22. Not yet corpses, still we rot

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Mentre ero lì, con le gambe divaricate, lui scese le scale e mi adocchiò subito. A stento notai il suo torace venir ricoperto dalla maglietta che si tirava giù, perché mi resi conto di essere seduta nello stesso punto in cui era Daphne quando quella sera in cui avevo perso il mio fiocco ero tornata indietro a cercarlo e li avevo beccati insieme.

Lui si bloccò alla fine delle scale, attraversato forse dal mio stesso pensiero. E i miei occhi corsero alle mie spalle, verso la finestra, per giudicare che visione doveva aver avuto di me.

Avrei dovuto scendere dal tavolo prima che mi beccasse, ma ormai era tardi. Così mi focalizzai di nuovo su di lui. E tremai nel vedere la sua espressione contorcersi nel tentare di contenerne un'altra di rabbia.

Era stato facile la sera prima correre a casa e addormentarci, per poi svegliarci l'uno accanto all'altra. Ma adesso dovevamo fare i conti con la realtà, non c'erano scusanti.

Non ero sicura che avremmo parlato del bacio, ma lui era di certo pronto a rimproverarmi per tutto il resto.

Dopo la sorpresa iniziale di avermi trovata seduta lì, si fece avanti verso di me. «Quello che è successo ieri sera...» esordì. «Hai rischiato molto, provocando Lancaster».

Mi si parò di fronte, la libreria alle sue spalle era imponente, ma lui di più. Incrociò la braccia al petto facendo guizzare i suoi bicipiti, ma stando attento a non mettere sotto stress le ferite.

«Ha funzionato. È questo che importa, no?» non trattenni un ghigno amaro, sentendomi totalmente fuori di me all'idea che mi stesse davvero rimproverando come una bambina.

«No, Kerys». Chiuse le palpebre e si portò due dita alla base del naso per prendere un profondo respiro, poi le riaprì e tornò fisso su di me. «Già solo il fatto che tu ti sia infilata in questa situazione non andava bene, ma non si ripeterà più. Dovevi ascoltare me, dovevi fare ciò che ti dicevo io. Ci è andata bene perché siamo stati fortunati, ma chissà cosa poteva capitarti».

Afferrai lo spigolo del tavolo e saltai giù per poterlo fronteggiare, nonostante l'altezza che ci separava. E il suo profumo mi attraversò le narici non appena fui a pochi centimetri da lui.

«Sei tu quello ferito o mi sbaglio?» gli risposi, di rimando. «Sei tu quello che è tornato a casa sanguinante. Sei tu quello che mi hai costretto a torturare».

«Se tu non fossi andata a parlare con quel pazzo, magari non saremmo mai dovuti arrivare a questo». Il suo volto era a pochi centimetri dal mio e giurai di non averlo mai visto più furioso di così, ma anche la rabbia era amena su di lui.

«Sì? E come avevi intenzione di procedere?» gli chiesi, beffarda. «Magari rinchiuderti nella red room con quella ballerina... e poi? Lasciarmi sola ad attendere fuori?»

«Ma è possibile che non lo capisci?» mi domandò, ormai fuori di sé. «Se stanotte non hanno arrestato Lancaster, lui verrà a cercarti per punirti del tuo affronto».

«Lui non sa nemmeno come mi chiamo!» Affermai, decisa. «Ed era talmente ubriaco e drogato dopo le pasticche che gli ho dato che è già tanto che sia ancora vivo».

«E questa ti sembra una bella cosa?» Fece un passo verso di me, le sue iridi saettarono nelle mie fino a farmi contorcere ogni nervo. «Ti sembra normale che tu abbia preso l'iniziativa e fatto una cosa del genere?»

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