«No.», rispose con un filo di voce, prendendo un po' di salsiccia e portandola al suo piatto. Un piccolo pezzo cadde sulla tovaglia e i suoi occhi si mossero fugaci verso il padre, prima di raccoglierlo.

«Dovresti pensarci tesoro.», disse lei ridacchiando tra sé e sé su chissà quale battuta doveva esserle passata per la mente. Nessuno dei tre parlò più, fino a quando non si alzarono dal tavolo e ognuno di loro tornò alle proprie attività, rivolgendo agli altri un breve saluto circostanziale: il padre sedette sulla poltrona in salotto, per leggere il giornale in tranquillità, la madre uscì con entusiasmo per andare dalla parrucchiera e Clayton tornò a nascondersi nella sua camera.

Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, eppure, c'era un tarlo nelle orecchie che continuava a riportare la sua attenzione su Bamoral Castle. Sospirò e, capendo che se fosse rimasto ancora lì probabilmente sarebbe impazzito, si vestì in fretta per scendere ancora una volta le scale e allontanarsi il più possibile.

«Dove stai andando, Clayton?», la voce del padre lo fermò, con la mano già sulla maniglia. Doveva averlo sentito scendere le scale e, ora, stava aspettando una risposta senza distogliere lo sguardo dalle quotazioni in borsa.

«Da Newton.», mentì. Le spalle del padre fremettero e, con stizza, si rese conto che sarebbe dovuto passare da Newton per rendere veritiera quella notizia.

«Vedi di tornare presto, prima che tua madre dia di matto per non averti scelto la camicia giusta.», borbottò poi senza degnarlo di ulteriori attenzioni. Clayton non rispose, sapeva che aveva già smesso di ascoltarlo, e uscì di casa.

Percorse il vialetto fino al cancello in ferro e, mentre lo apriva, si ritrovò ad alzare lo sguardo incontrando la figura di Graham alla finestra, rigorosamente a torso nudo. Rimase a fissarlo qualche minuto, appoggiato al cancello, fino a quando il ragazzo non si accorse della sua presenza e gli rivolse un sorriso malizioso, poggiando le mani sulla cornice della finestra. Clayton rise, prima di rivolgergli un piccolo cenno del capo e allontanarsi, ben consapevole di avere il suo sguardo addosso.

Raggiunse la casa di Newton in mezz'ora di cammino, lasciando che i suoi occhi vagassero per le strade e per i giardini dove bambini, ormai in vacanza dalla scuola, giocavano a pallone. Scrutò dentro al vialetto di casa Sheppard e la macchina del padre sembrava non vedersi da alcuna parte, così, con il cuore più leggero premette il dito sul pulsante bianco per suonare il campanello.

Poco dopo, riuscì a entrare dentro l'enorme casa e sentì la signora Sheppard venirgli incontro, prima di vederla spuntare oltre l'angolo con un largo sorriso. Era una donna piuttosto prosperosa, con numerosi ricci scuri e occhi blu come il figlio, rivolgeva sempre un largo sorriso a chiunque varcasse la porta della sua casa, ma era tanto confortevole quando sorrideva quanto spaventosa quando si innervosiva.

«Oh, Clay! - esclamò, stretta nel suo tubino blu notte - Non ti aspettavamo. Newtonuccio dorme ancora, purtroppo, potresti svegliarlo tu?», lo informò con disappunto e, alle sue parole, ritornò nella mente di Clay la sgradevole immagine di Wynn che la imitava. Diede un'occhiata alle scale e poi annuì.

«Lo consideri fatto, signora Sheppard.», le rispose rivolgendole un sorriso educato, prima di incamminarsi verso la stanza del suo migliore amico.

Quando entrò le tende erano ancora tirate in modo che nemmeno il più sottile raggio di sole potesse passarci attraverso. Senza scomporsi e senza il minimo riguardo le afferrò con le dita tirandole di scatto quel tanto che bastava per illuminare la stanza e, di conseguenza, anche il corpo inerme di Newt che di fronte a quel terribile trauma si scosse con un grugnito.

«Clayton giuro che appena mi alzo ti uccido, ti strappo i capelli uno ad uno e te li faccio mangiare. E spero che ti vadano di traverso.», gli ringhiò contro, a seguire una serie di coloriti insulti, nel momento in cui aprì un occhio per capire cosa fosse successo alla sua tanto amata oscurità.

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