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Giulio non ebbe molto tempo per farsi domande su quello che aveva appena sognato, poiché si ritrovò catapultato nel suo primo post–sbornia: si sentiva come se un singolo goccio d'acqua di troppo gli avrebbe potuto far vomitare l'anima.

«Ehi Giulio, tutto bene?» la voce dell'amica lo fece saltare dalla paura.
Mentre era impegnato a prendere una manciata di patatine da una busta distrutta e abbandonata, Beatrice lo aveva sorpreso da dietro abbracciandolo e appoggiandosi con il viso sulla sua spalla.
«Cosa? Cioè... ehm... sì, tutto bene, perché non dovrebbe andare bene? Sto decisamente bene!», esclamò lui, cambiando tono di pelle e diventando terribilmente rosso.
«Ti va se andiamo a parlare?», disse poi lei, sorridendogli.
Lui, arrossendo ancora di più, disse: «Ehm... di cosa vorresti parlarmi?», la ragazza sorrise e disse: «Mi imbarazzo un po' a dirlo così qui in casa... Facciamo così, vai ad aspettarmi fuori che io devo cercare una giacca.»

Il ragazzo quasi corse fuori e si sedette su una specie di porticato in pietra.
Era quasi sicuro, anzi, era certo che Beatrice non potesse piacergli.
Partendo dal presupposto che era la sua prima vera e propria amica, l'aveva sempre detestata.
In quale modo e in quale senso adesso il suo cuore aveva deciso che questa ragazza dovesse piacergli?
Eppure, tutti i segni erano lì: quando la ragazza gli era vicino, era stranamente felice; quando c'era del contatto fisico cominciava ad arrossire profusamente; guardare nei suoi occhi era quasi uno dei momenti più felici della sua giornata... Com'è che diceva Catullo? Odi et amo, ma anche mellitos oculos tuos, Iuventi, si quis me sinat usque basiare?
Ricordò che invece una delle canzoni in dialetto brindisino che lei gli aveva fatto sentire diceva: Iu vogghiu cu ti vesciu, iu vogghiu cu ti sentu, stasera pi lu priesciu, nu vasu t'aggia dà.
Si chiese se lei pensasse a lui quando ascoltava quella canzone.
No, ma che domande si stava facendo!

Loro due erano solo amici e sarebbero rimasti tali: non avrebbe rovinato così stupidamente la sua prima amicizia, soprattutto non con dei sentimenti talmente illogici, neanche sotto tortura.

In quel momento, Beatrice lo raggiunse fuori: era avvolta in una giacca nera e sotto indossava un pigiama a quadri rosso.
«Ehi», disse lei.
«Ehi», rispose lui.
«Oddio, non so da dove cominciare» ribatté lei, ridendo e guardandosi attorno.
«Non preoccuparti, usa le parole che preferisci e vai con calma», replicò Giulio.
Quello è quello che avrebbe detto un amico in un momento del genere, giusto? La ragazza prese un grande respiro e cominciò a parlare.

«Sono felicissima di averti potuto incontrare. All'inizio ti trovavo insopportabile, ma adesso penso che tu sia la persona migliore che sia mai capitata su quello che è il cammino della mia vita. Non penso che potrò mai smettere di ringraziare Diana e il consiglio di classe per averti messo affianco me per riuscire ad includerti nel gruppo classe–», la ragazza fu interrotta da Giulio. «Cosa?» esclamò lui, alzandosi di colpo.
«Ehm, sì, mi hanno messo di fianco a te perché i professori temevano finissi il liceo da solp».

Il ragazzo non si era mai sentito così tanto tradito da un consiglio di classe. «Beatrice, ti stai sbagliando, Diana mi ha detto che ti hanno messo di fianco a me perché io dovevo tenerti tranquilla in classe, non per altro!», rispose poi lui, alzandosi di scatto dal muretto.
«No, Giulio, te lo garantisco. Diana e Alessandro mi hanno chiamato durante il consiglio di classe per chiedermi se mi andasse bene, pensavo te lo avessero detto, ma comunque ti garantisco che non ti sto mentendo; non avrei motivo per farlo, visto che ti stavo per dire che–»
«No! Aspetta! Quindi, tu mi stai dicendo che...», il ragazzo si fermò ed indicò prima sé stesso e poi la ragazza, «...tutto questo è stato orchestrato dai professori perché, secondo loro, mi dovevo integrare con quella razza di classe che abbiamo?»

«Prima di tutto, ti ricordo che tu hai fatto un elogio con i fiocchi ieri sera a "quella razza di classe" e hai improvvisato una composizione simposiale in greco solamente per loro! E... beh... all'inizio sì, stavo con te per quello, però adesso–» la ragazza non finì, che lui ricominciò a parlare, sempre più arrabbiato.
«No! Il consiglio di classe pensa che io debba forzatamente fare amicizia con la classe per poter completare una "esperienza piena e soddisfacente" al liceo? Forse è così per loro, ma io stavo molto meglio prima di tutto questo, della conoscenza, dell'amicizia, o di qualunque cosa siamo noi due e di tutte queste nuove e fastidiose emozioni! Non voglio saperne più nulla. Prendo la macchina e me ne vado, ne ho abbastanza.»
Il ragazzo tornò dentro e, mentre la ragazza tentava inutilmente di fermarlo, afferrò le sue cose e se ne andò.

Portami in motobarca e dimmi che mi ami.Where stories live. Discover now