Capitolo 49

30 8 18
                                    

Forse è ancora troppo scosso, quando gli mostro lo smartphone non fa una piega, si limita ad osservami. Afferra il dispositivo ed esce dalla casetta, lo scorgo dalla finestra allontanarsi verso il patio, ancora non mi ha detto dove dobbiamo andare.

Il viaggio di ritorno è stato stancante e faticoso, la pioggia ha reso il terreno fangoso, ad ogni passo i piedi sprofondavano sempre più in basso allungando la nostra camminata di qualche ora. Nessuno dei due ha avuto la forza o il fiato per affrontare quel che è successo stanotte. Il marchio brucia ancora, mi provoca delle fitte che arrivano fino al cervello. Cerco di formulare delle risposte plausibili a tutti i fili che ci legano e ogni estremità porta a mio padre. Sono certa che tutto parta da lui, ha marchiato me ed Asher per proteggerci, ma da cosa? Possibile che sapesse che insieme siamo in grado di controllare gli elementi? È davvero così, oppure è stata una coincidenza? Da quel che so, non sono esseri senzienti, ma dopo tutto quello che ho scoperto in questi ultimi due mesi inizio a credere che tutto sia possibile.

«Non risponde, ho provato più volte ma nulla» brontola Asher ritornando in casa, ha degli schizzi di fango persino sui capelli.
«Non l'ho mai chiamato di giorno» borbotto «magari non ha lo smartphone dietro» annuisce e si passa una mano sul volto provato dalle ultime ventiquattro ore.
Di comune accordo decidiamo di ripulirci e riposarci per qualche ora, riproveremo a contattare Liam più tardi.

Ieri era un giorno dispari, avremmo dovuto sentirci, si sarà arrabbiato? Caccio di mente il pensiero, semmai si sarà preoccupato. Non c'erano chiamate perse sulla lista quando ho controllato, sarà successo qualcosa al Ritrovo? L'ansia proietta scenari catastrofici nel mio cervello, scaccio via anche questo pensiero, sicuramente sarà alla base a sbrigare le sue faccende e il dispositivo sarà nel suo appartamento. Concentro le ultime energie rimaste sul districare i nodi dei miei capelli, forse è arrivato il momento di tagliarli, mi riprometto che una volta arrivati al Ritrovo lo farò.

Recupero un cambio pulito dall'armadio, dovrò buttare tutti i vestiti indossati fino a poco fa, anche lavandoli il fango non è andato via, spero che Siria non si arrabbi troppo. Mi sistemo sul letto massaggiandomi i polpacci doloranti, neanche gli allenamenti con Liam mi hanno mai ridotto così, la doccia calda non ha alleviato la stanchezza o il dolore, anzi sembra averli amplificati. Nonostante tutto sprofondo presto nel buio dei miei sogni.

Sono nella chiesetta in mezzo al lago, i fulmini rischiarano il cielo violaceo e il vento scosta le fronde degli alberi come a rallentatore. Una figura vestita di stracci dalla testa ai piedi, cammina sulla riva, indietreggio e colpisco il muro che si sgretola al mio tocco, attirata dal movimento, questa si avvicina lentamente senza badare alla tempesta che ci circonda. Non ha un volto, ma un grosso buco nero dove spuntano due occhi color smeraldo. In mano tiene una lunga e sottile catenella, me la porge e i suoi occhi spariscono come inghiottiti dall'oscurità. Afferro il medaglione e lo rigiro tra le mani, è uguale a quello di Asher, ma invece della rosa e del bocciolo il nostro marchio scintilla su entrambi i lati. La figura si allontana mentre la tempesta si arresta di colpo, vorrei fermarla ma al primo passo vengo risucchiata nell'acqua torbida del lago.

Il cuore martella nelle mie orecchie con ritmo serrato, passo una mano sulla fronte madida di sudore e mi tiro sù a sedere, il sole filtra dalla finestra e due fasci di luce palesano il pulviscolo che danza lentamente per la stanza. Di Asher non c'è traccia, scorgo i nostri bagagli adagiati vicino alla porta. Sarà riuscito a contattare Liam? Balzo giù dal letto e vado a cercarlo, il riflesso dell'acqua mi acceca per qualche secondo, copro il viso con una mano e lo vedo vicino alla macchina intento a caricare delle provviste.

«Ehi!» urlo per richiamare la sua attenzione, l'eco sbatacchia la mia voce per tutta la vallata, con un cenno mi chiede di avvicinarmi.
«Sei riuscito a contattare Liam?» domando speranzosa, scuote la testa e capisco che qualcosa lo turba.
«Allora perché i bagagli pronti e le provviste?» appoggia una mano sul tettuccio dell'auto e come suo solito pondera bene le parole.
«Non ti allarmare, ma credo sia meglio lasciare questo posto il prima possibile» si morde un labbro, i miei nervi si attorcigliano.
«Come mai?» la voce fatica ad uscire.
«Questa è una tecnologia obsoleta, molto facile da rintracciare» dice sfilando il dispositivo dalla tasca.
«Liam mi ha assicurato che era sicuro» gli indico la copertura che avvolge lo smartphone «c'è una, una ... schermatura!»
«È molto instabile, soprattutto se usato di frequente come abbiamo fatto noi oggi»
«Le chiamate non dovevano durare più di tre minuti» dico ricordando le indicazioni.
«Esatto, se qualcuno monitora ancora i satelliti, troverebbe strano un collegamento tra questo posto e il Ritrovo. Sulle mappe non sono segnalati, potremmo aver detto al nemico dove si trova la nostra base» deglutisco pensando a Cristina.
«Potremmo averli messi in pericolo?» tutta la mia ansia trapela in ogni singola parola, annuisce.
«Che facciamo allora?»
«Partiamo, andiamo all'aeroporto exspagnolo. Tu continua a chiamare, è pericoloso, ma è l'unico modo per avvisarli in tempo e per garantirci il viaggio di ritorno»

DICIOTTO - Il dominio della psicheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora