Cap. 1(1 di 4) - 1°Giorno. ORE 00:00

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Tra la libertà e la felicità,
la maggior parte degli uomini sceglie la felicità.
G. Orwell, 1984


Piccola Shangai esterna, IX Anello: stazione di servizio.

  «Mai più» sussurrò Penny.
  «Mai più» fece eco Gottlob.
  «Sarà la fine di ogni schiavitù, non solo della nostra, amore mio.»
  «L'inizio di un mondo nuovo. Di un mondo per tutti... per noi.»
  Penelope e Gottlob si trovavano in una stazione di servizio autostradale, una di fronte all'altro, in piedi, e reggevano a quattro mani una bottiglia di whisky.
  Dall'auto, cantava Janis Joplin, Summertime. Sullo sfondo, dietro di loro, ondeggiava un gigante gonfiabile con i polsi incatenati; il suo ditone segnalava l'inizio del IX Anello, quello che conduceva a Piccola Shangai chiusa.
  Non appena i due sollevarono le braccia per frantumare in terra la bottiglia, come gesto di buon auspicio, ecco che invece il whisky gli esplose fra le mani, bagnando petto e pancia di entrambi.
  «No, non andrà così. Oggi niente finisce e niente inizia. Oggi ve ne andate a fanculo.»
Berretto grigio e tuta blu intera da meccanico, Vascill era spuntato da dietro una pompa di benzina: era stato lui a sparare alla bottiglia.
  «Metti via la pistola.» Gottlob pensò di prendergliela, ma era troppo lontano. «Siamo dalla stessa parte.»
  «No, voi due siete dalla parte sbagliata. Quella di chi tradisce. E voi avete tradito il mondo intero. Mi dispiace davvero per quello che vi hanno fatto, credetemi, ma...» Vascill strizzò ripetutamente i suoi occhi neri, due linee di rabbia. «Non ci posso credere! Vi cercano i peggiori figli di puttana del mondo: Gruppo e Foche hanno una paura fottuta.»
  «Abbiamo un sacco di soldi, puoi prenderteli tutti.» Penny lo fissava a muso duro. «Prendili e vattene.»
  «Ma di che parli, Penny?! I soldi non c'entrano un cazzo, lo sai bene.»
  «Non accadrà niente di ciò che temete. Sono solo fesserie. N2 invece verrà spento: non vuoi che la Cancellazione finisca una volta per tutte?» Gottlob fece due passi verso di lui, ma si arrestò subito, perché Vascill ne aveva fatti due indietro puntando la pistola su Penny. Frustrato, pestò un piede sul cemento, e dal maglione nero a collo alto il whisky sgocciolò su jeans e anfibi. «Hai dimenticato quello che ti hanno fatto? Quello che ti hanno costretto... a fare?»
  «No, non l'ho dimenticato. Ma se fossero solo fesserie, non vi darebbero tutti la caccia. Siete un guaio serio.»
  «Dacci una mano. Abbiamo l'occasione di sconfiggerli per sempre.»
  «Magari, Gottlob. Magari!» Ghigno sconfitto, Vascill compì un cerchio con il mento. «Ma quelli sono proprio il tipo di bastardi che nessuno sconfigge mai. E poi, è troppo perico...»
  Uno sparo fece sobbalzare tutti e tre, e Penny si ritrovò ferita di striscio al bicipite destro. Lei e Gottlob corsero subito all'auto e sgommarono via dall'autogrill infilandosi nel traffico notturno.
  Vascill salì sulla sua moto e li seguì. Non era stato lui a fare fuoco, ma un uomo a bordo di un furgoncino bianco, che continuò a sparare, anche lui all'inseguimento di Penny e Gottlob.
  Il lunotto posteriore si sbriciolò, altri due colpi forarono il bagagliaio. Così Gottlob tagliò la strada a un anziano, che finì contro la barriera di contenimento, e guadagnò terreno.
  Iniziò a piovere verde e unto. Buste di immondizia fluttuavano a stormi nel cielo.
  «Sai quello che devi fare, Gottlob.» Penny si morse il labbro inferiore e si sistemò i capelli neri dietro l'orecchio, sul lato destro, dove erano lunghi. «Non c'è altra scelta.»
  «Non pensarci nemmeno!» ringhiò Gottlob, e una smorfia gli indurì tutta la faccia, anche gli occhi blu oceano. «Telefono a Silvestro. Magari può...»
  «No, Silvestro non può aiutarci.» Sconsolata, lei si guardava il braccio ferito. «Nessuno può. Lo sai bene.»
  Gottlob fece comunque partire la chiamata.
  Dietro, l'inseguitore non mollava, e accorciate le distanze, prese di nuovo a sparare. I finestrini di sinistra andarono in frantumi, la fiancata divenne tutta un pois di proiettili, e quando esplose la ruota posteriore, l'auto iniziò a derapare come un carrello della spesa.
  Il bersaglio era adesso Gottlob, ma venne colpita Penny, di nuovo di striscio al braccio destro. Gottlob iniziò quindi a guidare a zigzag, causando una serie di tamponamenti che distanziarono il furgoncino bianco.
  A destra, poi a sinistra, le gomme fischiavano. A sinistra, poi a destra, il motore rombava.
  «Devi farlo, cazzo!» Prima isterica, Penny si rassegnò poi sottovoce. «Altrimenti... questa è la fine.»
  «Ci deve essere un altro modo.» Gottlob respirò a strattoni, sul punto di piangere. «Devo solo pensarci.»
  «Non c'è nulla a cui pensare. Devi farlo. E devi farlo ora!»
  «No, non posso. Non abbiamo la minima certezza che questo momento...»
  Un proiettile colpì la radio, che fece urlare di più la Joplin. Un altro, invece, tranciò una ciocca di capelli di Penny, come peli di tarassaco al vento. Gottlob sterzò d'istinto e attraversò pericolosamente tre corsie, provocando altri incidenti a catena, che di nuovo allontanarono il furgoncino bianco.
  La pioggia si fece più fitta e più verde, ma senza speranza, e invase l'interno dell'auto. L'immondizia volante, sospinta giù, risaliva su, come boe nel cielo.
  D'un tratto Silvestro rispose al telefonino e la sua faccina olografica comparve alla destra del volante. Dietro di lui, quasi ciucco, ballavano piccoli mezzi busti. «Sono a un matrimonio. Che volete?»
  I due non risposero: lei persa nel mondo che correva all'impazzata fuori dal finestrino, lui perso nella coda degli occhi, dentro di lei.
  Ignorato, anche Silvestro attivò l'opzione olografica del suo cellulare. «Mi sentite? Che succede?» E continuò a cercare attenzione gridando i loro nomi, ma invano.
  «Forza, Gottlob» annuì Penny decisa, il palato in lacrime. «Non c'è tempo da perdere.»
  «Non posso!» Gottlob picchiò la testa glabra sul volante. L'auto suonava a tutta birra. «Non sappiamo...»
  Lei gli tappò la bocca con una mano, delicatamente, e gli diede un fresco bacio tra il naso e lo zigomo, l'unico punto in cui la faccia di Gottlob non aveva cicatrici. «Se è come dici tu... allora addio, amore mio. Altrimenti, non vedo l'ora che tu venga di nuovo ad abbracciarmi.» Si strinse quindi a lui, e una lacrima confluì in quella tatuata sotto il mento, dopo aver pianto anche sulla guancia di Gottlob. «È il momento.»
  Gottlob prese la pistola da sotto il sedile e sparò contro il furgoncino bianco di nuovo vicino, ma senza colpirlo. Guardò Penny negli occhi, rossi color riverbero, e una smorfia gli stritolò occhi e sudore. Con le nocche le carezzò il lato rasato della testa, il sinistro, e strinse la pistola come se volesse sfasciarla. Poi la puntò su quei corti capelli neri e le fece saltare la testa.
  «Ma che cazzo hai fatto?» chiese Silvestro, di nuovo senza ricevere risposta.
  Gottlob menava infatti i pugni a caso, sfregando la testa al poggiatesta. La pioggia era tutta nelle sue lacrime, e viceversa.
  Quando l'auto sobbalzò, a causa di uno dei giunti del ponte autostradale, la portiera di Penny si aprì e il suo cadavere cadde fuori e rotolò sulla strada, come un vecchio tappeto: mentre il cemento scorticava spalle e ginocchia, bomber e fuseaux neri, un anfibio saltò via.
  Nel tentativo di acciuffarla, Gottlob perse il controllo dell'auto, che sbandò e si capovolse. A quel punto, il furgoncino inchiodò, l'uomo scese e si diresse verso Gottlob, frastornato e incastrato dentro l'auto.
  L'autostrada era deserta, l'inseguimento aveva paralizzato tutto il traffico. Arrivò solo Vascill, che scese al volo dalla moto, lasciandola cadere a terra. «Fermati! Non deve per forza finire così.»
  «Sì, invece. E lo sai bene.» Calmo, l'uomo fissava Vascill dritto negli occhi, mentre si avvicinava a Gottlob. «Devono morire. Ho giurato di ucciderli. Anche tu l'hai giurato. Sei ancora una Foca Verde, Vascill? O sei passato dalla parte del nemico?»
  «Fermati, cazzo!» Il suo tic agli occhi s'intensificò, facendo ballare tutti i buchi della sua faccia butterata. «O ti sparo alle gambe.»
  «Ho finito i colpi... i Dorian. Addio, compagno.»
  «Non costringermi a farlo.»
  L'uomo non si fermò e Vascill mantenne la sua minaccia. Però, nonostante la gamba ferita, quello si lanciò a terra, attaccato a Gottlob. Poi proferì in silenzio alcune parole, un comando vocale, ed esplose imbrattando Gottlob di sangue e lacerandolo dalla tempia al collo.
  Numerose volanti della polizia si avvicinavano. Vascill dovette scappare via. Gottlob venne invece arrestato. E fu il buio, sopra un mondo in bianco e nero


Solo per un ricordo. Si può tornare da dove non si esiste?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora