PROLOGO

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"Un fiore cresciuto dalla grandine
non sarà mai come un fiore
cresciuto dalla pioggia."


"Cosa ho sbagliato?"
La stessa domanda rimbombava nella sua testa.
Credeva di essere l'errore, ma non sapeva dell'esistenza di menti disturbate e contorte: era solo una bambina.
Lo sguardo era spento, fisso sulle sue mani piccole e arrossate. I capelli corvini ricadevano arresi al suolo e il corpicino se ne stava rannicchiato nel solito angolino, ad aspettare che l'incubo finisse.
Ma più il tempo passava, più lei moriva insieme alla speranza.
Passavano ore prima che il dolore si attenuasse ma, ogni volta che provava un po' di sollievo, il mostro faceva il suo ingresso nella stanza.
Era alto, di stazza robusta, occhi nero cenere, capelli invecchiati ma curati e corti, volto straziato e anima disturbata.
Si avvicinava a passo lento, la fissava negli occhi e si faceva beffa delle richieste tacite che in essi leggeva.

Nella mano sinistra reggeva una cinta, sottile e all'apparenza innocua, ma la bambina sapeva che non lo era.
Nella mano destra una foto in un ciondolo a forma di stella con una frase incisa sopra:"Я тебя не отдам".

La scena era sempre la stessa: il mostro guardava la bambina, il ciondolo, la cinta e una delle solite frasi usciva dalla sua bocca: "è colpa tua Edith" , "Se solo tu non ci fossi stata", "lei sarebbe ancora qui. Con me", "l'hai uccisa", "mostro"
Lei guardava in basso porgendogli le mani tremule e il mostro agiva.
Scagliava la sua frustrazione sulla bambina ma lei non piangeva.
N

on gli avrebbe mai concesso la soddisfazione di vederla soffrire come stava soffrendo lui.
Si sarebbe liberata non appena il mostro se ne sarebbe andato e i pupazzetti nella stanza fossero tornati i suoi unici amici e non fossero più stati gli astanti.
Loro erano tanti e sparsi ovunque nella stanza. Erano di tutte le forme e colori, ma un segno nero sulle mani li accomunava tutti.
La bambina glielo aveva fatto.
Voleva che le assomigliassero. D'altronde gli amici fanno così: si fanno tatuaggi metchati, capelli dello stesso colore, le unghie con l'iniziale dell'altra...
Ma lei questo non lo poteva fare.
Del mondo non ne sapeva niente e il mondo non sapeva niente di lei.
Dopo i suoi cinque anni di vita non aveva più abbandonato quella stanza. Era il suo luogo sicuro, il luogo in cui poteva fare quello che voleva, nessuno poteva giudicarla li.
Non vedeva la sua città da troppo tempo, se ne stava sempre nel suo angolino spoglio, a leggere con Poppy: un piccolo peluche a forma di balena per cui lei andava matta.
Le piaceva perché era piccolo, come lei, e glielo aveva dato sua madre.
Ogni volta che stava con quel pupazzetto si sentiva amata e appena guardava nei suoi occhi inanimati vedeva le sfumature verdi di quelli di sua madre.

***

"Le balene sono le regine dei mari"
Le aveva detto, mentre le spazzolava i capelli ordinati e corti.
La bimba si voltò ad osservare la madre da testa a piedi.
Era una donna bellissima, elegante, intelligente e gentile.
Edith la ammirava tanto.
Amava il suo modo unico di vedere le cose: riusciva a vedere la bellezza anche dove non ce n'era e ne parlava come se fosse "la cosa più bella che avesse mai visto ".
"Come fanno ad essere regine di qualcosa così grande se sono così piccole?"
La risposta non tardò ad arrivare accompagnata dalla solita sicurezza

"Perché nessuno riesce a comandarle. Loro hanno pazienza e sono senza paura, hanno tutte le qualità per essere invidiate."
Quella donna riusciva sempre a sorprendere Edith.
Risposte corte ma precise, che non lasciavano spazio a obbiezioni.
Ma la bambina non capiva comunque.
"La pazienza è noiosa, non può essere una qualità" Pensò tra se e sé.
Non indagò, fidandosi della parola della madre.

Edith si tornò a girare guardando il suo riflesso sullo specchio, permettendo alla mamma di riprendere a pettinarle i capelli con delicatezza.
Come faceva a mettere tutta quella passione anche in gesti così semplici?
Sua madre poteva essere associata ad un fiore: era delicata, bella, appariscente. Una rosa senza dubbi.
Forse una di quelle rosa, delicate da fare male.
Ogni rosa ha le spine ed ogni rosa ha le sue motivazioni.
"diventerai una donna bellissima, lo sai?"
Le riflessioni della Rosa ammazzarono il silenzio nella stanza.
Edith la guardò dallo specchio rattristata, non voleva pensare al futuro.
Sapeva benissimo cosa esso le riservava.
"Vorrei che te mi vedessi diventarlo invece di immaginartelo, ma non puoi. Mi lascerai da sola."
Edith non si lasciava illudere dalle false speranze con cui i dottori convincevano i parenti.
Lei lo vedeva, fronteggiava la stessa falce ogni giorno.
La morte non aveva pietà, neanche di un' anima bianca.
"Ya tebyà nikomù ne otdàm, anche da lassù non ti lascerò."
La Rosa sfoggiò un sorriso sincero, ma
il silenzio calò di nuovo, riempiendo la stanza di dubbi, colpe e riflessioni.
cosa le aveva appena detto?
Quando la Rosa parlava nessuno poteva capirla, perché nessuno aveva una mente così profonda.
Essa si alzò in tutta la sua eleganza e lasciò la stanza, lasciando Edith da sola per qualche minuto.
Tornò entusiasta con una sorpresa tra le mani.
"conservala e non darla mai a nessuno, parlale quando ti senti sola e tienila sempre con te. Sarò sempre con te se tu sarai sempre con lei."

****

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⏰ Last updated: Oct 30, 2023 ⏰

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