Che avesse "libero accesso" a tutte quelle giovani ragazze non era una cosa positiva. Avevo incontrato per anni uomini potenti come lui a causa del lavoro di mio padre, uno di quelli a cui bastava uno schiocco di dita per ottenere ciò che più desideravano, compresi dei rapporti poco consensuali con ragazzine che venivano pagate per vendere il loro corpo e non comprendevano quanto tutto quello fosse sbagliato.

Scorrendo fra le foto più vecchie, di uno o due anni prima dei crimini commessi da Airton, alla ricerca di una sola foto con suo figlio, il mio dito si arrestò da solo. Cliccai la foto di suo padre con cinque ragazze alla sua sinistra e cinque alla sua destra, zoomando sul viso di una dagli artificiali capelli rossi e gli occhi celesti. Aveva addosso un bikini striminzito e una scocca sulla parte destra del corpo, sembrava un concorso di bellezza locale.

Quel viso lo avevo già visto, quegli occhi dal colore così chiaro mi aveva già trafitto con una spada. E quei capelli rossi, così inusuali e palesemente frutto di continue tinte, io li avevo già visti.

Sparpagliati in un pavimento ricoperto dallo stesso colore, dove si differenziavano a malapena i suoi capelli dal sangue scarlatto e liquido che ricopriva le mattonelle in pietra. Come una furia agguantai il fascicolo di Airton e disposi le foto dei cadaveri delle vittime sul letto, accostando il viso di quella ragazza a quello di uno dei cadaveri.

Mi si mozzò il respiro perché era lo stesso. Era lei, la ragazza che un paio di anni dopo era diventata la sua fidanzata e che lui aveva brutalmente ucciso. Era stata la sua prima vittima.

Salvai immediatamente la foto nella galleria del mio iPad, se mai gli fosse venuto in mente di cancellarla dal suo profilo Facebook.

Mi lasciai cadere sul letto, continuando ad osservare la foto del prima e la foto del dopo. Che ci faceva il padre di Airton con la prima vittima del figlio? Era solo una crudele coincidenza o era il primo perno che collegava le frasi criptiche di Airton alla verità?

Controllando distrattamente l'ha sul telefono mi venne quasi un colpo, ero sulla soglia del ritardo. Cancellai la cronologia e ogni traccia delle mie ricerche, chiudendo l'IPad e lasciandolo sulla mia scrivania. Mi aggiustai in fretta e furia i capelli, indossai la collana e mi spruzzai addosso un quantitativo esagerato di profumo.

«Nicole, come stai? Sei pronta?». Sentii urlare dall'altra parte della porta. «Non vorrei metterti fretta, ma sei già in ritardo!».

«Sì, Daneen, arrivo!». Dopo essermi controllata per l'ultima volta allo specchio, agguantai la borsa e il cappotto e uscii dalla mia camera.

Ci incamminammo verso la prigione, stringendoci nei cappotti pesanti per provare a scaldarci dalle bassissime temperature che colpivano le mattine di quell'isola sperduta. In lontananza vidi Vince aspettarci all'entrata della prigione malgrado il vento gelido che gli sferzava il viso, muovendogli i ciuffi più lunghi.

«Sei pronta ad un'altra giornata passata a provare ad estrapolare qualcosa ai tuoi detenuti?». Daneen ironizzò sulla nostra grave condizione di vita delle ultime settimane.

Un piccolo sorriso mi curvò le labbra. «In realtà ultimamente sono molto bravi, credo stiano iniziando a fidarsi di me. A parte qualche soggetto in particolare».

«Le pecore nere, ahimè, ci sono ovunque». Sospirò.

La presi in giro allo stesso modo. «E tu, invece? Sei pronta ad un'altra giornata a-». Ci pensai su, scoprendo che non avevo la più pallida idea di cosa facesse Daneen nell'effettivo. «Cos'è che fai tu esattamente?».

Scoppiò a ridere. «Come ti ho già detto, il mio ruolo qui è tradurre quasi tutte le conversazioni che avvengono lì dentro considerando le diverse nazionalità dei detenuti. Quando ho accettato questo lavoro non sapevo che cosa avrei dovuto tradurre, con il senno di poi avrei scelto un lavoro diverso. Quello che faccio mi fa sentire sbagliata». Si mostrò triste ed io mi sentii sempre più confusa.

The Not HeardWhere stories live. Discover now