18- AUREEN

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Erano due ore che ci allenavamo.

Grondavo di sudore e dalla treccia mi sbucavano ciocche increspate. Eden, invece, sembrava appena uscito da un centro benessere.

Come diavolo faceva a non scomporsi?

Vi posso assicurare che feci del mio meglio per ignorare i muscoli che trasparivano dalla divisa d'addestramento che aveva indossato. Era sottile e aderente, quasi fosse pensata per fasciare il corpo come una seconda pelle. Non scesi mai più giù della vita, lo giuro.

Mi soffiai un ricciolo da davanti agli occhi. «Pausa» ansimai.

«Non pensarci nemmeno.» Mi colpì il sedere col piatto della spada. «Lo decido io quando ti fermi.»

«Eden...» Mi lasciai cadere a terra. «Sono esausta.»

Lui si accucciò davanti a me. «Ed è proprio per questo che non puoi interrompere ora.» I suoi occhi verde zaffiro sembravano gemme alla luce del sole. «È proprio la resistenza il tuo punto debole.»

«Sono la Regina» protestai.

Le sue labbra s'incresparono in un sorrisetto. «Ovunque, tranne che nella palestra.» Mi porse una mano per aiutarmi a rialzarmi. «Qui comando io, tesoro.»

Quando fui in piedi, sentii la testa pesante. Dondolavo per la stanchezza.

«Quando mi avrai fatto diventare abbastanza brava,» sibilai tra i denti, «ti farò pentire di avermi allenata.»

«Mi piace quando le donne mi minacciano.» La voce di Eden era roca.

«Maledetto pezzo di mer...» Non riuscii a concludere la frase.

Sollevai la spada di legno e tentai di colpirlo, ma lui semplicemente la schivò.

«Andiamo, Reen, puoi fare di meglio» mi stuzzicò.

Allargai entrambe le braccia e porsi i palmi verso l'alto. Sottile spire di fumo salirmi verso l'alto.

«Ah-ah» cantilenò, muovendo l'indice a destra e a sinistra. «Abbiamo detto niente magia. Non servirebbe a nulla contro le pietre blu dell'annullamento dei discepoli di Zelveen.»

Sbuffai, risentita. Invece di placare il mio potere delle nebbie, lo alimentai facendo aleggiare nella palestra una leggera foschia.

«Aureen,» mi rimbeccò, il sorrisino sulle labbra, «niente magia. Anche perché, non ti converrebbe.» Sollevò le mani come avevo fatto io e sui suoi palmi crepitarono piccoli fulmini violacei.

Eden era un Fae delle tempeste, ma non mi faceva paura. Però aveva ragione: avrei dovuto imparare a cavarmela senza magia.

Presi la rincorsa e, quando gli fui quasi addosso, mi sfuggì un ringhio. Anche questa volta il colpo non andò a segno.

«Menomale che "eri capace a combattere".»

Lasciai cadere la spada a terra e mi portai le mani sulle ginocchia. Tentai di riprendere fiato. «Sono solo stremata» mi giustificai. «E poi, non mi è stato mai concesso di allenarmi sul serio. Un addestratore una volta tanto non vale certo gli insegnanti che hai avuto tu in Accademia.»

Solo una volta detto mi resi conto di aver toccato un tasto dolente. Tirai su la testa e osservai la mascella indurita di Eden. Mi morsi il labbro.

«Cavolo, scusami... Non stavo...»

«No, non ti preoccupare.»

«Davvero, Eden, mi disp...»

«Reen, non ti preoccupare» ribadì lui. «Solo, non parliamone più.»

La Corona di TenebreWhere stories live. Discover now