Capitolo 11

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"Tuo padre, dopo avermi trovato nudo abbracciato a sua figlia, decide di inviarmi a cena con la mia famiglia?"

La voce roca di Alex mi entrò dritta nell'orecchio a causa del cellulare appoggiato su di esso.
Erano le due di mattina ed era più di un'ora che io e Alex parlavamo al telefono, senza prestare attenzione ad un argomento specifico, ma passando da un discorso all'altro, seguendo senza un filo logico i nostri pensieri confusi e disordinati.
In fondo mi piaceva Alex, era molto più simile a me di quando credessi.
Forse era la gente con cui usciva che lo portava ad essere così superficiale e presuntuoso.
O forse il modo in cui era cresciuto, le persone che lo circondavano fin da piccolo, le abitudini che aveva imparato e che invece non erano state impartite a me, grazie a mia madre ovviamente, perché se fosse stato per mio padre anche io sarei stata una ragazzina snob e viziata.

"Strano, eh?" ridacchiai cercando di non far troppo rumore, per evitare di svegliare i miei genitori che dormivano a pochi metri da me.

"E quando avrà luogo questo lieto evento?"

"Lieto evento? Lo sai che sarà la serata peggiore a cui prenderemo parte, vero? Io e te ad inscenare uno stupido teatrino davanti ad entrambe le nostre famiglie" risposi con una smorfia sul volto.

"E che possiamo farci? Diciamo di no solo perché la nostra non è una vera relazione ma che ci siamo inventati tutto? Avanti Amélie, non puoi rovinare la cosa proprio adesso" lo sentii sbuffare ma sapevo che in realtà stava sorridendo e me lo immaginavo mentre se ne stava sdraiato sul suo letto a pancia in su, con il cellulare in viva voce appoggiato sul cuscino e le sue fossette ben marcate sulle guance.

"Ok, Alessandro, hai vinto"

"Come sempre, piccola"

Alzai gli occhi al cielo e sapevo che se fosse stato qui davanti a me avrebbe accompagnato quelle parole con l'occhiolino.
Dannazione, passare il tempo con lui aveva fatto in modo che imparassi a conoscerlo fin troppo bene.

"Comunque, credo che mio padre vorrà fare la cena una di queste sere" dissi rispondendo alla domanda che aveva fatto.

"D'accordo. Lo devo dire ai miei genitori?"

"Non penso. Credo che vorrà informarli personalmente"

"Bene"

"Bene" ripetei dopo qualche secondo e aspettando che aggiungesse qualcos'altro.

Ma lui rimase in silenzio e, dopo un paio di minuti, iniziai a sospettare che si fosse addormentato.

"Alex?"

"Sì?

"Credo che sia meglio dormire ora"

"Già…"

Annuii anche se ovviamente lui non poteva vedermi, ma ero restia ad attaccare per prima e stavo prendendo tempo nella speranza che fosse lui a chiudere la chiamata.
Ma Alex si ammutolì nuovamente; sentivo il suo respiro storpiato dal microfono del cellulare e sapevo che anche lui stava aspettando che fossi io a fare la prima  mossa.

"Ale?"

"Dimmi, Amélie"

"Ci vediamo domani?" chiesi, maledicendomi subito dopo.

Perché me ne saltavo fuori con quella domanda?
Mannaggia a me e alla mia boccaccia!

"Impaziente di vedermi, piccola?"

"Smettila con questo soprannome" mi lamentai girandomi su un fianco e sprofondando il viso nel cuscino.

"Perché? Ti imbarazza?"

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