La cultura della morte

En başından başla
                                    

L'atmosfera era davvero gelida, i muri del corridoio erano di un bianco disturbante senza foto o quadri a ravvivare il tutto e il suono dei loro passi faceva eco.

Quando finalmente Toby aprì la porta fece cenno a Dennis di entrare: «Prego, fai come fossi a casa tua.»
«Meglio di no.»

Dentro lo studio c'erano una grossa scrivania in legno scuro perfettamente lavorata e decorata, una sedia del medesimo materiale con le medesime lavorazioni e un cuscino bianco, un divano color crema con sopra due cuscini piccolissimi e grigi e di fianco, posta in diagonale, una grossa poltrona dello stesso colore, una vasta e immensa libreria piena di testi filosofici e una gigantesca finestra che guardava verso le montagne, sul pavimento un lussuoso tappeto persiano bianco e bordeaux. Sulla parete della scrivania erano appese le imponenti, e anche le uniche dell'intero piano, foto dei filosofi preferiti di Toby.

Il ragazzo indicò al suo ospite il divano ben curato invitandolo a sedersi mentre andava a prendere qualche testo dalla libreria.

Dennis lo guardò storto prima di sedersi, quel divano gli ricordava gli studi degli psicanalisti che vedeva nei film, e qualcuno alle sue spalle forse ne aveva davvero bisogno. Ma non doveva farsi distrarre da quei pensieri sarcastici.

Quando Toby tornò con due grossi volumi su Kant disse quasi fiero: «Sai, questa è la posizione più comoda dell'intero palazzo.»
«Ed è tutta tua?»
«Certo, come puoi vedere.» Diede uno dei due libroni a Dennis e poi si sedette sulla poltrona, «Mio e dei miei carissimi maestri.»
«Fantastico.»

Dopo essersi schiarito la gola, Toby cominciò a parlare di Kant, del Neokantismo, dei suoi seguaci e del suo movimento senza mai fare una sosta, era come se fosse stato una macchinetta impazzita.

Dennis cercò di stargli dietro annuendo e rispondendo a monosillabi mantenendo un profilo piuttosto basso finchè, forse sicuro di aver detto tutto, Toby non cambiò improvvisamente argomento: «Ma, parlando tra noi intellettuali Logan, ti sei mai chiesto che cosa spinge la gente a vivere ogni giorno?»
«Cosa?» la domanda riportò Dennis sulla terra, cogliendolo alla sprovvista, «Boh insomma, si nasce e si è vivi. No?»
«È tutto quello che sai dire?»
«È un mistero della natura.»

Toby sgranò quei suoi occhi da avvoltoio tirando la pelle della sua faccia quasi tutta ossa, al limite dall'incredulità: «No! Non è un mistero della natura amico, è un complesso sistema vitale che impartisce al nostro cervello degli obiettivi capaci di farci progredire nella nostra vita! Quando si è piccoli si ha l'obiettivo di nutrirsi, di camminare per essere più veloci, di parlare per comunicare. Quando si è adulti di affermarsi nella società uno step alla volta! È ovvio!»

Dennis potè quasi giurare che le pareti si fossero messe a tremare per via della sua foga. Toby era diventato tutto rosso e sulla sua fronte spuntavano due vene che si gonfiarono, saltò dalla poltrona e andò verso le foto sul muro implorando perdono per il suo ospite superficiale.

Alle sue spalle Dennis sfoderò una smorfia di disprezzo. Posò il grosso volume sul divano senza cura e lo allontanò ulteriormente come se fosse stato radioattivo in attesa che Toby si calmasse.

«Ogni essere vivente vive per obiettivi Logan, e quando non ne ha a disposizione se lo crea, facendo così nascere le nuove culture e gli ideali, le religioni e la criminalità, hai capito? Anche noi due siamo frutto di un obiettivo che si è posto qualcun'altro e il nostro compito è di far progredire questo sistema chiamato vita!»
«Hey rallenta. Tu esisti perché i tuoi genitori hanno fatto festa sotto le coperte, come i miei.»
«No! C'è studio, c'è elaborazione! Nulla si fa per caso!»

Dennis alzò gli occhi al cielo, chiedendosi quando finalmente sarebbe finita quella tragedia da teatro. Il suo obiettivo era di far sentire Toby un vero genio, invece lo stava prendendo a parole.

Sulle tracce di Dennis LoganHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin