«Pensavo che avessi adocchiato la rossa lì in fondo.»

La ragazza lo stava spogliando con gli occhi.

«Che ti devo dire? Non c'è due senza tre.» Scrollò le spalle e nascose un ghigno.

Gli assestai una pacca sulla spalla e mi alzai dallo sgabello. «Beh, divertiti.»

Il suo «Puoi giurarci» mi seguì fino alla porta della locanda.

Il cielo era nero e quasi privo di stelle, e l'aria si era fatta più fredda rispetto alla sera prima. Ma il sangue mi pompava caldo nelle vene.

Quando raggiunsi il mio cavallo, l'occhio mi cadde su una macchia di terreno più scura. Mi accovacciai e strinsi i fili d'erba ormai marciti. I segni di Zelveen la Tessitrice erano sempre più visibili. La sua tela di tenebre si stava espandendo.

Il giorno seguente avrei dovuto discutere con Aureen della questione. Dovevamo capire come muoverci. Di certo, non potevamo aspettare che la minaccia ci si parasse davanti in carne e ossa.

Ero inquieto. Una paura fredda mi s'infilò nel petto. Avevo bisogno di calmarmi.

•~•~•~•~•~•~•~

Due crostate, cinque teglie di biscotti, e una trentina di quelle tortine alla glassa che piacevano tanto ad Aureen.

Mi sedetti al tavolo che i domestici utilizzavano ai loro pasti e allentai i lacci della camicia. Si moriva di caldo, lì dentro. Mancavano poche ore al mattino, e non avevo ancora smaltito l'alcool.

Però avevo ritrovato la calma. O meglio, ci avevo provato. La paura per le minacce di Zelveen si era placata, ma il senso di frustrazione non se n'era ancora andato.

Smettila di pensare a lei.

Buttai la testa all'indietro e sbuffai tenendo gli occhi chiusi.

«Dammi tregua» mormorai.

«Posso tornare più tardi...» rispose una voce calda e dolce.

Mi tirai su di scatto.

Aureen era in piedi accanto al ripiano. Indossava una camicia da notte chiara e una veste color porpora slacciata sul davanti. Il tessuto sottile le aderiva perfettamente al corpo e lasciava ben poco all'immaginazione. I riccioli scuri le cadevano sulle spalle.

Strinsi i denti. Era bellissima, cazzo.

«Oh, no... non ce l'avevo con te.»

In realtà sì, ma con la te nella mia testa.

Piegò un angolo della bocca verso l'alto. «Parli da solo, ora?»

Feci spallucce. «Aiuta a schiarirsi i pensieri.»

«Hai pensieri che ti turbano?» Da come lo disse, sembrò volesse stuzzicarmi.

«Come tutti» ribattei, un po' troppo brusco.

Forse ero ancora un filino risentito per la discussione del mattino precedente. Lei, invece, sembrava averla dimenticata.

«Avete bisogno di qualcosa, Altezza

«Sai che non devi usare quell'appellativo con me.»

«Non sembravi pensarla allo stesso modo, ieri» dissi, nello stesso momento in cui lei aggiungeva: «Scusa per quello che ti ho detto ieri.»

Calò un velo d'imbarazzo su di noi.

Lei abbassò gli occhi e si morse l'interno della guancia. Potevo davvero avercela con lei per più di una giornata?

«Non ti scusare, è solo un periodo di merda» mi sentii dire.

Lei arcuò entrambe le sopracciglia in un'espressione tra l'assenso e lo sconforto, intanto che annuiva. «Veramente di merda.»

Lanciai un cenno al bancone ricolmo di dolci. «Beh, potrei avere qualcosa per tirarti su il morale.»

Mi costrinsi a cacciare i mille doppi sensi che mi si affollarono in mente.

Smettila.

Lei, rapida come una mantide, addentò una tortina glassata e si leccò le labbra. «Hai ragione, funziona.»

Sorrisi. Le avrei preparato tutte le tortine che desiderava. Ne afferrai una a mia volta.

«Non riesci a dormire?»

Si pulì la bocca col dorso della mano. «In realtà, ti stavo cercando.»

«È successo qualcosa?»

Scosse la testa. «Volevo chiederti un favore...»

«Basta che non preveda pulire la lettiera di quella tua bestiaccia e ci sto.» Scherzai, masticando.

«Volevo chiederti di allenarmi.»

Quasi mi strozzai. «Che?»

«Hai capito bene.» S'indispettì.

«Reen, va contro il protocollo. Una Regina non dovrebbe saper combattere.»

«Ti stai dimenticando che io so già combattere.» Incrociò le braccia al petto. «Ho solo bisogno di riprendere il ritmo, di affinare la mia tecnica. E tu vieni dall'Accademia. Ma se proprio non vuoi, posso sempre trovare qualcun altro che...»

«Ci sto.»

«Ci stai?» I suoi grandi occhi color nocciola si riempirono di speranza.

Roteai gli occhi. «Dovrò vedermela con una frana, ma sì, ci sto.»

«Dammi tempo, sbruffone.» ghignò lei. «Qualche ora di allenamento e ti ritroverei con il culo a strisce.»

La Corona di TenebreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora