Terrori Futuri

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"Cosa facciamo?" chiese Jonah a Gabriel.
"Vieni."
Gabriel guardò il suo collega e poi se ne andò. Jonah lo seguì.
"Perfino Harry aveva paura." disse Gabriel. 
Uscirono di casa velocemente, entrarono nella berlina e partirono.
"Dove stiamo andando?" chiese ansiosamente Jonah.
"A Street Hitch."
"E dove si trova?"
"Al confine di Lindfort."
La strada non era ancora piena e le prime macchine stavano uscendo timidamente dalle loro abitazioni.
"Nel centro di Lindfort c'è già movimento, qui invece se la prendono tutti con comodo." disse lamentandosi Gabriel.
Intanto Jonah guardava il suo taccuino, dove erano presenti tutti gli appunti di quello che avevano visto, poi lo mise all'interno del taschino della sua giacca.
Una volta arrivati a destinazione scesero dall'auto.
Era un ambiente malfamato, il palazzo sembrava facesse fatica a reggersi. Una volta attraversato il cancello si ritrovarono nel cortile cementato e il cielo era coperto da fili ai quali erano appesi vari panni e indumenti.
Entrambi notarono un bambino con un giubbotto rosso e con in mano un flauto di pan che iniziò a correre sulle scale.
Lo videro attraverso il vetro salirle sempre più velocemente.
Gabriel lo seguì e Jonah fece lo stesso.
"Perché siamo qui?"
"Perché chi ci può dare qualche risposta abita e lavora qui."
"Livello della creatura?" si affrettò a chiedere Jonah.
"Livello della Creatura?! Ma che sei razzista? Siamo tutti delle persone finché non ci arrabbiamo." affermò Gabriel fermandosi sul pianerottolo.
"No, non sono razzista. Era solo per classificare la persona."
"Una strega."
"Una strega?" fece eco Jonah deglutendo.
"Che c'è? Hai paura?"
"No no per niente."
"Basta che non mi fai fare brutte figure." concluse Gabriel bussando alla porta.
Sopra di essa c'era una scritta che recitava: "Letture del futuro."   
Dopo qualche secondo, la porta si aprì dolcemente. A riceverli era una ragazza molto alta e magra come un chiodo.
Una volta entrati nell'appartamento sembrava come se si fosse attraversato un portale temporale. La stanza era immersa in un'atmosfera anni cinquanta. Le pareti erano ornate da tappezzerie rosse intrecciate con fili d'oro e raffiguranti creature leggendarie e paesaggi incantevoli.
Le donne presenti nell'appartamento erano tutte affascinanti, misteriose e con maniere delicate, come se fossero direttamente uscite dalle favole.
Due di loro erano appoggiate al balcone a fumare una sigaretta, altre cinque leggevano dei libri sedute su delle poltrone d'epoca.
Dietro al bancone degli alcolici c'erano tre ragazze che sembravano uscite da una leggenda marina. I loro lunghi capelli scintillavano come alghe sott'acqua, mentre il loro abbigliamento consisteva in delle leggere gonne azzurre che sembravano onde in movimento.
I loro occhi erano di un colore blu profondo e brillavano come il mare quando viene illuminato dal sole.
Dietro di loro, dove c'erano gli alcolici, erano presenti anche delle bottiglie con all'interno delle navi in miniatura.
Quando Gabriel e Jonah entrarono, tutte le donne si girarono verso di loro.
Jonah alzò la mano in segno di saluto, ormai incantato dalla loro bellezza quasi sovrannaturale. La musica che risuonava nell'aria era magica, era un arpeggio celestiale che avvolgeva i sensi e faceva vibrare l'anima.
"Non farti soggiogare qui eh..." disse Gabriel.
"Quella che ti stai studiando è una sirena, ti incanta solo con lo sguardo, pensa se dovesse iniziare a parlare o peggio, a cantare, ma soprattutto se non paghi il conto...Ahi!"
"Ma le sirene non..."
"Tutte le creature, come le chiami tu, hanno assunto nel tempo nuove forme e nuove abilità, ad esempio le sirene non stanno in acqua da millenni.  Ora va a fare un pò di domande in giro, e occhio a non farti fregare." lo avvertì Gabriel mettendolo in guardia.
Jonah eseguì gli ordini e si diresse verso le ragazze.
Il bambino che videro prima, ora era un uomo di mezza età, con un sigaro in bocca, un paio di corna e le gambe da capra.
Andò verso Gabriel e disse: "Gabriel Blackwood?"
"Si?"
"La padrona sta aspettando."
"Come sempre."
Gabriel salì la scala a chiocciola seguendo il fauno, che poi gli fece cenno di aspettare seduto.
Gabriel si sedette e attese. Poco dopo, dalla porta uscì una coppia di gnomi.
La femmina verdastra e magrolina disse: "Vedi! Era meglio accettare quel lavoro per il giardino."
Il maschio, piccolino e verdastro anche lui, rispose: "Ora farò domanda."
Una volta che furono andati via, Gabriel entrò.
La stanza traboccava di amuleti, acchiappasogni e oggetti di ogni specie che pendevano dal soffitto. Al centro era posizionato un piccolo tavolo con una sfera enorme di cristallo e, dietro di essa, si poteva intravedere una signora piccola, piena di rughe e capelli bianchi.
"Göldi. Tutto apposto?" disse Gabriel con un cenno del capo.
"Gabriel. Tutto apposto. Te invece? Altro caso complicato?"
"Così sembrerebbe."
"Tira fuori i soldi."
Gabriel tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il suo portafoglio.
"Solito sconto?" chiese Gabriel
"Si si non ti preoccupare" rispose Göldi.
Poi aggiunse: "Carte, mani o sfera?"
Gabriel si sedette e le porse la mano destra dicendo: "Mani."
La signora con uno schiocco di dita fece levitare la sfera di cristallo spostandola da un lato, poi prese la mano di Gabriel e disse: "Mmm Gabriel, qui mi dicono che ti hanno legato ad un uomo. Uno molto fedele, forse riesco a vedere il suo nome."
Göldi rimase in silenzio per un momento fermandosi a fissare la mano di Gabriel.
"Jonah." affermò la strega
"Si. È uno nuovo."
La luce del posto divenne sempre più bassa.
La strega lo guardò un attimo negli occhi e poi tornò a osservare la mano.
"Vi siete imbattuti in qualcosa di strano. Vedo fantasmi, vampiri e rune."
"Mi sembra molto strano, Göldi." disse Gabriel alla strega riferendosi al fatto che fantasmi e vampiri non avrebbero mai lavorato insieme.
"Anche a me. Una runa del teletrasporto, mi dicono le tue mani."
Ora l'unica luce presente nella stanza era quella flebile delle candele che illuminava il volto di Gabriel e anche quello di Göldi, alla quale accentuava persino le rughe.
"Cosa vedi?" chiese subito Gabriel.
"Vedo... Vedo..." e rimase in silenzio.
"Qualcosa di molto strano sta accadendo nel Mondo di Mezzo. Una strana collaborazione con il Mondo degli Inferi." aggiunse.
Ad un tratto gli occhi di Göldi iniziarono a diventare neri come l'inchiostro, intorno ad essi si formarono delle venature scure e la voce le divenne grossa e profonda.
"Qualcosa di grande, qualcosa di oscuro sta per accadere. Dovrai stare attento Gabriel."
La luce della candela divenne ancora più fioca.
"Le ombre usciranno dalle tenebre e affronteranno la luce!"  affermò a voce alta Göldi.
In seguito, il buio.
Gabriel aveva la pistola pronta con il colpo in canna.
Si sentì un respiro affannoso, poi un rumore di sedia.
Gabriel si alzò di scatto in piedi nel buio più totale. Dopo qualche secondo la luce si riaccese.
Göldi si era alzata in piedi sulla sedia con una mano levata in alto per tirare la cordicella della lampadina e con nell'altra mano, una bacchetta.
"Magia potente." disse Göldi. 
"Una strega con una bacchetta?" chiese Gabriel puntandole contro la pistola.
"Questa? La uso solo per le emergenze."
"Si ma mai davanti ad un detective. Lo sai, sono illegali le bacchette."
"Si, si lo so." rispose Göldi.
Ad un tratto la sfera si illuminò e iniziò a lampeggiare a intermittenza.
"Cosa c'è adesso?"
"A quanto pare il tuo amico non ha soldi."
Gabriel uscì all'istante dalla stanza, correndo.

Jonah, nel frattempo, porse un po' di domande. Chiese a fate, orchesse ed elfi.
Si avvicinò, poi, ad una sirena e chiese: "Scusi. Per caso sa se, recentemente, sono scomparse delle persone in questo quartiere?"
"Adesso che me lo fai notare, è da un pò che alcuni clienti abituali non passano di qua. E questo è molto strano." rispose lei.
"Comunque chiamami Marina tesoro." aggiunse con tono malizioso e accarezzandogli la guancia.
"Che ne dici se mi mostri qualcosa te?" chiese avvicinandosi sempre di più a Jonah.
Lui indietreggiò. "Signorina, io sono un Detective..."
Notò che un altro uomo stava entrando in una stanza insieme ad una fata che continuava a tirarlo dalla cravatta.
"Ma questo... È un bordello?!" domandò stupefatto.
"Cosa ti aspettavi tesoro?". Gli occhi gialli della sirena si illuminarono.
All'improvviso Jonah si sentì più leggero e seguì Marina in una stanza.
Si sedette sul letto e si tolse la giacca.
"Cosa vuoi fare?" chiese Marina cercando qualcosa in uno dei cassetti.
Ad un certo punto Jonah si ricordò il metodo per uscire dall' ipnosi che gli avevano insegnato nella scuola militare di Atena. Consisteva nel concentrarsi fortemente su delle frasi che si conoscevano a memoria, quindi iniziò a parlare:
"Questo è un bordello e secondo il regolamento  internazionale comma cinque, otto e sei, paragrafo A, non sono ammessi bordelli in nessun luogo."  
"Ma non sei sotto ipnosi?" chiese stupefatta la sirena passandogli la mano davanti agli occhi.
Ad un certo punto Gabriel aprì la porta.
"Scout!" esclamò.
Marina si girò e mostrò la sua vera natura. I suoi denti erano piccoli e affilati come quelli di un piranha, gli occhi erano vuoti e grandi come quelli di uno squalo e sul collo le comparvero le branchie.
"Calma, calma!" Jonah tirò fuori i soldi e li diede immediatamente alla sirena.
Non appena prese i soldi con le sue dita palmate, tornò in un attimo bella e seducente come prima e disse: "Grazie tesoro." e se ne andò.
Jonah si stava aggiustando la giacca e intanto disse: "Avevo tutto sotto controllo."
"Si si, dopo il servizietto saresti morto."
"Stavo uscendo dall'ipnosi."
"Si come no."
"Questo posto è un bordello!" disse bisbigliando.
"Certo. Mica si campa solo leggendo mani."
"Si ma è illegale." constatò Jonah.
"Göldi ha un patto con la polizia. Lei ci da informazioni e noi le lasciamo il bordello. Semplice!".
"Si ma mi avrebbe ucciso se non avessi pagato il conto. In più, sono stato costretto da lei."
"Le sirene bramano di uccidere."
"Si ma rimane un tentato omicidio ai danni di un pubblico ufficiale."
"Tu non sai quante porte ho aperto io e ho rischiato di essere ucciso." disse Gabriel.
Una volta usciti dalla stanza videro una ragazza che li stava aspettando, quando ad un certo punto, dietro quest'ultima, apparirono dal basso delle ali che si aprirono lentamente, come un fiore appena sbocciato.
Erano talmente sottili che si riusciva a vedere attraverso di esse, ad eccezione delle piccole venature dorate che si diramavano su tutta la loro lunghezza.
"No. Oggi no Cassidy." si affrettò a dire Gabriel.
La fata, quindi, se ne andò con aria di sufficienza.
"Prego?" chiese stupito Jonah.
"Lascia stare, è una lunga storia." rispose Gabriel.
"Dove andiamo ora?"
"Da un amico abbastanza conosciuto."

Intanto, in una piccola stanza, Göldi aveva alzato la cornetta del suo telefono. Mise il suo piccolo dito dentro gli enormi buchi e girò il disco selettore digitando un numero.
Ci furono tre squilli, poi qualcuno, dall'altra parte, alzò la cornetta.
"Pronto"
"Stanno indagando." disse Göldi con aria seria.
Poi, non appena sentì la somma che gli avrebbero dato in cambio del suo silenzio, fece un piccolo sorrisetto, ma ritornò subito seria e sul viso le comparve un'espressione preoccupata, come se si fosse pentita di quello che aveva appena fatto.
In seguito, mise giù la cornetta e la telefonata si concluse.

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