una questione di trovarsi qualcosa da fare nel frattempo, mi dicevo sempre, e me lo ripetevo anche in quel momento. Ma l'attesa stava diventando davvero insopportabile.

Forse perché il mio vestito da Carnevale era troppo leggero per le nove di sera di febbraio, forse perché durante la notte a Venezia c'è sempre stata davvero troppa umidità, forse perché ero ferma nello stesso punto da circa venti minuti e Veronica non si vedeva ancora da nessuna parte.

Sospirai e il vapore del mio respiro fluttuò sopra la mia testa, illuminato dallo schermo azzurrino del mio telefono che restava fisso su quella schermata di WhatsApp che segnava solo la doppia spunta grigia del mio ultimo messaggio. Ero consapevole che non sarebbe mai diventata azzurra, ma continuai a osservare lo schermo nella speranza di vedere il suo "sta scrivendo".

La musica proveniente dal palazzo veneziano sembrava frutto della mia immaginazione, eppure era lì, a pochi passi di distanza, e osservai la porta chiusa illuminata dalla lampada fissata all'arco che la sormontava. Fui tentata per un attimo di mordermi il labbro, ma il pensiero di rovinarmi anche di poco il make-up che avevo preparato per quella serata mi fece desistere.

Era da venti giorni che attendevo quel Giovedì Grasso. In attesa nel mio vestito lungo, chiaro e dal tessuto leggero e morbido, mi sembrava già di essere a pochi passi da una fiaba che mi aspettava all'interno di un favoloso palazzo veneziano appartenente a chissà quale Ca' famosa di cui mi sfuggiva il nome in quel momento.

Ogni fiaba che si rispetti inizia con una festa, no? Fremevo così tanto per avere una storia tutta mia, per essere la protagonista di una storia, anche se ero consapevole che mi si confaceva più il ruolo di 'migliore amica di'. Non che ci fosse qualcosa di male, e comunque io ero più che felice di essere amica di Veronica, ma il suo essere protagonista così facilmente, senza apparente sforzo, mi faceva chiedere se sbagliassi qualcosa nel mio modo di comportarmi.

Scossi la testa. Ecco, questo era la cosa peggiore da pensare, e lo sapevo bene – la mia psicologa me l'aveva ripetuto un sacco di volte che non dovevo paragonarmi agli altri. Ma era difficile applicarlo quando ci si sentiva così 'non abbastanza', anche se quel 'non abbastanza' non trovava risposta quando gli si chiedeva 'rispetto a cosa?'.

Mi sembrò passata un'eternità e fu quando avevo perso quasi del tutto la speranza che dei passi mi distrassero, facendomi girare alla mia destra, lungo la calle immersa nella penombra, e dal ponte di metallo che collegava le due sponde del canale vidi un'alta figura avvolta da un cappotto e un cappuccio. Le mie mani sudarono quando per un attimo ebbi l'ansia che fosse qualche sconosciuto – cosa perfettamente probabile, dato che già alcune persone erano passate per di là da quando ero arrivata, per poi entrare alla festa, ma dopo pochi passi riconobbi subito Veronica e la tenaglia d'ansia che mi aveva avvolto in quell'ultima mezzora scomparve all'improvviso.

Chimes at MidnightWhere stories live. Discover now