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Marta salì sullo scaletto per raggiungere i calici da vino, quelli del servizio buono. Poco distante da lei, Mika mordicchiava il suo osso di gomma preferito.

Marta prese il calice da vino rosso e si fermò a guardarlo, pensierosa: era coperto da un filo di polvere e non riusciva a ricordare quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che l'aveva usato.

Mika si passava l'osso da una zampa all'altra rotolandosi per terra, quando sbatté contro lo scaletto che traballò. Marta si aggrappò allo scaffale per la seconda volta nella stessa giornata.

«Mikaaaa! Vai a cuccia!»

Una volta stabile, prese i bicchieri necessari e scese di fretta.

«Le vertigini mi bastano e avanzano senza che ti ci metta anche tu, piccola peste.»

Mika si avvicinò a lei a testa bassa e si guadagnò una bella strofinata al muso.

Con la tavola apparecchiata, il vino rosso nel decanter e le pietanze in forno, quello che mancava era solo un bell'abito.

Marta si soffermò davanti all'armadio aperto. Lui avrebbe messo giacca e cravatta o sarebbe stato più casual? Era così imprevedibile che si sarebbe potuto presentare in pigiama.

Marta sfiorò il vestito rosso, sorridendo ai ricordi che sembravano ormai appartenere a un'altra vita; emozioni contrastanti si accalcavano dentro di lei quando vedeva quel tessuto: le scaldava il cuore, ma al tempo stesso veniva sopraffatta dalla vergogna. E proprio per quella vergogna ogni volta passava oltre e quello che una volta era il suo abito preferito continuava così a penzolare dimenticato nell'armadio. Quando spostò il vestito blu sorrise, pensando che lo avrebbe riservato alle occasioni importanti. L'armadio non aveva altri abiti da offrirle: freddolosa com'era, in inverno tendeva a rintanarsi dentro morbidi maglioni di lana. Scelse quindi pantaloni neri attillati e una maglia rosso scuro con il collo largo per lasciare scoperte le spalle, si infilò nelle scarpe nere col tacco pensando a quanto fosse strano metterle per restare a casa propria.

Era ancora davanti allo specchio a sistemare il trucco quando suonò il campanello.

Mika abbaiò correndo all'ingresso e si sedette davanti alla porta con la coda che sbatacchiava a destra e sinistra sul pavimento. Il ticchettio dei tacchi precedette l'arrivo trafelato di Marta che accese le candele sul tavolo apparecchiato e spense la luce prima di aprire.

Alex fu accolto da due leccate bavose.

Era elegante, ma con la camicia sbottonata. Marta pensò che così stava ancora meglio che in cravatta. Il completo grigio si abbinava perfettamente ai capelli brizzolati. Marta si morse un labbro, pensando a quanto fosse incredibile provare di nuovo quel tipo di felicità.

Alex si chiuse la porta alle spalle.

«Non hai pagato la bolletta?»

«Sei sempre il solito.»

«Certo, non mi hanno rapito gli alieni. Credo.»

Marta rise avvicinandosi a lui.

«Scemotto, mi sei mancato» gli sussurrò all'orecchio. Lo abbracciò e si avvicinò al volto di lui per assaporarne le labbra morbide. «Quanto mi piaci.»

Lui le sorrise accarezzandole i capelli.

«Anche tu mi piaci, e molto.»

Mika abbaiò attirando la loro attenzione.

«Sì, Mika. Ci piaci anche tu» disse Alex ridendo.

Marta, avvinghiata al suo uomo, fece un cenno a Mika con la testa.

Il vestito bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora