«Anche tu mi sei mancata, tesoro» rispose sorridendomi amorevolmente mentre mi conduceva verso l'esterno dell'aeroporto internazionale di San Diego.

Appena misi piede fuori, l'odore di salsedine mi invase immediatamente le narici cullandomi armoniosamente. Ci dirigemmo verso un sub antiproiettile nero con i vetrini oscurati.

L'agente, che in quel momento stava interpretando Anthony, mi prese la valigia dalle mani per poi sistemarla, così come anche il borsone, nel bagagliaio.

Aprii la portiera posteriore e mi misi comoda nei sedili aspettando che Anthony prendesse posto accanto a me.

Il guidatore alzò gli occhi coperti dagli occhiali da sole verso lo specchietto per controllare che fossi effettivamente io la nuova arrivata.

Dopo che Anthony si sedette accanto a me, tolsi gli scuri occhiali riponendoli nella borsa e mi concentrai su di lui.

«Ti sono mancata, non è così?» domandai sorridendo maliziosamente per poi far intrecciare le nostre dita.

«Non puoi neanche immaginare quanto, tesoro» rispose lui sorridendomi per poi accarezzarmi delicatamente il dorso della mano con il pollice.

Passò circa una mezz'ora e tra le palme californiane e le onde dell'oceano Pacifico, giungemmo davanti a una maestosa e imponente villa.

I muri erano dipinti di bianco e contrastavano con il tetto composto da rosse mattonelle. I prati e gli alberi che circondavano la villa erano curati alla perfezione e non c'era niente che fosse fuori posto.

Il solo pensiero che tutto quello splendore fosse stato costruito grazie a dei soldi ricavati in modo illegale, però, diminuiva se non eliminava completamente la maestosità di tale posto.

Scendemmo dall'auto e ci dirigemmo all'interno della struttura. Colonne imponenti curate nei minimi dettagli sembravano infinite e i lampadari di cristallo brillavano grazie alla luce solare proveniente dalle immense e splendenti finestre.

Salimmo le scale in marmo bianco fino ad arrivare davanti a una porta in legno pregiato.

Anthony bussò e, quando sentimmo una voce darci il consenso di entrare, abbassò la maniglia.

Prima di fare il nostro ingresso, però, il moro mi posò una mano sulla schiena per poi farci dirigere davanti alla scrivania dell'uomo seduto davanti a noi.

Alejandro Garrido, trentaquattro anni, boss del cartello di Tijuana, noto narcotrafficante e ricercato con svariati capi d'accusa. Dopo che suo padre, Xavier Garrido, fu imprigionato, Alejandro prese il comando diffondendo il suo impero in Messico ma anche nel territorio statunitense.

Egli possedeva i capelli estremamente corti, un baffo che contrastava il colore caldo della pelle e solo in quel momento notai come i suoi occhi castani mi stessero scrutando con molta attenzione. Le labbra piene si allargarono in un sorriso e il tatuaggio di una lacrima vicino all'occhio sinistro si piegò leggermente.

«Tu devi essere Elizabeth» affermò per poi incrociare le gambe continuando a non distogliere il suo sguardo dal mio corpo.

Percepii le dita di Anthony stringermi il più possibile a sé e quel gesto mi fece sentire in maniera strana.

Ero abituata a essere guardata in quel modo dagli uomini e, per quanto mi facesse disgusto, dovevo controllarmi per mantenere salda la mia copertura.

Ma se le cose avessero iniziato a degenerare, sarei stata costretta a intervenire per difendermi.  

«Proprio così. Anthony mi ha detto che ti serve un cecchino...» dissi con tono di voce calmo.

«Già, e sentiamo, Elizabeth, perché dovresti accettare questo incarico?»

«Il mio ragazzo ha detto che paghi profumatamente e poi, mi mancava tremendamente» affermai per poi voltarmi verso il moro sorridendogli con estrema malizia.

«Tony ha parlato magnificamente di te. Ho fatto le mie ricerche e il tuo passato è strabiliante. Voglio vedere se ciò che dicono di te sia vero.»

«Puoi mettermi alla prova quando vuoi, non c'è alcun problema» risposi tranquillamente per poi fare un sorriso di sfida.

I due massicci uomini dietro di lui strinsero maggiormente i Kalashnikov tra le dita, pronti a uccidermi al primo segnale.

«Bene, non vedo l'ora di vedere di cosa tu sia effettivamente capace» affermò per poi farci segno di dirigerci fuori.

Anthony e io uscimmo sia dal suo studio che dalla villa per poi risalire sull'auto che ci avrebbe accompagnato nella casa in cui avremmo vissuto insieme.

Perché sì, da quel momento in poi, avrei vissuto nella stessa casa dell'agente Torres per un periodo di tempo indeterminato.

Anthony ed Elizabeth erano una coppia e il personaggio che interpretavo non abitava a San Diego, ma bensì a Chicago. Ciò significava che non aveva un posto tutto suo dove soggiornare. Ma dov'era il problema quando c'era a portata di mano la casa del suo amato fidanzato?

Sarebbe stato abbastanza strano convivere con un uomo che non conoscevo, ma l'avrei fatto.

Il mio lavoro era imprevedibile e seguiva una linea invisibile e piena di nodi. Il mio compito era quello di slegare quei nodi.

L'unica cosa che desideravo in quel momento era dormire.

E non vedevo l'ora di farlo.

Non mi importava dove ma desideravo solamente cadere tra le braccia di Morfeo.

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Nota autrice

Ciao a tutti, cari lettori.

Oggi è sabato e questo significa: un nuovo capitolo di Undercover.

In questo capitolo finalmente abbiamo il primo incontro e approccio tra i nostri due protagonisti. Che ne pensate? Sicuramente entrambi sono molto bravi nel loro lavoro, ma riusciranno a distinguere finzione dalla realtà? Vedremo, vedremo...

Cosa ne pensiamo di Alejandro? Ha già messo gli occhi sulla nostra Claire/ Elizabeth? Chi può dirlo... L'unica cosa che sappiamo per certo è che a Weston quello sguardo non è piaciuto poi così tanto. Ma sarà stato un impulso dato dal cuore, oppure stava semplicemente recitando?

Io non vi dico niente solo che tra Weston, Azrael e Nathan non so chi sia più sottone hahah.

Ma ehi, che ci posso fare io?

Comunque, vi ricordo che siamo solo al secondo capitolo e che è solo l'inizio.

Ci vediamo al prossimo sabato, che tra l'altro sarà il giorno dopo il mio compleanno, però fortuna vuole che ho già il capitolo pronto.

Vi voglio bene e alla prossimaa<333

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