20 • UN ALTRO SOSPETTATO

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C'è un momento di silenzio di troppo, dall'altra parte del telefono.

«Se hai da fare non importa» mi affretto ad aggiungere. «Posso prenderla anche domani».

Anche dopodomani, in realtà. O il giorno dopo ancora. Perché, finché lui avrà la macchina, io avrò una scusa per continuare a sentirlo, con o senza l'approvazione della nonna.

«Ma no, figurati. Fammi sapere se hai modo di farti accompagnare da qualcuno. Altrimenti passo a prenderti io non appena stacco» dice, dopo qualche altro istante. «Ci sentiamo dopo, allora».

Riattacco e scendo al piano di sotto.

«Dove stai andando?» mi chiede la nonna.

«Non a circuire poveri meccanici di campagna, puoi stare tranquilla» rispondo, offesa. «Voglio andare a trovare la mamma di Suzy alla villa».

«Peppa...» dice, a disagio, asciugandosi le mani sul grembiule da cucina. «Non era mia intenzione... non volevo offenderti. Vorrei solo che nessuno rimanesse ferito».

«Ho capito, non ti preoccupare» taglio corto, perché non mi va di affrontare di nuovo il discorso. «Torno per cena».

La villa di Suzy, immersa nel silenzio della brughiera e alla luce fioca di un piovoso primo pomeriggio, sembra meno sfarzosa ma assai più elegante della prima volta in cui l'ho vista giganteggiare sulla collina con la sua illuminazione esagerata

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La villa di Suzy, immersa nel silenzio della brughiera e alla luce fioca di un piovoso primo pomeriggio, sembra meno sfarzosa ma assai più elegante della prima volta in cui l'ho vista giganteggiare sulla collina con la sua illuminazione esagerata. È circondata da un enorme giardino curatissimo e, grazie alla sua strategica posizione rialzata, regala una vista mozzafiato sulle modeste alture circostanti.

Le mura di pietra e il tetto scuro in ardesia sprigionano un'energia antica, gotica e affascinante. È proprio in una villa come questa che immagino Ronja intenta a spassarsela con... sì, con Donny, il maniscalco sessualmente attraente del perverso circolo di equitazione che frequenta.

Le parole di Belinda, però, mi hanno buttata parecchio giù. E non solo perché Percival Parker-Potato si è rivelato un protagonista non all'altezza delle mie aspettative (Ride Me: sedazione?) ma anche e soprattutto perché Ride Me, così per come è stato scritto tre anni fa, non mi soddisfa più per niente. Cioè, per quanto ritenga che alcune delle parole scelte da Belinda (tipo schifo e merda) siano una vera esagerazione, devo ammettere che...

«Peppa, cara!» cinguetta la signora Ellis, facendo capolino dal portone. «Vieni dentro, ti prego».

Mi avvicino ma, nel frattempo, non posso fare a meno di cercare la finestra dello studio con lo sguardo. La trovo subito. Il vetro non è stato ancora sostituito e un telo di plastica ci svolazza davanti. Nella sfortuna di essere stata aggredita da uno dei suoi amici, forse, non le è neanche andata troppo male. Di tutte le finestre del piano superiore, infatti, è l'unica che affaccia sul terreno fangoso e non sul patio pavimentato.

Varchiamo insieme la soglia e lei mi fa strada all'interno di quel labirinto di corridoi, sale da pranzo e ambienti comuni perfettamente arredati nello stile severo e allo stesso tempo romantico del secolo scorso.

MUDDY PUDDLE Where stories live. Discover now