Sequel - 3

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L'università si avvicina. E io sto tremando.

"Ci siamo passati tutti noi." fa Delly. "Ora tocca a voi."

"Come l'avete presa il primo giorno?" chiede Ross preoccupato.

"Ehi, noi viviamo insieme." gli ricorda Riker. "Sai benissimo che ho fatto."

"Vero, ti sei messo a piangere." interviene Rocky, ridendo.

"Ehi! Non mi sono messo a piangere!" si difende Riker. "Mi sono solo lamentato un po'."

Non è vero, ho dormito da loro quella notte, si era messo a piangere.

"E poi parliamo di te." continua Riker a Rocky. "Tu non hai dormito per tutta la notte!"

"Non è una reazione esagerata, è totalmente normale." risponde lui.

Al momento, siamo a casa Ratliff. Abbiamo deciso di pranzare da loro, perciò siamo seduti al tavolo della grande sala pranzo dalle pareti bianche, con i quadri surrealistici appesi sopra.

"E' pronto!" urla Cheryl dalla cucina. Ognuno va a prendere il proprio piatto. Cotoletta e patatine. Amo questo piatto, per quanto possa essere semplice.

Mangiamo in silenzio e in fretta. Alle volte ci guardiamo e ridiamo, come dei cretini. Sono i giochini infantili che facciamo.

Ingoiata l'ultima patatina andiamo in camera di Ell a chiacchierare. E' una stanza abbastanza grande dalle pareti azzurre. Sull'armadio sono appese tante foto dell'infanzia di Ell. Una in particolare è la mia preferita. Eravamo piccoli, io avevo cinque anni. Stavamo seduti su una panchina al parco, tutti e sette. Io stavo mangiando un cono gelato, la vaniglia tutta spalmata sul mento, e sorridevo allegra. Ross è alla mia sinistra, il gelato al cioccolato squagliato sulla sua camicia bianca. Lo indico e guardo il Ross "reale".

"Ma guardati." dico ridendo. Lui sorride a sua volta.

"Tu hai vaniglia su tutto il muso, vogliamo parlare?" risponde lui.

Vero, i ricordi a volte fanno male. Ma io ho ancora lui, niente mi fa male. Certo, domani inizio l'università, ma ho ancora i ricordi dell'infanzia vividi nella mente da condividere con lui, e con i miei amici.

***

|ROSS' POV|

Le cose stanno così: non do a vedere la mia preoccupazione, ma dentro di me freme la paura da...beh, più o meno da quando alla fine del viaggio ho varcato la porta di casa mia. Poi, man mano che andavo avanti a studiare, si faceva sempre più grande, sempre più grande, e ora quasi tremo dall'angoscia. La paura di non farcela, di non essere all'altezza. La verità è che probabilmente è la mia più grande paura. In ogni cosa che faccio, ho paura di non essere abbastanza bravo.

L'università è un campo minato non ancora esplorato, e io ho paura che solo la prima mina possa uccidermi.

Sono le 7:53 pm. Cammino a passo indifferente verso casa di lei. Le ho promesso che avremmo dormito insieme, per tenerle compagnia. Per darle forza, anche se probabilmente ne ho più bisogno io. Lei è abbastanza forte per superare una cazzata come l'università.

Percorro il vialetto del suo giardino fino ad arrivare alla porta d'ingresso, così bianca da sembrare irreale in mezzo a tutto lo smog, che da un'aria scura alla città. Busso. La porta viene subito aperta dall'uomo sulla quarantina dal viso tanto simile al suo, suo padre.

"Salve Joseph." lo saluto. Il suo vero nome è Giuseppe, ma ai miei genitori e ai signori Ratliff piace chiamarlo all'americana, così ci abbiamo preso gusto tutti.

"Ross. Dai, entra." dice portando il braccio sinistro verso l'interno, come invito ad entrare. "Claudia è in cucina." mi informa poi.

Mormoro un "grazie" e mi dirigo in cucina, da cui emerge un forte odore di fritto. Claudia sta aiutando Sam, sua madre, a cucinare. Appena mi vede mi viene incontro e mi bacia. "Amore." mi saluta. "Baby." rispondo io.

On The Road With You || Ross LynchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora