Come sono arrivata qui?

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*Aurora*
Era una giornata come tante, e come al solito ero nella mia stanza ad ascoltare la musica mentre leggevo un libro. I miei fratellini a fare baccano per casa, mio padre a lavoro e mia madre a badare alle pesti.
I miei fratellini era molto attivi, e come a tutti i bimbi della loro età, piaceva anche a loro giocare con le pistole giocattolo, e magari in estate caricate ad acqua, macchinine telecomandate, a fare le spie e tutti quei giochi a cui tutti hanno giocato almeno un volta. Il più grande dei due era Noah, aveva 8 anni mentre William ne aveva 6.
Mio padre faceva un lavoro dove veniva ben pagato e faceva orari di turno più che ragionevoli, così da potersi dedicare anche alla famiglia e alle sue passioni, ovvero il calcio, la cucina e il campeggio.
Mia madre era una donna che non stava mai ferma, amava stare a casa con i figli e giocare con loro, uscire il pomeriggio, ballare a ritmo di musica mentre puliva casa, e anche mentre faceva la cosa più banale come guardare la TV, aveva sempre qualcosa in mano con cui occupare il tempo in cui si rilassava.

<<Aurora! Vieni ad apparecchiare che tra un po' siamo pronti per pranzare!>> sentii mia madre chiamarmi dalla cucina. Chiusi il libro che stavo leggendo, mi alzai dal letto, misi le pantofole e andai in cucina, <<Che si mangia? Così metto le posate adatte>> chiesi alla mamma mentre mettevo la tovaglia sul tavolo. <<Mangiamo pasta con i frutti di mare. Ah, aggiungi un posto a tavola. Papà oggi finisce qualche ora prima di lavorare>> disse ballando a ritmo di musica che veniva fuori dalla radio messa sulla mensola sotto la TV.
Finito di sistemare la tavola il campanello della porta di ingresso suonò e corsi a vedere chi era dallo spioncino. Era come previsto mio padre. Aprii la porta e lo abbracciai forte aggrappandomi al suo collo come se avessi ancora 5 anni, anche se ne avevo 19. Il papi ricambiò l'abbraccio e mi baciò sulla punta del naso, <<Come al solito sei bellissima Rora>>, mi chiamava così ogni volta che era di buon umore e non aveva pensieri per la testa, quindi capii subito che stava bene e di conseguenza non glielo chiesi.
Seduti tutti a tavola cominciammo a chiacchierare del più e del meno consumando il pranzo delizioso che mamma aveva preparato per tutti noi. Finito il pranzo ritornai in camera e dopo altri 4 capitoli del libro che avevo in corso decisi di fare un riposino.
Mi svegliai di soprassalto a causa del rumore di un vetro infranto, mi alzai di corsa e corsi subito verso la fonte del rumore. Non potevo credere a quello che stavo vedendo.
Mio padre con un coltello infilzato fino al manico nell'addome, la mamma in lacrime che guardava scioccata la scena e i miei fratellini...non vedevo né Noah né William, ma come non vedevo loro non vedevo nemmeno l'aggressore di mio padre. Mi misi alla ricerca sfrenata dei miei fratellini per tutta casa e persino in giardino finché non li trovai abbracciati l'uno all'altro in un angolo della mia stanza. Corsi da loro e li abbracciai entrambi, <<State bene? Siete feriti? Vi ha toccati?>> riferendomi alla persona che pugnalò mio padre e terrorizzò mia madre. Nemmeno il tempo di sentire le loro vicine che sentii qualcuno prendermi di forza e portarmi via. Mi buttò sul pavimento facendomi sbattere la schiena e la testa talmente forte da farmi mancare il respiro e subito dopo perdere i sensi.
Mi risvegliai dolorante e con la vista offuscata. Ci misi del tempo per riprendermi del tutto e quando provai ad alzarmi mi girò la testa e sentii una fitta di dolore lancinante alla coscia sinistra, ma non me ne preoccupai più di tanto, il mio obbiettivo era trovare la mia famiglia. Distolsi lo sguardo dal punto di dolore e solo in quel momento notai le condizioni penose e tragiche in cui era messa casa mia. Mi bruciarono gli occhi a causa delle lacrime che provai a trattenere e iniziai a zoppicare stringendo i denti per tutta casa finché non trovai la mia famiglia.
Mio padre...era in una pozza di sangue pieno di ferite su tutto il corpo.
Mia madre...aveva tutti i pezzi del vetro rotto infilzati nel corpo
I miei fratellini...ancora abbracciati tra loro nella mia stanza, ma con il cranio fratturato.
Non sapevo che fare, ero in confusione e sotto shock, ero l'unica rimasta in vita. I sensi di colpa cominciarono a farmi tremare le gambe. Le lacrime scivolavano sul mio volto rigandomi le guance per poi scivolare anche sul collo senza che me ne accorgessi. E poi in una attimo scappai di casa.
La gente del paesino in cui vivevo non aveva sentito nulla?
Mi girai in torno alla ricerca di aiuto, ma era tutto deserto, allora mi feci qualche domanda e l'angoscia cominciò a prendere il sopravvento. Aprii la porta della prima casetta che trovai, e quello che trovai e che vidi fu lo stesso di casa mia, indietreggiai e lo feci ancora e ancora finché non urtai contro qualcosa. Mi voltai e vidi un uomo con una maschera completamente nera tranne che per un dettaglio, un sorriso inquietante era disegnato sopra. Continuai e guardalo paralizzata dalla paura e da dolore che provavo alla coscia.
<<Alla fine sei sopravvissuta>> disse l'uomo in un sussurro, la sua voce era roca e profonda.
L'uomo mascherato mi offrì una mano e io la guardai terrorizzata, non sapevo cosa avesse in mente perciò mi feci coraggio e cominciai a fare qualche passo indietro, nel mentre l'uomo abbassava sempre di più la mano finché non la lasciò cadere sul suo fianco, <<Credo che tu non possa andare più lontano di così, è troppo tempo che hai quella ferita aperta, potresti morire da un momento all'altro. E se permetti vorrei aiutarti>> disse senza fare trasparire nessuna emozione.
<<Prima uccidi la mia famiglia, mi accoltelli, mi scaraventi sul pavimento come se fossi un pupazzo e poi credi e io passa accettare la tua offerta di aiuto? Non so chi sei, perché hai fatto quel che hai fatto, e in più porti una maschera inquietante>> dissi cercando di non far tremare troppo la voce, <<Si ma al momento sono l'unico che può darti una mano e questo paesino e fin troppo sperduto per far si che qualcuno arrivi prima del decesso dall'ultima sopravvissuta, cioè tu. Non credi?>> , la precisazione dell'uomo al momento senza indentità mi fece riflettere e mi concessi al suo aiuto.

Ero seduta in un marciapiede ai confini del posto in cui vivevo e di fronte a me avevo la persona che fino a qualche ora fa aveva ucciso la mia famiglia. Come potevo accettare l'aiuto dell'assassino delle persone che amavo di più? Ero piena di domande, ma non avevo alcuna risposta e chiedere a lui sarebbe stato pericoloso così preferii stare in silenzio e a metabolizzare l'accaduto, cosa che facevo fatica a fare. Insomma, fino a oggi pomeriggio ero felice che pranzavo con i miei genitori e i miei fratellini e ora mi ritrovo sola senza il sostegno morale di nessuno.
A distogliermi dai miei pensieri fu un tocco caldo che raccolse una lacrima dalla mia guancia. <<So che ciò che ho fatto è orribile, ma è il mio lavoro>> disse lo sconosciuto con una punta di pentimento nella voce. Sbuffò e cominciò a guardare un punto indefinito del marciapiede, poi riprese a medicare la ferita. <<Sei molto forte, un po' ti invidio>> disse dopo alcuni minuti di silenzio che a me non dispiacevano. <<Che significa? Che stai dicendo?>> gli chiesi perplessa e spiazzata dalle sue parole, <<Non so come tu abbia fatto a non uscire fuori di testa dopo quello che ho fatto, hai preso la situazione in mano, non sei stata lì a piangere sui cadaveri della tua famiglia. Appena vista la situazione sei subito scappata. Ti sei allontanata. Cosa che io in passato non riuscii a fare>> l'ultima frase fu marcata da un tono di rancore, paura, tristezza, nostalgia e rabbia. Lo fissai senza fare domande e lui alzò lo sguardo, mise una mano sulla maschera e la tolse. Rimasi incantata, senza parole.
Tolta la maschera l'uomo svelò un volto affascinante, dai lineamenti maschili marcati e messi in evidenza da una barba corta e argentea, i capelli bianchi e mossi rasati ai lati che ricadevano sulle sopracciglia venivano messi in risalto dalla luce rossastra del tramonto che annunciava l'arrivo della sera. Gli occhi di un grigio tendente all'azzurro erano messi in evidenza dalle ciglia lunghe e chiare. <<Lo so, assomiglio a un pupazzo di neve>> disse l'uomo, facendomi concentrare sulle labbra rosate e carnose. <<No, non sembri un pupazzo di neve>> dissi con voce ancora incredula. Quel momento venne distrutto dal rimbombo di uno sparo in lontananza e come se non fosse mai successo nulla mi alzai e mi misi a correre. Mi voltai e vidi solo che l'uomo dai capelli del colore della luna aveva la maschera di nuovo addosso e che correva verso la fonte del rumore  dello sparo.
Continuai a correre anche se la ferita cominciava a fare di nuovo male, ma non ci prestai attenzione. Dopo un po' di alternanza tra camminata veloce e corsa arrivai in un edificio e caddi in ginocchio di fronte all'ingresso dove un uomo si precipitò da me e mi sollevò. <<È appena arrivata una ragazza di giovane età!>> gridò il soldato preoccupato che mi prese in braccio e mi portò all'interno dell'edificio.

Chi dei due?Όπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα