Capitolo 2

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“Questa sera vieni da me, d’accordo?”

La proposta di Alex mi colse impreparata, mi misi a sedere sul letto e osservai le mie gambe ricoperte da una leggera peluria, segno che non mi facevo la ceretta da un po’.

“Perché stasera? C’è qualche avvenimento particolare?”

“Ti voglio presentare alla mia famiglia. Mia sorella è tornata da Toronto e si fermerà solo per due settimane, quindi colgo l’occasione per dare la bellissima notizia”

“Bellissima notizia?”

“Io e te, ricordi? Abbiamo un patto”

Sbuffai a quelle parole. 
I miei genitori non sapevano ancora niente, e io non ero mentalmente pronta ad affrontare quel discorso.
Nella mia vita avevo avuto solo un ragazzo, un'avventura estiva, come la eticchettarono i miei genitori, ma in realtà fu il mio primo amore, forse un po’ prematuro dato che avevo solo quattordici anni, ma porto un bellissimo ricordo con me. 

“Amélie, ci sei?

“Certo” sbuffai annoiata e alzando gli occhi al soffitto.

“Non rispondermi con quel tono, hai accettato e non puoi rinunciare ora”

Sbuffai nuovamente e guardai fuori la bellissima giornata che si stagliava su Roma.

“Va bene, per che ora devo venire?”

“noi solitamente ceniamo alle sette e mezza, perciò puoi venire per le sette e un quarto”

“D’accordo”

“Fatti bella, mon amour”

“Certo..."

Questa storia iniziava a pesarmi e non era ancora iniziata.
Riattaccai e iniziai a prepararmi perché erano già le sei e dopo un’ora sarei dovuta essere pronta per andare a cena da Alex.
Assurdo.
Non ero mai stata in buoni rapporti con Alex e non perché fosse un cattivo ragazzo, o antipatico, o altro, semplicemente avevamo passioni differenti, lui passava le serate a far festa con gli amici mentre io preferivo starmene per i fatti miei a leggere un buon libro.
Le nostre famiglie erano molto rispettabili, stavamo bene economicamente e spesso ci era capitato di incontrarci a dei party di lusso, ma, a parte qualche occhiata e qualche saluto di cortesia, non avevamo mai avuto modo di allacciare i rapporti.
Non che ora ne fossi entusiasta, ma meglio lui di qualche scappato di casa che avrebbe fatto morire di crepacuore i miei genitori.
E poi, io e lui non stavamo davvero insieme, quindi perché fasciarsi la testa prima di essersela rotta?
Nella confusione dei miei pensieri, mi preparai, mi vestii abbastanza elegantemente: un vestito nero lungo fino alle ginocchia e un paio di sandali del medesimo colore.
Il caldo a Roma si era fatto sentire prima del previsto quell’anno e, nonostante la sera le temperature si abbassavano leggermente, si stava bene con le spalle scoperte. 
Alle sette in punto mi incamminai per andare a casa di Alex e quando ci fui davanti, suonai esitante il campanello.
Il ragazzo mi accolse felice, o almeno è quello che faceva intendere il sorriso che gli occupava buona parte del viso.

“Ben arrivata nella mia umile dimora”

Allargò le braccia come se volesse abbracciare il ben di Dio in cui era cresciuto e definirla “umile dimora” era leggermente ridicolo, dal momento che la sua era una delle ville più grandi di Roma, la più bella che si potesse incontrare nella città eterna, forse era anche più bella delle ville che erano appartenute agli antichi.

“Sono troppo in anticipo?”

Mi diressi alla porta d’ingresso dopo aver attraversato il lungo vialetto che passava in mezzo ad un giardino ben curato.

“No, tranquilla”

Mi fece segno di seguirlo all'interno della casa e mi ritrovai dentro ad un regno incantato, completamente slegato da ciò che c’era fuori.
L’ingresso era fresco, il marmo rosato che fungeva da pavimento era lucido, quasi ci si poteva specchiare, e una lunga scalinata portava al piano di sopra.

“La cena non è ancora pronta, quindi...”

Si grattò la nuca imbarazzato e quasi non riconoscevo quel lato imbranato di Alex, lui che si era sempre mostrato così sicuro di sé, in qualsiasi situazione sapeva come cavarsela.

“La tua famiglia?”

“Mio padre deve ancora arrivare, mentre mia madre e mia sorella stanno finendo di prepare la cena”

Annuì.
Provai a pensare a qualcosa di sensato da dire, ma non mi veniva in mente niente; mi sentivo a disagio in quella casa sconosciuta e l’ansia aumentava ogni volta che mi ricordavo che stavo per conoscere la famiglia di Alex, nelle vesti della sua ragazza, anche se era una grandissima menzogna.  

“Possiamo andare di sopra… se vuoi” propose con una certa incertezza, come se fosse concentrato a scegliere le parole giuste da usare.

“Certo”

“Bene”

Si incamminò verso la grande scala, salì con calma, ma ad ogni passo che faceva percepivo la tensione salire.
Quando arrivammo al piano superiore, ci ritrovammo in un lungo corridoio sul quale si affacciavano diverse porte, tutte accuratamente chiuse.
Alex ne aprì una e mi invitò a seguirlo dentro la stanza, poi richiuse diligentemente la porta dietro di sé.
Si sedette sul letto, esortando me a fare lo stesso; e io lo feci, incapace di oppormi o di fare qualsiasi altra cosa.
Mi accomodai vicino a lui, le nostre gambe entrarono a contatto e lo percepii sussultare.

“Sei sicuro di star bene?”

“Eh?”

“Voglio dire, sei molto silenzioso e imbarazzato, di solito non ti comporti così”

“Non sono imbarazzato, è solo che è la prima volta che presento ufficialmente una ragazza alla mia famiglia e non so come devo comportarmi”

“Io sono la prima ragazza che porti a casa e non sono nemmeno la tua vera fidanzata? Sei strano Rina”

Sentendo le mie parole, improvvisamente sul volto del ragazzo si aprì un sorriso strano, non giocoso come suo solito e la cosa mi incusse paura.

“Che c’è?”

“Mi piace come suona il mio nome tra le tue labbra”

“Cosa?”

Si avvicinò a me e sentii il suo fiato sul collo, le sue labbra erano ad un centimetro dalle mie e il suo respiro mi scompigliò i capelli, segno che era davvero troppo vicino.
Eppure non riuscii ad allontanarmi, il suo profumo intenso mi penetrò nelle narici e mi inebriò la mente, mi ubriacò e mi fece girare la testa.

“Chissà, magari un giorno diventerai davvero la signora Rina”

Sentendo quelle parole, la parte più razionale del mio cervello si riattivò e mi allontanai di scatto da lui, lo guardai stranita e mi misi sulla difensiva.

“Ma io e te non stiamo davvero insieme e io non potrò mai essere la signora Rina”

Cercai di ridicolizzare le ultime parole per fargli capire l'assurdità del suo discorso, ma lui non sembrò esserne scalfito, anzi tornò alla carica e rincarò la dose.

“Mai dire mai nella vita, magari scopriamo di essere fatti l’uno per l’altra”

Alzò le spalle con un sorriso sornione e mi guardò con la coda dell’occhio in attesa di una mia reazione, ma io rimasi impassibile cercando di metabolizzare il suo bizzarro ragionamento.

Falso amoreWhere stories live. Discover now