1. Nobody smart plays fair

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Il Suerte Palace portava il nome della fortuna, ma la fortuna era esattamente ciò che mancava a chiunque mettesse piede al suo interno

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Il Suerte Palace portava il nome della fortuna, ma la fortuna era esattamente ciò che mancava a chiunque mettesse piede al suo interno.
Gremito di sognatori a qualsiasi ora del giorno e della notte, sfavillante nella sua opulenza, si ergeva tra le strade di Las Vegas, la città in cui ogni sogno diventa realtà.
O almeno così si diceva, visto che abitavo lì da ventun anni e tutto ciò che avevo visto realizzarsi erano i miei incubi.

«Buonasera, Karma.»

Non ricordavo di preciso il giorno in cui avevo iniziato a lavorare al Suerte. Sicuramente non ero abbastanza grande da conoscere il significato più profondo della parola "karma", il nome d'arte che mi ero scelta, ma con il tempo gli avevo attribuito un significato in sintonia con la mia personalità. Mi piaceva pensare che il bene attirasse sempre altro bene e il male attirasse sempre altro male: era la mia semplice filosofia, un modo diverso per dire che il mio rispetto era riservato solo a coloro che facevano qualcosa per meritarselo.

«Buonasera a lei, signor Olsen.»

Il Suerte Palace era uno dei casinò più lussuosi della città, caratterizzato da enormi arcate d'oro ed eleganti scalinate in marmo luccicante. Come in ogni casinò, la musica elettronica risuonava nell'aria, creando un sottofondo ipnotico che sembrava promettere ricchezza e successo a chiunque osasse scommettere. Il tintinnio delle monete d'oro nelle slot machine, le risate dei clienti euforici e ubriachi, il suono dei dadi che rimbalzavano sui tavoli da gioco.

«Blackjack uno contro uno, per favore.»

Migliaia di persone ogni giorno mettevano piede al suo interno colmi di speranza e aspettativa, ma quello che nessuno sapeva era che il Suerte Palace era truccato. Qualsiasi gioco era manomesso, che fosse una roulette, una slot machine o il poker. La politica del casinò era molto semplice: la priorità era assicurarsi che le probabilità fossero sempre a favore della casa. I giochi sembravano imparziali, ma dietro le quinte gli algoritmi e le statistiche erano manipolati abilmente per garantire profitti sempre crescenti.

Le ruote della roulette giravano con una leggera inclinazione, le slot machine erano programmate per ridurre la probabilità di più vittorie consecutive, i mazzi di carte erano gestiti con abilità per favorire il banco. Era un gioco sleale, ma il Suerte era maestro nell'arte di convincere i giocatori che la fortuna fosse ancora dalla loro parte.

«Cinquanta gettoni come sempre, vero?»

Le carte scorrevano rapidamente nelle mie dita mentre mescolavo il mazzo e osservavo il mio cliente con tranquillità. Lo conoscevo bene: veniva al Suerte esattamente il primo sabato di ogni mese per giocarsi metà dello stipendio. Una partita a blackjack, un giro alle slot, la roulette, e infine a casa da moglie e figli con le tasche più leggere di quanto non fossero quando era entrato. Ingannarlo era molto semplice, al punto che ogni tanto provavo compassione e gli lasciavo racimolare almeno qualche spicciolo da riportare a casa.

«Non hai neanche bisogno di chiedere, lo sai», il signor Olsen mi rivolse un occhiolino divertito, al quale risposi con un sorriso accondiscendente. Gentilezza e professionalità: erano quelle le carte vincenti per guadagnarsi la fiducia di qualsiasi cliente.

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