Ho lasciato lo skateboard da Denki, portarlo con questo freddo mi avrebbe dato fastidio, e con le pozzanghere a saccheggiare l'asfalto non sarebbe stato saggio strisciarci sopra.

Sento le labbra che mi tremano come se fossero state a contatto con brina gelata.

Mi piace il freddo, per le coperte, lo scaldino e la stufetta collocata all'angolo del letto, e poi, un bel pasto caldo a riscaldarti la gola che ti si scioglie dentro lo stomaco.

Non mi piace sentirlo, però.

Lo adoro quando sto dentro casa, perché mi fa sentire coccolato, al contrario del caldo che è tutto un ghiacciolo e delle eliche di un ventilatore che ti girano intorno sperando di sollevarti.

C'è qualche lampione che illumina le case ordinate una accanto all'altra.

I vetri delle finestre sono illuminati e s'intravede qualche silhouette che girovaga dentro.

Sono l'unico fuori, ma la pioggia ha sembrato rallentare così ho colto l'opportunità per ritornare a casa, dopo aver passato due giorni a dormire in un letto non mio.

Svolto a destra e incrocio un vicolo dove sorge poi una grande strada, illuminata da lanterne accostate ad ogni porta di ingresso.

C'è una persona, fuori, seduta su degli scalini di una piccola veranda dove a malapena contiene delle piante per ravvivare l'ingresso.

Riesco a scorgere i capelli rossi e mi accorgo che questa è proprio la via di casa sua.

Non vedo bene cosa sta facendo, mi avvicino come un cerbiatto curioso che si addentra in un bosco sconosciuto.

Sento qualcuno che borbotta, in sottofondo, una voce quasi robotica.

Ha il cellulare fra le mani e la tavola di legno che ruota sotto i suoi piedi che indietreggia e avanza a suo piacimento.

Una graziosa sciarpa rossa fatta all'uncinetto gli gira intorno al collo, e un largo maglione di lana beige lo veste fino alle cosce.

Tento di apprendere cosa sia quella voce velata che mi pinza le orecchie, e avvicinandomi ancora un po' mi arriva chiara come uno schiaffo.

È un video su YouTube, suppongo.

«Allora, ragazzi! Se desiderare fare un Ollie, ma siete alle prime armi, vi consiglio di... »

I miei occhi lo fotografano con quel viso imbronciato, increspato di lineette corrucciate sulla fronte, concentrato ed immerso verso lo schermo.

Mi avvicino a passo leggero, aggrappandomi alle tasche profonde del cappotto che mantengono le dita sottili al caldo.

«Spegni quell'affare, non sei assolutamente pronto per fare quella roba, più tosto, impara a stare in equilibrio, prima.» I suoi occhi scattano su di me, guardinghi, chiedendosi chi fossi. Le sue pupille si intrufolano dentro le mie, guardandoci dentro per un attimo e mi sento tremare.

Sorpreso della mia presenza a quell'ora della serata, e inizia a sorridermi con quelle arcuate e brillanti labbra rosse ed enigmatiche.

L'ultima volta l'ho visto al fast food.

Tutta la giornata, poi, l'avevo passata con Denki, a raccontargli a mio malgrado, come una cagna in calore, della mia sveltina fatta in bagno, durata poco di più di cinque minuti, come un dodicenne che scopre la meravigliosa anima degli ormoni.

Non gli diedi dettagli accattivanti, di quelle quattro mura bianche del WC di un fast food di un piccolo paese. Gli raccontai però, di come mi sono sentito in quella situazione di... disagio.

Under Life -Kiribaku-Where stories live. Discover now