𝟐.

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Lui era bello, era sibaritico.

Era più che chiaro che proveniva da una famiglia ricca.
Al contrario della mia, di rango medio-alta, benestante.

I suoi capelli così scuri e incerati quasi mettevano in dubbio la loro realisticità.

Volevo toccarli, erano fin troppo perfetti.

Mi sentivo schiacciare, non ero sul suo stesso livello.
Non lo sarei mai stata.

Avevamo ballato.

Tutti gli occhi erano rivolti a noi, a lui, a me, al pavimento.

Non ero mai stata una persona curiosa, non avevo motivo di esserlo.
Quella volta però, avevo portato anch'io gli occhi alla pavimentazione.

Avrei potuto perdere un gioiello o magari la base del vestito era troppo eccentrica, o ancora, si erano viste le mie scarpe: un bianco che stonava con l'abito.

Ero io, distesa al suolo.

I miei occhi erano aperti, la mia faccia esprimeva stupore, il mio corpetto era rosso e una lama era penetrata nel mio torace.

Il mio corpo era a terra.

La faccia, sul pavimento, rivolta verso gli ospiti.
La schiena, con il manico di un pugnale, in alto, sotto gli occhi di Dio.

Io ero in piedi ma nessuno, se non l'uomo con cui avevo ballato, poteva vedermi.

Ero morta.

𝑷𝒂𝒓𝒐𝒍𝒆 𝒂𝒍 𝒗𝒆𝒏𝒕𝒐Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora