XI

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Isaiah era l'unico detenuto, oltre Airton, la cui storia mi incuriosiva più del normale. Sin dalla prima volta che l'avevo visto mi aveva dato l'impressione di essere un controsenso in carne ed ossa, infatti ancora ora non riuscivo bene ad inquadrarlo, sia come persona che come detenuto.

Era uno dei buoni? Era uno dei cattivi?

L'unica cosa che ero riuscita a captare dal suo comportamento era la sua spiccata furbizia, frutto di un'intelligenza su cui sicuramente aveva lavorato per molto tempo. Si atteggiava come se sapesse la risposta a qualunque domanda, ma difficilmente te ne donava una.

Se fissavi troppo i suoi occhi azzurri finivi a rabbrividire come se fossi lì fuori, con i piedi nudi sepolti dentro la neve. E i suoi capelli biondi, il cui taglio era corto come quello dei militari, davano al suo volto il ritratto finale di un ragazzo quasi uomo che sembrava tutto d'un pezzo, impossibile da scalfire.

Eppure era qui, rinchiuso in un carcere di massima sicurezza in un'isola cosparsa di neve, a scontare la pena che si era meritato per i crimini che aveva commesso. Quale fossero questi crimini non lo sapevo ancora, non avevo ancora studiato il suo fascicolo.

Questa era solo la seconda volta che veniva nel mio studio, non avevo avuto molto tempo per seguire coloro che non volevano essere seguiti da me. Airton era un caso a parte da tutti gli altri.

Mi aggiustai i jeans a vita alta e mi assicurai che il maglione bianco non coprisse in alcun modo la collana che portavo al collo prima di aprire la porta del mio studio, dove Isaiah mi attendeva seduto in maniera composta di fronte alla mia scrivania. Indossai il camice bianco e presi posto anch'io.

«Buon pomeriggio, Isaiah». Mi sporsi lievemente in avanti per regolare la musica che fra qualche secondo avrebbe riempito lo studio, percependo la pesantezza del suo sguardo sulla pelle.

«A te». Rispose educato, poco prima di avanzare una richiesta che nessuno mi aveva mai fatto fino a quel momento. «Posso chiederti di cambiare canzone? La musica classica mi fa venire voglia di strapparmi la pelle a morsi».

Il suo sorriso tirato mi stupì. Quel tipo di musica doveva essere legato a brutti ricordi per reagire in questo modo. «Certo. Che tipo di canzone ti piacerebbe? Tanto la usiamo solo come sottofondo, non si sentirà moltissimo».

«Non lo so, non ascolto musica da molto tempo. Non ricordo neanche più le mie canzoni preferite. Scegli tu». Si strinse nelle spalle e io mi sentii un'idiota per aver dimenticato per un secondo la crudeltà del luogo in cui ci trovavamo.

Mi sfiorai le sopracciglia con i polpastrelli in un gesto imbarazzato in un primo momento, tirando poi fuori una cassa per la musica da uno dei cassetti. Una volta accesa si collegò automaticamente al mio telefono, mentre io sfogliavo una delle mie tante playlist su Spotify.

Non c'era una canzone adeguata per questo momento in nessuna di esse, erano tutte troppo tristi o troppo felici. Finché non mi tornò in mente la canzone con cui ero in fissa da un paio di giorni, una scoperta totalmente a caso mentre scorrevo su Tik Tok nelle piccole pause fra una seduta e l'altra.

Looking Too Closely di Fink si espanse dolcemente in tutto lo studio e le mie gambe iniziarono a muoversi spontaneamente a ritmo di musica. Era una cosa che mi capitava di fare quando ero concentrata su qualcosa, sembrava quasi che mi cullassi da sola.

«Questa ti va bene?».

Rispose alzando le spalle con fare incurante.

«Allora, Isaiah, c'è qualcosa in particolare di cui vuoi parlare?».

«Dei tuoi fantastici capelli, sembrano molto morbidi». Vidi la sua mano sfrecciare al lato del mio viso, sfiorandomi il ciuffo biondo ben acconciato con il dorso di un dito. «Lo sono. È il tuo colore naturale questo?».

The Not HeardWhere stories live. Discover now