6

4 1 1
                                    

Questa è stata la mia prima prova.

Quei cani mi avevano messo paura, ma mi ipnotizzarono così tanto da indurmi a seguirli in un altro bosco.

Ce ne sono molti di boschi nei dintorni. Quelli intorno al paese li conoscevo, ma non li ricordavo, così come non ricordavo più quale fosse la mia casa.

Avevo paura di entrare in un altro incubo, fatto di ombre e sussurri.

Non so se ce l'avrei fatta in quel caso.

Ma l'essermi dimenticato di chi ero, mi salvò.

Perché non ricordai nessuna delle persone che mi trovai di fronte.

Il bosco delle illusioni

Si avventurò di nuovo negli alberi. La paura di incontrare nuove ombre l'aveva quasi rinsavito, ma sentiva che era quasi vicino alla fine del suo viaggio. Non poteva cedere adesso.

Inseguì quei cani che comparivano e sparivano sempre più lontani, immaginandosi quasi che lo stessero guidando verso la sua meta. Era davvero così? O lo stavano portando al centro della ragnatela come solevano fare i ragni?

Si sentì chiamare. Nel girarsi vide sua madre, ringiovanita, che lo guardava torva. "È colpa tua" asserì, senza muovere le labbra e indicandolo con un dito. "Saresti dovuto sparire tu."

Fu come una coltellata al centro del petto. «Madre...» si lasciò sfuggire, avanzando verso di lei. Non riuscì a capire perché avesse espresso quelle parole così pungenti. Non l'aveva mai incolpato di quanto accaduto. Si era presa cura di lui. L'aveva amato.

"Sarebbe cresciuto meglio di te." Nello sguardo di suo padre, alle sue spalle, non lesse altro che astio nei suoi confronti.

Calde lacrime scesero sul volto che si era fatto di ghiaccio, come l'intero corpo. Immobilizzato dal dolore nel sentirsi dire quelle cose, non riuscì neanche a respirare.

Sua madre si avvicinò, con ancora il dito puntato. "La tua distrazione gli è costata la vita."

"Sarebbe diventato un bel ragazzo."

"L'hai fatto rapire."

"Mi avrebbe dato una mano nei boschi."

"Era meglio di te."

"Era più forte di te."

"Saresti dovuto sparire tu."

Saresti dovuto sparire tu. Era meglio di te. Mi avrebbe aiutato. Saresti dovuto sparire tu. Migliore di te. Sarebbe stato più forte. Mi avrebbe aiutato. Sparire. Tu. Sparire. Sparire. Sparire.

Quelle frasi riecheggiarono nella sua mente, stordendolo. Si portò le mani alle orecchie nella speranza di attutire quelle frasi. Come proiettili, lo perforarono fin dentro la sua anima.

Con il petto tremante, non riuscì a marginare il fiume di lacrime che sgorgò dai suoi occhi spalancati.

Sei inferiore. Non vali nulla. Saresti dovuto sparire tu. Meritavi cose peggiori. Non vali nulla. Saresti dovuto sparire tu. Era meglio di te. Sparire. Sparire.

Prese una grande boccata d'aria, guardando le figure dei genitori che cominciarono a ronzargli intorno. Come le figure del prassinoscopio che sua nonna gli aveva regalato da piccolo, girarono sempre più veloci, finendo con il confondergli i pensieri.

Scosse la testa, provando a scacciare quelle immagini. Aveva desiderato per tutta la vita di rivederli felici e spensierati come un tempo, e in quel momento lo trattarono al pari della spazzatura.

I suoi genitori si fermarono all'improvviso. Quando alzò lo sguardo, si accorse che avevano lasciato spazio a un'altra figura. Era una donna, composta e di bell'aspetto. Al posto del solito sguardo amorevole, ne aveva uno d'odio puro e, nel constatarlo, ebbe un tuffo al cuore.

Sua moglie portò in avanti due marmocchi che avevano sul viso i suoi stessi occhi azzurri.

Quelli di Nevio.

"Come posso fidarmi di te? Farai sparire anche i nostri figli?" Al termine di quelle parole, i due bambini svanirono come polvere al vento.

Non vali nulla. Farai sparire anche loro. Avresti dovuto farlo tu. Sei inferiore. Non riesci a prenderti cura di nessuno. Era meglio di te. Mi avrebbe aiutato. Saresti dovuto sparire tu.

Scattò. Non voleva vedere più quelle immagini.

Non era reale. Non poteva esserlo. Non erano davvero lì.

I suoi genitori erano morti. La sua famiglia era in un altro stato.

Era da solo.

E il bosco si stava prendendo gioco di lui, non aveva altre spiegazioni.

Continuò a correre sempre più veloce, scappando da quelle illusioni e le loro parole di veleno. Lo avrebbero infettato.

Continuò a correre al ritmo della palpitazioni. Le orecchie ovattate. L'odore della morte che lo inseguì, pungente. Gli arti che cominciarono a dolergli. Il cuore che sarebbe esploso da un momento all'altro. I polmoni che cercarono l'aria che iniziava a mancare.

Poi si fermò di botto nel trovarsi davanti una figura minuta.

Capelli biondi. Occhi azzurri. Viso pallido.

«Sapevo che saresti venuto a salvarmi.» Quella vocina. La stessa che come ultima cosa gli aveva chiesto di giocare con lui.

Nevio era davanti a lui, identico a come l'aveva lasciato nella radura. Non aveva spavento sul viso, i suoi occhi non erano segnati dal pianto. Sorrise, e i suoi occhi risplendettero.

La sua immagine sfumò in un nanosecondo, scacciata via da una mano guantata sbucata all'improvviso. Gli afferrò una spalla, con forza.

Poi una maschera presagì l'arrivo di un volto celato, incorniciato da boccoli d'oro. 

CaleidoscopioWhere stories live. Discover now