Incubus

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Il manicomio di Sant'Agata è una struttura eretta da poco tempo, una decina di anni al massimo. Non una crepa o un mattone sbeccato si possono vedere. Si innalza per diversi piani dal terreno e so per certa che per altrettanti si abbassa in esso.
Il locale è situato appena lontano dal traffico della città perché nessuno vorrebbe, che alle loro orecchie, giungessero le urla di poveri pazzi a turbare la loro quiete.
Il cortile davanti al grande portone di legno si estende per alcune centinaia di metri prima di fermarsi davanti ad un bosco.
Percorro il vialetto di ghiaia giungendo al portone.
Il legno finemente intagliato, così bello per un posto tanto triste.
Non ho bisogno di bussare perché le infermiere, informate del mio arrivo, lo hanno lasciato aperto.
Il corridoio davanti a me si presenta deserto.
Ai lati due scale portano verso gli altri piani curvandosi a formare quasi un cerchio.
Un silenzio inquietante rotto da un urlo straziante e dai battiti di un cuore impanicato.  Sussulto e stringo più forte la maniglia della mia valigia.
-Ehi, tu devi essere la signorina Marianna Devis-
Mi giro di scatto e una giovane donna vestita da infermiera mi sorride, al collo porta un lungo rosario di legno.
-Sono io, sono qui per il lavoro da infermiera. L'università dove ho studiato mi ha ritenuto idonea quindi eccomi qui-
In realtà mi chiedo come sia possibile che una appena laureata infermiera possa essere immersa in questo piccolo mondo di follia con così tanta facilità, ma ho bisogno di lavorare e questo è pur sempre un inizio.
-Immagino, bene seguimi ti porto dalla direttrice-
Saliamo le scale fino al secondo piano. Giriamo a destra e l'ufficio è proprio lì, dietro ad una porta di legno e vetro. La ragazza bussa e quando una voce femminile ci invita ad entrare noi lo facciamo.
-Tu devi essere la nuova infermiera-
La donna, indubbiamente una suora visti i suoi abiti, mi sorride. Troppi sorrisi inadatti e fuori luogo, tuttavia ricambio e annuisco.
-La signorina Rose ti farà avere la divisa e l'orario delle attività e delle tue mansioni-
Detto questo ci fa cenno di uscire. La sua compostezza tradisce un certo nervosismo, forse dal fatto di gettare una nuova recluta nel suo mondo.
Saliamo fino al terzo piano dove mi lascia in una stanza arredata di appena il necessario mentre lei va a prendere gli orari.
Appoggio la valigia sul letto non troppo grande.
Rose torna per darmi dei fogli e poi si dilegua dicendomi che ha le sue mansioni da svolgere.
Appoggio ciò che mi ha dato sulla scrivania vicino alla finestra e vado verso l'armadio difronte al letto. Lo apro e dentro trovo diverse divise e un rosario a terra, come quello di Rose. Sono sempre stata credente, ma non ho mai praticato la mia fede a dovere, che questa sia la mia punizione?
Mi vesto in fretta e raccolgo i capelli scuri in una crocchia alta.
Prendo in mano gli orari del manicomio, che da oggi saranno anche i miei, per studiarli.

***

Alle 8 i pazienti si alzano, ma noi dobbiamo essere in piedi già dalle 7. Dobbiamo raggiungerli al primo piano sotto terra e portarli nella sala comune al primo piano, dove passano la maggior parte del tempo. Devono prendere sempre delle medicine quando sono lì. Alcuni vengono portati nelle cucine, a turno, per aiutare. Si mangia tutti insieme, ma c'è un tavolo per le infermiere e uno per i pazienti.
Per la cena uguale.
Le giornate sono tutte uguali, ma per noi c'è sempre un gran da fare.
Le camere dei pazienti vanno pulite e sono veramente tante. Saranno ospitati una cinquantina di pazienti ma noi infermiere saremo una decina, troppe poche. Poi ci sono le cuoche e i medici, ma loro non ci aiutano nella manutenzione di questo posto. Ci sono anche alcune guardie che ci aiutano a mantenere l'ordine e si preoccupano della nostra sicurezza, non sia mai che un paziente ci ferisca dando di matto.
In una settimana sono già entrata nelle abitudini di questo luogo. I medici li ho incrociati e basta, non ci ho mai parlato, non so cosa facciano. So che per alcuni pazienti disubbidienti è previsto l'elettroshock, dev'essere orribile, ma se può servire va fatto.
Sono le 8 e perciò siamo tutte con le nostre divise bianche e i nostri crocifissi in attesa che le porte delle stanze dei pazienti, più simili a celle, vengano aperte.
Io devo pulire la camera 12 oggi.
Entro.
Sul letto un ragazzo se ne sta a gambe incrociate e mi guarda.
È un bel ragazzo, avrà si è no 27 anni, non sembra pazzo, ma loro non lo sembrano quasi mai. Eppure non è mal conciato come gli altri. I capelli sono corti ma la sua pelle non è lurida,  strano, perché quello che ho scoperto da quando sono qui è che loro non tengono alla propria igiene,  e nemmeno noi.
-Devi andare in sala comune con gli altri, sai?- dico sorridente appoggiando il secchio con l'acqua e una spugna a terra.
Silenzio.
-Coraggio, o passeremo entrambi dei guai-
gli sorrido andando verso di lui e prendendogli una mano tra le mie. Cerco di farlo alzare tirandolo piano, ma lui mi guarda e un ghigno appare sul suo volto. Il mio si incupisce subito.
-Che c'è?- chiedo. Questa situazione non mi piace.
-Un'anima pazza che incontra un demone e ci fa l'amore con lo sguardo-
E ora so che è davvero pazzo.
-Stai delirando vedi? Devi prendere le tue medicine, andiamo insieme in sala comune ti va?-
-Io non sto delirando. Io descrivo ciò che vedo-
-Vedo l'anima pazza, ma non il demone. Oh, ti stai riferendo a me? Le infermiere non sono cattive, vogliamo il vostro bene- mento, so che per la maggior parte non è così. Per nessuno è così.
Per noi, loro, non sono neanche più esseri umani.
Lui scuote la testa e mi guarda. Ho lasciato la sua mano, so che così non lo convinco.
-Io l'anima pazza la vedo difronte a me-
Sorrido comprensiva, i pazzi vanno assecondati. Ed in realtà forse ha ragione, noi infermiere che viviamo nel loro mondo per tanto tempo probabilmente finiamo per impazzire. Una pazzia calma ed invisibile che ci divora da dentro e nessuno se ne accorge.
-Quindi tu saresti un demone-
-Sì-
Gli sorrido e gli indico la porta.
-Demone o non demone devi andare in sala comune e prendere le medicine- prendo il secchio e lo porto in fondo alla stanza dandogli le spalle. Quando mi giro lui non c'è più.
'Menomale è andato' penso 'se no saremmo finiti nei casini'. Pulisco un po' la stanza e rifaccio il letto, so bene che le mie colleghe non prendono sul serio la pulizia delle camere (e dei pazienti), basta guardarle per capire. Io, però, non voglio essere come loro, ho studiato per essere una buona infermiera ed è ciò che voglio essere.

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