Capitolo XIII

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Era arrivata la mattina tra una cosa e l'altra, e di riposare non ne volevo proprio sapere perché ero più afflitta dalla tristezza che dal sonno. Tea aveva già telefonato a tutti gli invitati per informarli dell'accaduto.
<<Vado nella scuderia a pulire e far mangiare i cavalli>> annunciò Zahir cupamente.
<<Tranquillo lo hai fatto ieri sera per una volta possono aspettare, riposati>> gli dissi invece io tranquillizzandolo. D'altronde eravamo tutti scossi e stanchi per la nottata di angoscia che avevamo passato. Si limitò a rispondere con un cenno del capo e andò a versarsi un bicchiere d'acqua in cucina. A momenti sarebbe arrivato il dottore per constatare il decesso e darci ulteriori dritte. Erano da dieci minuti passate le sette. Il sole era già alto, ormai si respirava l'aria d'estate, anche se a me sembrava inverno nell'animo. Maria non si era staccata un attimo da mio padre e aveva versato lacrime fino a non averne più. Non avevo mai dubitato dei suoi sentimenti verso di lui, ma quella notte ebbi la conferma che si trattasse di una relazione sana tra loro. Mi dispiacque che negli attimi prima di andarsene, lui pensava alla mia vera madre, ma in fondo ne ero grata, anche a me mancava pur non avendola conosciuta. Pensierosa andai al telefono per mettermi in contatto con Livio. Alzai la cornetta e attesi risposta.
Sentii bussare alla porta e notai con la coda dell'occhio mia sorella che si apprestava ad andare ad aprire. Dopo qualche secondo vidi passare il dottore seguito da lei, si dirigevano al piano superiore.
<<Pronto?>> Sentii dall'altro capo.
<<Antonio>> affermai dopo un attimo.
Era il padre del mio fidanzato.
<<Fortuna>>
<<Mi dispiace avervi svegliato a quest'ora>> mi scusai.
<<Non preoccuparti, è successo qualcosa?>> domandò sospettoso.
<<Si>> dissi di getto. Feci una lunga pausa per ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di uscire.
<<Ebbene?>> chiese dopo aver atteso a lungo.
<<Dobbiamo rinviare il matrimonio>> informai seccamente senza giri di parole.
<<Che significa? Ti senti bene? Lo sai che non si può fare, è oggi!>> esclamò su di giri.
<<Mi dispiace non si può fare in altri modi>> insistetti con voce tremante.
<<Fortuna! Che diamine ti è preso? Fammi parlare con tuo padre>> se ne uscì. Mi sentii svenire.
<<Non può parlare>> dissi lasciando uscire le lacrime.
<<Ah e perché mai?>> chiese noncurante.
<<Perché...>>
Non riuscii a finire di parlare perché scoppiai a singhiozzare lasciandomi scivolare per terra. Avevo mollato la cornetta e se ne stava penzolante al fianco del muro, sorretta dal filo metallico.
<<Fortuna!? Mi senti?>>
Io non facevo altro che piangere. La nostalgia di tutti i ricordi con mio padre mi scorreva dentro come se sfogliassi rapidamente un album fotografico. All'improvviso arrivò Zahir dalla cucina.
Mi vide giacere sul pavimento e cercò di tirarmi su mentre Antonio al telefono cercava ancora spiegazioni. Il mio amico allora prese la cornetta vedendo che ero troppo angosciata per terminare la conversazione.
<<Gregorio è morto ieri sera>> sputò quasi senza emozioni. Intuii che ci fosse silenzio dall'altra parte dopodiché Zahir riattaccò.
Non mi curai delle buone o cattive maniere con cui lo aveva informato. Sicuramente lui e la sua famiglia sarebbero venuti alla tenuta per capire meglio la situazione.
<<Vieni di sopra?>> mi domandò Zahir dopo poco.
<<Non lo so>> risposi. Non lo sapevo veramente, mi sentivo come in un altro mondo.
<<Hai bisogno di riposo>> affermò mettendomi un braccio intorno alle spalle. Il suo calore mi scaldò. Non mi ero resa conto fino a quel momento di essere quasi congelata. Salimmo le scale e Zahir mi portò in camera sua.
<<Non voglio riposare>> mi lamentai.
<<Su vieni>> mi incitò sedendosi sul letto. Mi sembrava ingiusto riposare dopo quello che era accaduto.
<<No>> replicai andando verso la porta. Con uno scatto fulmineo mi cinse la vita impedendomi di continuare a camminare. Mi voltai.
<<Se non vuoi farlo per me, fallo per lui>> disse riferendosi a mio padre. Accigliata mi misi sul letto guardando il soffitto. Zahir si stese di fianco a me. Era bello ma in fondo ero ancora molto triste, non sarei riuscita a dormire nemmeno per cinque minuti.
Udivo la voce ovattata del dottore due stanze più in là e quando sentii dei passi nel corridoio, sussultai con l'intenzione di alzarmi per andare a chiedere spiegazioni. Anche in quell'occasione non feci in tempo e prima che potessi sollevarmi, egli mi abbracciò per non farmi scappare. Non opposi resistenza, le mie forze erano allo stremo. Forse anch'egli aveva bisogno di conforto ed ero l'unica persona in grado di darglielo. Cercai di scacciare dalla testa il pensiero di mio padre e mi soffermai ad osservare le braccia di Zahir che mi cingevano. Erano piuttosto magre ma anche muscolose, si addicevano perfettamente alla sua persona. Dopo quel pensiero mi venne alla mente Livio. Mi maledissi mentalmente. Non potevo pensare al mio migliore amico in determinati modi dato che presto mi sarei sposata. Iniziai a pensare al matrimonio e poi al funerale.
<<Cerca di calmarti almeno per un po', non ti fa bene dannarti con tutti quei pensieri>> raccomandò Zahir come se mi avesse letto nella mente. Mi sorprese in un certo senso. Provai a dimenticarmi di tutto e per un breve lasso di tempo mi addormentai.
<<Fortuna!? Fortuna!?>>
Mi destai sentendo una voce che mi chiamava e mi scuoteva leggermente. Misi a fuoco la vista e mi trovai Livio davanti.
Anziché salutarlo mi ricordai di Zahir e mi voltai di scatto. Il suo posto nel letto era vuoto.
<<Tranquilla sono io, forse stavi solo sognando>> mi rassicurò egli. Non dissi nulla riguardo al mio migliore amico, non avrei voluto farlo ingelosire.
<<Ho saputo, mi dispiace molto>> disse soltanto. Non aveva avuto molti rapporti con la mia famiglia, veniva ogni fine settimana per un tè, una passeggiata a cavallo o altre attività.
Trascorreva più tempo con me alla fine, perciò si poteva perdonare la sua non esagerata reazione alla morte di mio padre.
<<Tu scendi, io ti raggiungo>> definii dirigendomi nella stanza di mio padre. Quando aprii però non trovai nessuno. Scesi di corsa.
<<Dov'è?>> chiesi agitata alla prima persona che mi capitò davanti ovvero Demetra. Avevo il cuore che batteva all'impazzata.
<<Chi?>> rispose non capendo.
<<Papà!>> quasi urlai.
<<Il dottore lo ha portato via, ha detto che domani mattina sarà tutto pronto per i funerali>> spiegò quietamente.
<<Non...non l'avevo salutato>> aggiunsi tristemente.
<<Domattina arriveremo prima così lo potremmo fare>> riferì ella. Quasi non la riconoscevo, sperai avesse messo la testa a posto anche se forse era un po' troppo tardi.

Ferrara 1 Luglio 1909

Guardai il cumulo di terra affianco alla buca dove era stato seppellito mio padre. Provai un senso di vuoto enorme e i miei occhi si posarono sulle mani di Maria che stringeva un crocifisso.
Tutti avevamo i volti segnati dal pianto e dalla tristezza. Alla mia destra Livio mi teneva la mano un po' tremolante. I suoi genitori e la sorella se ne stavano di fronte dall'altra parte della fossa.
Recitai mentalmente una preghiera per l'anima dell'uomo che mi aveva cresciuto. Sperai si fosse realmente ricongiunto con mia madre, e che ora stessero bene di nuovo insieme. Ero in sella a Baiardo, lo stallone preferito di mio padre. Voleva che me ne fossi presa cura quando lui non ci sarebbe più stato. Avevamo portato i cavalli al funerale, d'altronde era giusto che anche loro gli dessero l'ultimo saluto. Livio era sulla mia giumenta, mia sorella sulla sua e Zahir su Fulmine. Maria e Tea avevano seguito la carrozza funebre a piedi dietro di noi. Era tutto pieno di fiori e il sole batteva forte, ma il caldo non lo percepivamo. Tirava una brezza leggera ma calda e i nostri animi erano malinconici. Dopo poco due addetti del cimitero iniziarono a ricoprire di terra la bara sotto i nostri occhi. Eravamo stati costretti a metterlo sotto la terra nuda perché non vi erano più altri posti disponibili. Da quando mio padre non stava bene, era Zahir che si occupava della scuderia e di tutto il resto. Le battute di caccia non si facevano più ed era egli che andava a fare il lavoro di mio padre solo alcuni giorni a settimana. Poi da quando avevamo conosciuto la famiglia di Livio, la situazione economica era in parte migliorata perché avevano iniziato ad aiutarci un po' con il denaro e gliene ero grata. Ovviamente mi sentivo in colpa e di peso per questo, ma il mio futuro marito insisteva affinché io stessi bene e non avevo da obiettare.

DEA FORTUNAWhere stories live. Discover now