Sei ancora lì?

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Léa ascoltava il ticchettio della pioggia guardando fuori dalla finestra di camera sua. I fiori sul davanzale avevano i petali leggermente umidi. Erano calle colorate di viola porpora. Il vento danzava leggero ma scuoteva in lontananza l'ampio scheletro di tutte le foglie degli alberi intorno che sembravano quasi tremare.

Il cielo era grigio e nullo. Preannunciava un acquazzone continuo.

"Che strano pomeriggio di maggio" pensò. Non dava proprio l'idea di essere primavera.

Sospira.

Abbandona la lettura di Bauman piegando su sé stessa la punta in alto a destra della pagina lasciata a metà quasi come fosse l'orecchietta di una volpe. Poi afferra un biscotto quadrato di pasta frolla e lo inzuppa nel thé bollente al gelsomino e arancia.

Si scioglie subito ma basta un sorso a farle scottare la lingua.

Rimane a fissare un punto vuoto, qualsiasi. La parete bianca, il dipinto di papaveri appeso al muro, il telefono. La mente vaga da sola, senza comandi.

Quando si perde a fantasticare fa sempre molta confusione. Confonde il passato con l'immaginazione. E lei di immaginazione ne ha sempre avuta tanta.

Quando mischia quelle due cose assieme si rende conto di creare un surrogato di impossibile nella sua testa.

Per esempio si ricorda di quando lei e Nicolas modellavano il loro amore come fosse un vaso di terracotta antico. Lo facevano a piacimento. Erano due spiriti liberi, legati dalla voglia di assaporare ogni ora prima che potesse scivolare via come sabbia fra le mani. 

Dio, come volava il tempo quando stavano assieme.

E quelle nottate fugaci passate a far l'amore in mezzo a stradine poco illuminate sotto la stessa pioggia silenziosa che cadeva adesso di fronte alle sue pupille dilatate, bé... erano solo ricordi lontani. Ricordi di una melodia di accompagnamento che probabilmente si era solo immaginata in un giorno qualunque e che non suonerà più così romantica nella sua testa.

Ha sempre creduto potessero essere un incastro perfetto loro due e, proprio in quel momento, come una lama a doppio taglio, si ricorda che forse allora erano solo bambini. Due bambini immaturi sulla vita. E per questo non funzionò.

Bastò un viaggio studio di tre mesi in Olanda programmato da lei con cura per migliorare le sue tecniche di pittura presso una nota accademia d'arte che le ginocchia di Nicolas cominciarono a tremare piano piano decidendo alla fine di tirarsi indietro da quella favola.

A quanto pare quello straccio di tempo, quel misero soffio, non poteva aspettarlo. E Léa si sentii a pezzi.

Ma di fronte a lui non si scompose.

"Ci sarà dell'altro" pensò in quel momento. "Magari altre cose che non so, e che non saprò mai", si continuò a dire. Ma non volle indagare. 

Ancora lo amava. Come poteva cancellare tutto e dimenticarsi di lui un momento dopo, così dal nulla, schioccando le dita? Non poteva, certamente.

E che importanza poteva avere sottolineare le sue ragioni. Dirgli che dovevano provarci. Dirgli che ne valeva la pena dopotutto. Tanto sarebbero finiti comunque per perdersi in un labirinto di discussioni inutili. Di quelle aspre e a senso unico.

Léa sapeva bene che ormai niente e nessuno poteva riattaccarle i quadretti di mosaico della sua pompa pulsante. Quell'affare che solo un attimo prima le regalava vitalità in tutto il corpo.

Scosse la testa e ritornò al presente. Ma la sua mente se non pianificava nulla in concreto tornava lì a quell'episodio quasi tutti i giorni. Lì, seduti su una panchina di metallo di fronte ad un campo sportivo. Due ragazzetti di diciott'anni compiuti. Così immaturi ma così acculturati sull'amore.

Léa smise di fissare lo sguardo basso di lui, i suoi capelli dalle ciocche lisce e le braccia conserte.

Smise di osservare il filo di voce che a malapena usciva dalle sue labbra quasi si vergognasse di chiudere quel rapporto durato ormai tre anni.

Smise di percepire la delusione che le lacerava gravemente il petto e che in risposta fece uscire un solo pensiero in lei, solo una frase, un mantra quasi, che a lui decise di non confidare mai:

  "Non farò altro che arricchirmi nella mia vita sai, non farò altro che rendermi migliore. Tutto per essere un regalo più bello per qualcuno un domani".

Mette play ad un po' di musica rilassante di una cantante emergente dal nome Teresa Bangsgaard. Perlomeno riusciva a spazzare via il turbinio accecato dei suoi pensieri.

Aveva fatto un'esperienza all'estero, cinque anni di università e ora si ritrovava con il punto interrogativo sulla fronte di pensare a cosa fare di tutto quel bagaglio culturale che "ti aprirà tantissime porte", dicevano. Quando invece al momento le uniche porte che percepiva erano quelle che le avevano sbattuto in faccia. Ma anche quelle che non riuscii mai ad aprire perché la sua vita scorreva troppo veloce.

E quelle che lievemente, in un sussulto, sembrava avessero ancora una fessura aperta e ogni tanto furtivamente ci sbirciava con la coda dell'occhio.

Sei ancora lì, Nicolas?

MELANGEWhere stories live. Discover now