Disegnava il suo assassino

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Dakota sapeva proprio tutto della città, guidava il ragazzo in qualsiasi zona, elencando cosa valeva di più provare e cosa era meglio lasciare indietro.

Videro i parchi avventura ora chiusi per l'inverno, la zona commerciale piena di souvenir, dove Dennis acquistò anche due calamite da regalare ai suoi genitori, e si fermarono a prendere una cioccolata calda in uno di quelli che Dakota aveva ritenuto il miglior bar di tutti.

Alla fine, decisi anche a far solo due passi tranquilli, passarono vicino alle piste da scii, uno dei principali punti di attrazione turistica, sentendo a volte le grida di alcuni ragazzini eccitati sulla seggiovia o sulle piste, sfrecciando a tutta velocità.

«Non sei venuto qui con lo scopo di sciare, vero?»
«No, non sono capace.»
«Ma ci hai mai provato?»
«Nemmeno. È una cosa stupida per me.»
«Io sciavo da bambina, perché lo faceva tutta la mia famiglia da generazioni. Ma nemmeno a me è mai piaciuto più di tanto, era solo una scusa per fare qualcosa tutti insieme.» si perse a guardare un gruppo di bambini che stavano imparando a scendere con gli sci, mantenendo le punte vicine e le braccia allargate, «Preferivo fare i pupazzi di neve con le mie cugine più piccole.»

«Ne hai tante? Di cugine?»
«Siamo cinque in tutto solo di primo grado, ma siamo una grande famiglia. Tu invece?»
Dennis pensò alla sua famiglia, del fatto che da parte di sua madre non avesse nemmeno uno zio e da parte di suo padre aveva una zia che non vedeva da anni.

L'ultima volta che li aveva visti aveva otto anni ed era a casa di suo padre per il giorno del ringraziamento, come del resto per tutto l'anno intero siccome il giudice aveva stabilito la custodia esclusiva al padre.

Lì insieme ai suoi nonni paterni c'erano anche i suoi zii con un suo cugino di due anni più piccolo, del quale però a malapena ricordava il nome, da quel giorno in poi non li aveva più visti, sicuramente complice il loro litigio scatenatosi per un piccolo mostro di plastica puzzolente.

«Un cugino, ma non ci vediamo mai.»
«Perchè? Se posso chiedere?»
«Non ci piacciamo.»
«Capisco...» Dakota si mise una ciocca dietro a un orecchio, in imbarazzo come al solito, «Peccato però.»
«Ognuno ha il suo.»

Dopo altri minuti di silenzio, finalmente a Dakota tornò in mente il reale motivo per il quale aveva organizzato quel giro in città: «Vorresti vedere il mio studio di pittura?»
«Sì, siamo usciti per questo no?»
«Certo, ma volevo anche mostrarti altre cose più belle, magari ti rivedo in estate.»


***


La casa di Dakota era piuttosto piccola, una piccolissima costruzione ideale per una persona sola, proprio come lei.

Il piccolo giardino conduceva, attraverso tre gradini, a un portico e alla porta d'ingresso centrale, lo spazio si apriva in un piccolo soggiorno ben arredato, con due divani intorno a un tavolino rotondo da caffè e una TV attaccata alla parete, una credenza antica, sicuramente regalo da parte di una nonna, un tavolo da pranzo quadrato e uno scrittoio.

La cucina si affacciava nella parete di sinistra, piccola ovviamente ma con tutto il necessario.

Il piano di sopra partiva da una scala centrale non troppo lunga, e si allargava in un corridoio, nell'estremità di sinistra vi erano la camera da letto e il bagno mentre nell'estremità di destra il famoso studio di pittura, vero motivo per il quale Dennis era lì.

La stanza era piena zeppa di fogli sparsi in ogni dove: sulla lunga scrivania grande come l'intera parete, appesi a dei cavalletti e anche per terra, vicino al battiscopa, lasciando davvero pochissimo spazio disponibile per camminare. Sulle mensole erano presenti latte di vernice di ogni dimensione, e sotto appesi a dei ganci vi erano tanti pennelli di tante forme e grandezze diverse, dal più sottile al più grande in assoluto. Nel lato della parete della porta c'era un'altra scrivania più piccola piena di portamatite stracolmi di pastelli, penne e matite con di fianco gomme e temperini.

Sulle tracce di Dennis LoganDonde viven las historias. Descúbrelo ahora