«Ah no, niente» rispondo, come se i contabili con la barba fossero l'ultimo dei miei pensieri.

«Non importa» sussurra. «Ti va di andare di sopra?»

Si ridesta dall'inspiegabile stato di torpore in cui la mia fellatio lo ha ridotto, si china su di me e mi sussurra:

«Potresti salire tutta nuda, che ne pensi?»

Che ne penso? Penso che sia un'idea favolosa che mi consentirà di sbarazzarmi delle mutande con il gufo prima che sia troppo tardi.

Ma è tutto un po'... non so... strano. Peter che raggiunge la camera da letto sul soppalco con i pantaloni mezzi calati e io che sto qui in soggiorno a spogliarmi da sola. Indugio qualche secondo prima di liberarmi degli stivali da vaccona. Mi fanno venire in mente Danny, che mi ha aiutato a sceglierli solo qualche ora fa. Non so perché, ma sono sicura che lui non sia il tipo di ragazzo che aspetta mummificato sul letto mentre la sua donna si spoglia da sola in soggiorno.

No, forse no. Però, a quanto pare, è il tipo di ragazzo capace di fratturare il setto nasale a un amico. E di lasciare che un'amica venga bullizzata senza muovere un dito per aiutarla. Devo cercare di non dimenticarmene.

Comunque, devo ammettere, dopo essermi disfatta del rapace, mi sento molto più tranquilla e sicura di me stessa. Attraverso quindi la stanza a passo deciso e salgo le scale ancheggiando.

Peter, infatti, è già steso sul letto, con ancora la camicia e il cappello da cowboy indosso.

«Vieni qui, Posy» rantola, e io mi chiedo se sia un invito a consumare un rovente rapporto sessuale o se stia per sussurrarmi le sue ultime volontà prima di tirare le cuoia.

«Wow, sei una visione» sussurra, sofferente. «Ti piacciono le maniere forti, dunque?»

«Sì, beh, proprio forti non direi» ridimensiono, perché temo che, in questo momento, un sforzo anche minimo possa risultargli fatale. «Diciamo non esageratamente delicate».

Peter si solleva sui gomiti, mi attira a sé cingendomi le spalle con un braccio e mi bacia.

«Ok, piccola» bisbiglia. «Sei con la persona giusta. Vieni qui».

Bene. Mi piace questo spirito di iniziativa. Lo raggiungo sul letto e gli strappo di dosso la camicia a maniche corte che mi ha francamente stufata.

Uhm, ok. Anche questo è d'ispirazione. Accarezzo il suo torace largo e abbronzato e gli addominali lavoratissimi mentre lui, in un impeto di passione, finalmente, mi stringe il sedere nelle mani e mi aiuta a sistemarmi a cavalcioni sopra di lui.

È il momento. Siamo pronti. Ok, Percival Parker-Potato. Vediamo chi è più bravo a cavalcare, adesso. Gli appoggio le mani sui pettorali tatuati e mi lancio in un rodeo talmente tumultuoso che quasi mi aspetterei che cominciasse a muggire sotto di me.

Lui però, anziché ansimare e produrre versi animaleschi come sarebbe giusto e onesto, dopo quel fugace guizzo ha lasciato cadere le braccia lungo i fianchi, non si è più mosso e non ha più fiatato. Ma io non mi perdo d'animo per così poco. Gli sfilo il cappello da cowboy, me lo metto in testa e vado avanti come un'amazzone inferocita, spingendo più forte che posso.

Ma niente.

Peter ha ancora gli occhi chiusi e le braccia abbandonate sul materasso; la sua espressione non muta di una virgola, neanche quando modifico il ritmo da "trotto allegro" a "rischio frattura bacino". Dalle sue labbra perfette non esce alcun muggito né suono di altro tipo, mentre io sono qui sudata e affannata e con i quadricipiti in fiamme a produrre incresciosi gemiti e altri rumori imbarazzanti.

MUDDY PUDDLE Where stories live. Discover now