CAPITOLO 11

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Aldebaran spalanca le grandi ali è pronto a riprendere il volo e a combattere di nuovo, Belial si tiene saldo alla sella mentre il drago spicca agile il volo e si libra armonioso nel cielo. Tien Man Ku piomba nel caos, vedere apparire il drago nel cielo proprio da dietro le mura, scatena il panico nella popolazione e nello stesso esercito. Una pioggia di frecce investe Aldebaran, ma queste sono inutili contro le scaglie del drago che nemmeno le sente.

I due volteggiano osservando la città, localizzano le postazioni delle baliste e prima che gli armigeri possano caricarle, Aldebaran scatena il soffio di fuoco distruggendo una dopo l'altra le torrette. Non vi sono più draconiere a impensierire il drago: o sono partite per invadere Gulfing o sono state distrutte, il cielo è nuovamente il suo regno e lui il sovrano incontrastato.

Demone e Drago proseguono a distruggere le torrette e le difese della città, non toccano ancora la piramide ma fanno piazza pulita di ogni aggressore rendendo inermi le difese belliche di Tien Man Ku. Le battaglie hanno stancato i due ma allo stesso tempo sono più decisi e determinati che mai. La città brucia, incendi scoppiano ovunque, gli edifici crollano e un fume acre si innalza dalla capitale ferita. Il Gran sacerdote è in cima alla piramide, con lui i decani e i sacerdoti semplici, evocano assieme una triste litania, un incanto il cui bersaglio sono drago e demone.

"Aldebaran." Belial indica al drago la cima della piramide. "Lanthis mi ha sempre detto, se hai a che fare con chi sa la magia, pestalo prima che possa concludere l'incanto." Non che siano le parole esatte delle dalla demone, ma Belial ha fatto suo il concetto del prima picchia poi fai domande, Aldebaran non se lo fa dire due volte e maestoso inspira accumulando aria nella sacca per poi scaricare un cono di fiamme contro i Sacerdoti.

In cima alla piramide è il caos, la fiammata interrompe l'incanto che non viene completato, una parte dei sacerdoti viene investita dalle fiamme e perisce immediatamente, il gran Sacerdote appena riesce a richiamare uno scudo difensivo che gli da giusto il tempo di mettersi in salvo lasciandosi alle spalle corpi carbonizzati, ceneri e ustionati che si lamentano morenti. Il suo impero sta crollando, ma ha ancora la Regina e tutta la magia assorbita e accumulata dalla piramide, uno spreco immenso usarla tutta, ma per fermare i due aggressori il sacrificio diviene necessario.

Il Gran Sacerdote entra nella cupola a forma di punta d'oro in cima alla piramide lasciando fuori la sua setta morente, non si preoccupa di aiutare i feriti abbandonandoli al loro destino, i pochi superstiti sono alla prese coi moribondi e nemmeno si accorgono che il loro capo li ha abbandonati. Al centro della cupola una sfera di pura luce dorata fluttua nell'aria, la magia accumulata dalla piramide è li tutta sua, non gli occorre altro che toccarla e assorbirla. Il Gran Sacerdote tende la mano e sfiora la superficie, percepisce un gran calore e un formicolio sulla punta delle dita, che poi si espande in tutto il suo corpo mentre la magia lo avvolge luminosa. Non sa che effetto possa fare al suo corpo tanta energia ma non gli importa vuole distruggere il nemico.

La magia penetra in lui, in ogni sua cellula, magia antica, magia dei draghi e dei demoni, ne plasma il corpo mutandolo mentre la luce diviene sempre più abbagliante. Un flash simile a quello di un fulmine illumina il cielo, la cupola della piramide si spacca e cade ferendo i fianchi della struttura e spazzando via i corpi e i pochi sacerdoti rimasti. Al vertice della piramide prende forma un'immensa creatura alata, un mostro taurino: corpo antropomorfo, mani e piedi artigliati, pelle scura e pelosa all'altezza del petto. Grandi corna taurine ricurve e un volto trasfigurato da fattezze bestiali, dalla bocca spuntano fauci affilate. La bestia è rannicchiata, la sua figura si gonfia e infine spalanca le ali nere come la notte ruggendo contro il drago. Il Gran Sacerdote è ormai irriconoscibile, una bestia feroce, creata dalla magia, di oltre dieci metri di stazza, muscoli d'acciaio e ferocia da fiera.

"Quello sarà una rogna." Belial e Aldebaran osservano il mostro ergersi in cima alla piramide, gli artigli affondati nelle pietre che vengono segnate da profondi solchi. Il demone da voce al pensiero di entrambi, ma Aldebaran non si tira indietro risponde al ruggito con un altro ruggito e si scaglia contro l'avversario, molto più piccolo di lui ma molto più agile.

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