«No, no, aspetta!» gracchio, riacchiappandolo per un braccio. «Mi serve la macchina! È una questione di vita o di morte!»

«Serve anche a me» taglia corto. «Ciao».

«Aspetta, aspetta!» lo fermo. Infilo gli stivali di gomma sopra i leggings pieni di pallini che indosso per casa e il primo giaccone che trovo all'ingresso, cioè l'impermeabile verde militare della nonna. «Dammi un passaggio al centro estetico. Ti prego».

«Va bene» risponde. «Passiamo prima a prendere Edison, però. E per il ritorno dovrai arrangiarti».

«Non fa niente» dico, poi mi volto e urlo un saluto alla nonna. «Andiamo».

E, in effetti, dopo tre ore e mezzo di trattamenti estetici, mi sento decisamente meglio

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E, in effetti, dopo tre ore e mezzo di trattamenti estetici, mi sento decisamente meglio. Ho i capelli morbidi e lucenti, neanche più l'ombra di un pelo in tutto il corpo e le ciglia perfettamente arcuate.

Mentre la tizia davanti a me sta finendo di rimuovermi le cuticole con una tale ferocia che pare che mi odi da tutta la vita (o, almeno, che, da tutta la vita, abbia un conto in sospeso con le mie cuticole), mi fisso le unghie a mandorla. Le ho fatte notevolmente accorciare e, devo dire, ora sono bellissime. Mi fanno sembrare un'evanescente fanciulla vergine dell'epoca Regency di nome Harriet o Prudence, costretta a tenere le unghie corte per massimizzare il profitto delle sue lezioni di calligrafia e per non avere inutili impedimenti nella macchinosa pratica di legatura del corsetto.

Oddio, no. Mi sta venendo l'ispirazione per un nuovo romanzo. Devo reprimerla subito. Non sono ancora riuscita a convincere Belinda che la trasformazione di Ride Me da saga erotica trash a saga teen mystery (trash) sia una buona idea. E poi ci sarebbero ancora il sottotitolo da trovare e quelle quarantacinquemila parole da tagliare e...

«Carine» dice qualcuno, afferrando la sedia della postazione alla mia destra. «Le voglio fare anch'io a mandorla, oggi».

Candace Deverall si lascia cadere sulla sedia di plastica e si volta a guardarmi.

«Ciao, Giuseppina Rosati» dice. «Talmente sconvolta da ciò che è capitato a Susan da necessitare di una manicure d'emergenza?»

«Ciao» rispondo, sulla difensiva. «È bello che tu abbia sempre una parola buona».

Candace scuote la chioma arancione, butta indietro la testa e scoppia a ridere.

«Per carità» risponde. «Se sei alla ricerca di quelle persone tutte commozione e frasi di convenienza, ti conviene tornare a Londra. Perché non ne troverai, qui».

Sì, me ne ero già accorta dopo il paradisiaco incontro con Wendy Woolford.

«O meglio» continua Candace, «non ne troverai almeno finché non si sveglia Susan. Lei è proprio il tipo di persona tutta paroline buone e melassa. Hai saputo che è ancora viva?»

«Certo» ribatto.

Ed è stato Peter Potato in persona a rivelarmelo, stronza antipatica, vorrei risponderle. Ma faccio appena in tempo ad aprire la bocca che la tizia seduta qui davanti, appena giunta alla risoluzione definitiva del suo increscioso conflitto con le mie cuticole, alza su di me uno sguardo inespressivo e mi rivolge delle parole assolutamente incomprensibili ma che suonano tipo:

MUDDY PUDDLE Where stories live. Discover now