Prologo

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'Le combinazioni perfette sono rare in un mondo imperfetto'

– Peter Hale, Teen Wolf

La mia storia non inizia da me. Per nulla. Per parlare di me ho bisogno di parlare anche di lei, colei che mi ha aiutato a diventare l'uomo che sono ora. Quindi devo iniziare da un piccolo cavaliere che sognava di rincorrere il vento e quando si stancava troppo si fermava, prendeva un respiro, e alzava gli occhi al cielo. Aveva il desiderio di catturare una stella e portarla dalla sua principessa, ma la stella cadeva creando una scia troppo luminosa e lontana, così il cavaliere credeva e pregava di rivederne un'altra per poter desiderare di portarne, prima o poi, una alla sua bellissima principessa. Un giorno ci riuscì, ma andiamo per gradi.

12 agosto 2006, Gallipoli

Quel giorno non era il fantomatico San Lorenzo, ma per noi si. Eravamo lì, con i nostri papà e le nostre mamme a festeggiare le stelle, quelle che brillano ogni giorno per noi.

Il giorno festivo che tutti in estate bramano, quell'anno non era stato possibile festeggiarlo il 10 di quel mese perché i nostri genitori lavoravano, ma loro ci tenevano a farci passare una serata immensa e speciale e così eravamo lì, sulla spiaggetta vicino casa.

Devo ammettere che, se lì per lì il bambino che ero aveva fatto una faccia riluttante alla vista della spiaggia vuota, man mano che gli anni passavano la amavo sempre di più. Niente musica popolare, niente gente che urla, ride, si sbraccia o gioca a palla colpendoti. Solo il silenzio riempito dal vento e dalle onde, il profumo di mare che sovrastava quello della grigliata che papà stava assistendo.

Il vento tiepido mi fece rabbrividire e il mio naso fu circondato da gote arrossate per via delle corse infinite che percorrevo sulla sabbia fredda con Crystal. Il mare ondeggiava e sciabordava creando una ninna nanna che mi fece rilassare appena mentre sorridevo. Lei invece rideva, la sua risata sempre spensierata; 'Assomiglia al miele', riuscì a pensare quando avvertì perfino l'acquolina in bocca. Ma la sua ilarità mi ipnotizzò ancora una volta e fece ridere timidamente anche me mentre annaspavo implorando ai polmoni più aria per continuare a correrle dietro.

«Principessa non correre, non sono veloce quanto te», urlai accelerando ancor di più per cercare di starle dietro.

«Mio cavaliere dovresti proteggermi dal vento», rispose lei correndo ancor più veloce contro vento. Principessa..., no, più bella di così, neanche Venere la eguagliava e mai lo potrà fare. Bellezza... una virtù che conservò negli anni avvenire.

I suoi capelli bruni e lunghi accompagnavano tutta la sua schiena e saltavano da una parte all'altra, alternandosi veloci come i suoi piedini da bambina di sei anni. Finalmente la raggiunsi e, con ingenua dolcezza, le presi la mano e ci mettemmo a correre verso la riva.

Erano le 22.30 circa, ci sedemmo dove il mare ci sfiorava le dita con la spuma e ci mettemmo a naso in su a osservare le stelle che da sempre affascinavano i nostri cuori, anche all'età di sei anni in quel lontano 2006.

«Sammy guarda! Una stella cadente!», mi disse e io veloce alzai il volto, l'avevo persa.

«Cavolo, non l'ho vista!», esclamai tristemente e misi il broncio come i bambini sono soliti fare.

«Tranquillo, ho appena desiderato che...», la interruppi subito, impedendole di parlare premendole la mia manina sulla bocca.

«Ferma! O il tuo desiderio non si avvererà!», le urlai contrariato e con la serietà che un bimbo mette in queste stupidaggini.

«Uffa, e va bene», si imbronciò, tornando a guardare in alto, speranzosa. Io la guardai e risi.

«Che c'è?», chiese facendo una faccia ancor più buffa di prima.

«Niente, è che stavi così!», dissi replicando la sua faccia impacciata ma estremamente dolce di poco prima e lei scoppiò in una risata, coinvolgendomi come sempre.

Dio la sua risata, quanto mi faceva stare bene, anche il solo ricordo, a distanza di quasi vent'anni.

«Sam! Sasty! Non vi aspetteremo ancora a lungo per mangiare!», gridò mia madre per farsi sentire da una ventina di metri di distanza.

«Andiamo Principessa?», le chiesi alzandomi e porgendole la mano.

«Ok, mio cavaliere», si alzò anche lei e insieme tornammo dalle nostre famiglie per mangiare sotto un cielo che sembrava maledettamente dipinto per quanto era perfetto. Il mare che rifletteva le luci dei pescherecci all'orizzonte e delle stelle stesse rendeva il tutto ancor più magico ai miei occhi.

Ricordo che, dopo aver mangiato, infastidimmo i nostri papà lanciandogli la sabbia mentre smontavano la piccola tenda montata nel pomeriggio e, subito dopo, ci incamminammo verso le nostre case. Una volta arrivati io e Crys ci salutammo con un abbraccio e una promessa che avremmo mantenuto per lustri, ogni giorno, tutti i giorni.

«A domani!», esclamammo in coro, avviandoci ognuno con la propria famiglia alle nostre case.

Notte stellataWhere stories live. Discover now