27 • PASSEPARTOUT

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«Che era vecchia e malmessa e che, con un impatto ben assestato nel punto giusto, sarebbe esplosa» dice Fox.

«E infatti, anche se, alla fine, l'impatto non è avvenuto con il dildo gigante ma con la povera Suzy, la finestra è esplosa» confermo. «Ferendoci entrambi, Fox».

«Aspetta un attimo» dice Raisa, grattandosi un sopracciglio. «Vediamo se ho capito: tu credi che Susan abbia estratto il dildo gigante per rompere il vetro della finestra e saltare di sotto ma che, nel frattempo, uno di noi, approfittando del buio improvviso, si sia avventato su di lei strappandoglielo dalle mani e usandolo per colpirla?»

«Esatto» annuisco. «Qualcuno, una persona che sapeva tutto e che aveva scoperto il loro piano, ha fatto in modo di chiudere Richard nel bagno e di staccare la corrente al momento sbagliato. La stessa persona ha poi recuperato il dildo gigante prima che arrivasse la polizia».

«E chi sarebbe questa persona?» mi domanda Raisa.

«Una persona che si è messa l'arma del delitto in macchina e ha tentato di squagliarsela. Solo che, una volta superata casa tua, si è accorta del posto di blocco che, come ha detto Fox, è lì tutte le sere. Così, prima di proseguire, si è dovuta liberare dell'arnese occultandolo nel tuo pozzo nero».

«Fox!» esclama Raisa. «Puoi controllare i nominativi delle persone fermate al posto di blocco, quella sera?»

«È ovvio che posso» risponde lui ma, intanto, guarda me. «Ma non è necessario, vero, Peppa?»

«No, infatti» rispondo.

«Perché?» domanda Raisa, agitata.

«Perché solo una persona avrebbe potuto chiudere Richard in bagno. Una persona in possesso di un passepartout» le risponde.

La voce del pappagallo della nonna risuona di nuovo nella mia testa. Polly. Il pappagallo della nonna si è sempre chiamato Polly. Non so perché non ho mai prestato la giusta attenzione a questo dettaglio.

Qualcuno, alle mie spalle, ha cominciato a battere le mani, ghiacciandomi il sangue nelle vene.

«Ma che ricostruzione accurata» dice Kate, fissandomi con i suoi affilati occhietti a mandorla. «Sì vede che sei una scrittrice».

«Kate?» domanda Raisa, sconvolta. «Sei stata tu? Dopo tutto quello che Susan ha fatto per te?»

«Kate» la chiamo e faccio un passo verso di lei. Vorrei che le gambe non mi stessero tremando. Non che mi sia mai sembrata una tipa molto affidabile, con il suo odore di cera d'api e quella tendenza a infilarsi sostanze psicotrope su per il naso. Adesso, però, appare quasi... beh, appare decisamente spaventosa. «Peggie, tua sorella... è morta nell'incidente, vero?»

«Come accidenti hai fatto a capirlo?» sibila.

La voce roca del pappagallo che gracchia nelle mie orecchie, ora, si sta addolcendo. Diventa sempre più bassa e musicale, inizia a profumare di dopobarba fuori moda e di gita in braca la domenica. Inizia a somigliare alla voce del nonno.

Perché, Peggie? Perché?

E poi ci sono le parole della nonna, tutte sconnesse eppure tutte così terribilmente sensate, ora.

Perché, Peggie? Perché?

...deve smetterla. Quel maledetto uccello deve smetterla. Non lo sopporto.

...da quel momento in poi le sue condizioni sono notevolmente peggiorate, ripeteva le stesse due parole tutto il giorno, tutto il giorno.

Perché, Peggie? Perché?

MUDDY PUDDLE Where stories live. Discover now