Rosa~Capitolo 24

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E c'è sempre bisogno di un abbraccioSoprattutto perché serve per isolarsi dalla confusione del mondo

I polmoni di Gio bruciavano. Bruciavano talmente tanto che, per un secondo, il ragazzo pensò che sarebbe morto. Mentre saliva a due a due le scale che l'avrebbero portato al suo appartamento nella sua testa continuava a ripetersi in loop la scena di pochi attimi prima.

Brandon che lo abbracciava. Brandon che gli diceva che non gli avrebbe mai fatto schifo. Brandon che lo baciava. Brandon che lo spingeva con le spalle contro il muro. Brandon, Brandon, Brandon. E poi lui. Lui che lo aveva baciato. Lui che lo aveva fermato. Lui che lo aveva allontanato. Lui, che era scappato via senza dare spiegazioni.

Aprì la porta di casa sua con una forza tale che Ettore, che se ne stava seduto sul divano con la testa tra le mani, sollevò il capo di scatto soffermandosi sulla figura di Gio che, con le guance rosse e rigate di lacrime, lo guardava tremante. L'uomo si alzò in piedi preoccupato.

«Gio...che è successo?»

Il ragazzo guardò suo padre, un singhiozzo gli attraversò l'intero corpo, e si fiondò ad abbracciarlo. Ettore si trovò spiazzato. Aveva quella che per lui era ancora sua figlia che lo abbracciava fortissimo mentre piangeva e tremava scossa da singhiozzi fortissimi.

«Papà mi dispiace. Mi dispiace, mi dispiace, scusa!»

«Gio cos'è successo? Non riesco a capire.»

Gio provò a parlare ma quello che uscì dalla sua gola strozzata dai singhiozzi furono solamente un susseguirsi di lamenti strozzati e di scuse troncate.

Avrebbe voluto rimanere tra le braccia di suo padre per sempre, si stava così bene rintanati lì. Ma sapeva che non sarebbe stato possibile.

«Dopo questa cosa non mi vorrai più bene papà...»

«Perché dici così? Tu sei mia figlia, io ti vorrò sempre bene.»

Gio strinse gli occhi per impedirsi di piangere e deglutì mandando giù l'ennesimo singhiozzo che minacciava di salirgli in gola.

«Va bene. Allora...allora le cose stanno così: mamma diceva sempre che è meglio togliersi i pesi dallo stomaco e quello che ti sto per dire è un peso che io ho da tantissimo tempo dentro al mio stomaco.»

Silenzio. Solo la mano di suo padre che faceva su e giù sulla sua schiena.

«Vorrei dirtelo in un modo più poetico ma non penso sia possibile visto che non riesco nemmeno a pensare a come respirare...quindi te lo dirò e basta: papà, sono trans.»

Gio aveva la testa premuta contro il petto di suo padre e si rese conto in quel momento che tutto quello che gli veniva detto nei libri era una gran cazzata. Il cuore di suo padre non era partito a ballare il cha cha cha e nemmeno il tempo si era fermato. Solo la stanza era calata in un attimo di silenzio. Tutto qui. Ma la mano che suo padre gli stava passando sulla schiena non si era fermata neanche un secondo.

«Dio Gio, è veramente questo quello che ti spaventa?»

«Come?»

Chiese il ragazzo con un filo di voce, sorpreso da quello che suo padre aveva appena detto.

«Tu sei tutta la mia vita Gio, tutta. E non mi farai mai schifo. Non mi importa se vuoi diventare un ragazzo, non mi importa se ti tagli i capelli e non mi importa se ti piace Gaia. A me va bene così.»

Gio corrugò la fronte e si allontanò leggermente da suo papà, apprezzava veramente le parole che gli aveva detto e si sentiva molto sollevato da quella rivelazione...ma sarebbe stato meglio precisare che a lui Gaia non piaceva per niente.

«Grazie papà...ma a me non piace Gaia.»

«Ah no? Pensavo di sì.»

Il ragazzo sorrise, ma poi il suo sorriso divenne triste.

«No papà, io ho un fidanzato. Bè, almeno credo di poterlo chiamare ancora così. E questo è un altro problema! Lui...lui non sa che lì sotto io non sono un ragazzo. E io odio questa situazione! Ma, nello stesso tempo, non riesco a dirgli la verità...ho paura di perderlo! E poi...e poi stasera...»

Gio si fermò un attimo, aveva i capelli tra le mani e suo padre che lo guardava preoccupato da quel suo repentino cambio di stato d'animo.

«Ci siamo baciati. Lui ha baciato me e io ho baciato lui. E poi...e poi lui voleva andare oltre e io anche papà! Ma io l'ho fermato. L'ho fermato senza dargli nessuna spiegazione e sono scappato via. Adesso mi odierà, molto probabilmente, e io non so cosa fare!»

Gli occhi di Gio bruciavano un sacco e si sentiva le guance crepate per la quantità di lacrime secche che ci erano passate.

«Gio...avete diciassette anni. Non è obbligatorio fare sesso. Se questo ragazzo si è offeso o incazzato è solo un coglione che pensa solamente a una cosa. Anche se non penso visto che il tuo telefono sta squillando con un nome di ragazzo che ci lampeggia sopra.»

Disse infine Ettore indicando il telefono che Gio stringeva in mano e che non aveva neppure notato che squillava. Il ragazzo guardò lo schermo e il nome "Brandon" che ci lampeggiava sopra lo colpì come un pugno nello stomaco.

«Facciamo una cosa» disse suo padre improvvisamente «tu vai a sciacquarti la faccia e metterti il pigiama, io rispondo a questo Brandon e gli dico che stai bene. Ok?»

Gio lanciò un'ultima occhiata al suo telefono prima di consegnarlo nelle mani di suo padre e andare a rifugiarsi in bagno.

***

«Pronto?»

«Salve...sono Brandon un amico di Gio, è in casa?»

«Sì, Gio è in casa. Come mai?»

Ettore sentiva che il ragazzo non sapeva come rispondere e gli venne da sorridere, gli ricordava lui con la madre di Giorgia quando erano ancora ragazzini.

«Vede, questa sera dovevamo uscire io, Gio, Filippo e Gaia ma suo figlio non è venuto. Quindi volevo sapere se era lì, visto che non ha scritto nemmeno a Gaia, e se stava bene.»

«Sì, stai tranquillo. Gio sta bene...solamente non se la sentiva di uscire. Come Gaia sa è da poco venuta qui sua zia, con cui non ha un buon rapporto. È stata una serata impegnativa.»

«Ah...ok. Come dici Gaia? Ok. Guardi, Gio ha appena scritto a Gaia. Scusi, colpa mia che mi preoccupo sempre per niente.»

«Ma va, figurati. Divertitevi, io dirò a Gio che hai chiamato. È stato un piacere conoscerti.»

«Altrettanto e...grazie.»

Blu o Rosa?Where stories live. Discover now