«E che cosa avresti potuto fare?»

«Dare il giusto peso a quello che stava succedendo, per esempio» singhiozzo. «Riconoscere la gravità del dramma che stava vivendo e affrontarlo con i giusti modi e una serietà adeguata, invece di buttare tutto in vacca come faccio sempre. Sempre, quando mi trovo davanti a una situazione che non so affrontare... a un dolore che non sono in grado di gestire».

Perché la fine della mia storia con Simon, in fondo, era qualcosa che faceva ridere. O, almeno faceva ridere quando la raccontavo, con il contabile con la barba e tutto il resto. Mentre la vivevamo, però, faceva ridere un po' meno.

Simon, che era sempre stato forte e stabile come una roccia, in quel periodo era completamente perso e irriconoscibile. Era disperato, logorato dal senso di colpa nei miei confronti, schiacciato dalla vergogna e dai ricatti morali del padre.

E io, completamente incapace di affrontare la sua sofferenza, me ne stavo chiusa in una stanza, talmente occupata a disperarmi per non essere riuscita a tenermi stretta quella che sembrava l'unica possibilità di riscatto agli occhi dei miei genitori da essere riuscita a soffocare del tutto il dolore di aver perso lui. Di non essere stata in grado di confortarlo, di sostenerlo. Neanche di guardarlo in faccia.

«Senti, Peppa» mi dice Raisa, poggiando una mano sulla mia, «io ho sempre saputo di essere lesbica, quindi non ho mai dovuto affrontare una situazione come quella in cui si è ritrovato Simon. Però sono sicura che, se vuoi ancora chiarire qualcosa con lui, non è troppo tardi. E, sinceramente, ti consiglio di farlo».

Non sono per niente sicura che questa chiacchierata con Raisa Rybakova mi abbia fatto bene

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Non sono per niente sicura che questa chiacchierata con Raisa Rybakova mi abbia fatto bene. Anzi, per quanto io abbia apprezzato la sua onestà e la sua compostezza di fonte ai miei imbarazzanti piagnucolamenti, ammetto che, quando è scesa dalla macchina, mi sono sentita come... sollevata.

Però, una volta arrivata a casa, mentre aspetto che la nonna finisca di preparare la cena, un pensiero urgente sovrasta tutti gli altri: devo fare una cosa fondamentale. Mi accascio sul divano accanto a Luigino, afferro il telefono e setaccio tutti i profili di Danny alla ricerca di Molly Turner. Ma di lei non c'è traccia. Mi lancio quindi in una furiosa ricerca praticamente su tutti i social che siano mai stati online negli ultimi quindici anni, ma niente. Poi, quando sto per perdere le speranze, mi imbatto in un profilo LinkedIn.

L'età corrisponde. La residenza pure. I titoli di studio, anche. L'unica cosa che non corrisponde è la foto. Perché questa qui non può essere Molly Turner. Mi rifiuto di crederlo. Scorro la pagina con la mano tremante. Modella. Attrice. Hostess. In preda a un orribile presentimento, salvo la foto e la lancio su google per una ricerca per immagini.

Cazzo. È... stupenda. Quella specie di casco di capelli ricci e crespi che aveva in testa è stato domato e trasformato in un raffinatissimo caschetto scalato morbido e lucente. Senza gli occhiali a fondo di bottiglia i suoi occhi scuri sembrano enormi e la pelle color cioccolato ha assunto delle stupefacenti sfumature dorate.

MUDDY PUDDLE Where stories live. Discover now