C𝒶 p𝒾tℴlℴ 5

33 8 48
                                    

Mya
𖥸







Quella giornata non era iniziata nel migliore dei modi. Avevo bucato una routa a pochi isolati da casa mia e mi ero recata all'officina più vicina. Peccato che fosse ancora chiusa. E, per un brutto scherzo del destino, avevo beccato proprio quella in cui lavorava Friedrich Becker. E, come se non bastasse, ero finita anche sotto casa sua. Si era offerto di cambiarmi la ruota nel suo garage, consigliandomi anche di vedere come si facesse.

Come ciliegina sulla torta, a fine opera, mi aveva anche ceduto un cornetto che non gli andava più.
Lo avevo accettato solo per non essere sgarbata (nonostante lui, invece, non si facesse il ben che minimo scrupolo) e me n'ero andata, ignorando il suo sguardo fisso sulla mia macchina. O meglio, su di me che ne ero alla guida.

Durante il tragitto verso l'ospedale avevo cercato di non pensare al modo in cui i suoi occhi mi avevano guardata per tutto il tempo; mi convinsi che magari ero stata io a fraintendere quegli sguardi. Dopotutto, mi mostrava sempre alla grande quanto mi considerasse una palla al piede - parole sue.

Tuttavia, non potevo negare che avevo percepito una particolare tensione tra di noi: anche a un metro di distanza pareva che le scintille si accendessero. Non potevo essermelo immaginato. No?
E non potevo neanche fingere che non lo trovassi attraente; aveva sex appeal. E un po' mi innervosiva il fatto che non ne fossi immune.

Ma come facevo a restare indifferente davanti a quello sguardo che mi ammaliava come una calamita e quella bellezza celata dietro le sue ombre?

Scossi il capo, concentrata in quei pensieri. Ci mancava solo prendermi una sbandata per che nemmeno conoscevo... e, per giunta, scontroso e presuntuoso.

Friedrich era proprio l'opposto di quello di cui avevo bisogno. Perciò non dovevo neanche perdere tempo a pensarlo.

E poi... molto probabilmente non l'avrei più rivisto.

Quindi un motivo in più per dimenticare la sua esistenza e lasciarmi alle spalle i nostri incontri spiacevoli. Perché non potevano essere altro che questo... no?

«Ciao, ciao e tanti saluti, Friedrich». Dirlo ad alta voce mi fece sentire matta, ma mi aiutò a liberarmi.

Riportai così tutta la mia attenzione sulle cartelle che il dottor Stanford - il mio superiore nel reparto in cui lavoravo - mi aveva chiesto di controllare.

Ero ormai concentrata a pieno in quello che stavo facendo quando lo bussare alla porta spezzò quella magia.

«Avanti».

La porta si spalancò e da lì sbucò Cassandra, o meglio, Cassy - come preferiva farsi chiamare. «Mya, perdonami. Non vorrei interromperti, ma c'è bisogno di te».

Scattai letteralmente in piedi, lasciando cadere la penna sua scrivania. In un battere d'occhio ero entrata totalmente nei panni dell'infermiera. «Che succede?»

Cassy era preparata ed esperta quanto me (se non di più). Ma se stava chiedendo aiuto, allora c'era qualcosa di cui preoccuparsi.

«Tranquilla, non è nulla di allarmante». L'aria tornò ad entrare ed uscire regolarmente dai miei polmoni. «È che al signor Grooger bisogna cambiare l'acqua con l'ossigeno. Ma lui si rifiuta. Dice che devi essere tu a farlo». Si buttò dietro le spalle la coda bionda e sospirò. «Vuole un'infermiera "giovane e brava" - ha detto. Come se io fossi vecchia e cattiva!».

CHAOSWhere stories live. Discover now