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I nostri primi due incontri erano stati a dir poco disastrosi a livello sociale; certo, ci eravamo portate molto avanti con il compito, molto più avanti di quello che avrei fatto da sola, non potevo mica lamentarmi. Ma la nostra amicizia? Nemmeno l'ombra. Le nostre conversazioni si limitavano a un 'ciao' (se ero fortunata, tutto d'un fiato, senza balbettare) e tutto ciò che riguardava la filosofia di Epicuro, interrotti da risate nervose e battute fuori luogo che non facevano davvero ridere nessuna delle due. La nostra ironia era assurdamente simile, il problema era che forzavamo battute senza che ce ne fosse l'occasione. Della serie "voglio farti ridere, ma non so come". Non sapevo più che pesci pigliare, ero totalmente persa: non avevo più speranze, 0, vuoto totale. Per quanto ci provassi, non riuscivo mai a comportarmi in maniera normale di fronte a Jihyo. Mai. Io, da stupida, avevo pensato fosse fattibile; insomma, bastava ricordarsi come mi comportavo con le altre mie amiche e farlo anche con lei, no? Era facile! Lo facevo tutti i giorni! Ma no. Per quanto ci avessi sperato, quella tecnica non aveva decisamente funzionato. E quindi eccomi, in un mare di niente, ancora incapace di spiccicare una parola e controllare il mio povero, dolorante, cuore perdutamente innamorato. Dio, salvami. (Fa ridere perché io, in Dio, nemmeno ci credevo.)

Silenzio tombale tra le pareti della biblioteca. Un sospiro.

-Ah, questa è la mia parte preferita! La parenklisis, più conosciuta come clinamen. E'- è il modo in cui Epicuro giustifica il caso.

Nei nostri incontri, avevo potuto osservare come in realtà Jihyo fosse molto più insicura di quello che dimostrava di essere: tutta quella facciata era solo un meccanismo di sopravvivenza, ma lei era particolarmente brava a fingere che fosse vero. Oh, quanto volevo essere come lei. Certo, non era perfetta come l'avevo sempre vista: si imbarazzava facilmente, aveva un umorismo discutibile (come già specificato) e, come me, a volte si incespicava nelle sue stesse parole. Però, dal mio punto di vista, era sempre un angelo. La manna scesa dal cielo. Il personaggio super raro che non riesci mai a trovare nei videogiochi. Il mio innato complesso di inferiorità peggiorava tantissimo in sua presenza, e mi sentivo come se non fossi nessuno e non potessi niente davanti a lei, però... però era Jihyo: avrei preso quello che potevo prendere, finché potevo prenderlo. Meglio di niente. Poteva pure calpestarmi, e non avrei battuto ciglio. Nonostante le mie paranoie, assurdamente, eravamo molto più simili di quello che potesse trasparire dal nostro comportamento usuale, e forse era proprio per quello che nessuna delle due osava fare il primo passo.

-Oh, sì, penso- penso di aver ascoltato, quella lezione.

Jihyo accennò a una risatina.

-Ah sì? Strano.

Il suo tono non era mirato ad offendere. Lo distinsi subito da quello odioso delle nostre compagne di classe, che mi prendevano in giro mascherando le offese con mezzi scherzi. Il tono di Jihyo era un tono ben preciso, e si poteva tradurre più o meno così: "Non ti voglio offendere. Mi hai dato l'occasione per scherzare, e io l'ho colta. Spero ti faccia ridere, ma non mi aspetto niente.". Mi piaceva quel tono. Significava un passo in avanti nella nostra (circa) amicizia. Risi anche io.

-Non è che- non è che non mi piaccia la filosofia, eh. È che stare attenta... stare attenta è un attimo difficile per me, ecco.

Jihyo, ancora sorridente, spostò lo sguardo sul suo libro, sfogliando alcune pagine. Era bellissima. Il sole entrava dalla finestra, e donava riflessi dorati ai suoi capelli castano chiari. Amavo come le stavano, anche se non era il suo colore naturale: lei stava bene con tutto. Non sarei mai riuscita a trovare qualcosa che seriamente mi dispiacesse della sua persona.

-Lo so. Sei sempre distratta. Ti vedo sognare ad occhi aperti.

Mi vede? Presta attenzione... a me? La guardai con sguardo interrogativo.

of study sessions and crumpled notes.Onde histórias criam vida. Descubra agora