3 • IL MIO GIORNO FORTUNATO

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«Giuseppina... Peppa?» sento chiamarmi alle spalle e mi volto di scatto. «Sei tu?»

Ho bisogno di qualche attimo per mettere a fuoco la ragazza tutta elegante che ho davanti e sovrapporre la sua immagine ai vaghi ricordi che ho delle mie compagne delle medie fino a trovare il match giusto.

«Raisa Rybakova!» esclamo.

«Sì» annuisce, con composto entusiasmo. «Ti ho riconosciuta subito».

Indossa un vestito turchese lungo e morbido e ha i capelli lisci molto chiari sciolti sulle spalle bianche. Identifico immediatamente la ragazza che è dietro di lei. Con quella frezza bianca che spicca sul resto della chioma corvina, l'avrei riconosciuta a occhi chiusi.

«Zoe!» la chiamo, osservando, non senza un pizzico di soggezione, il suo corpo tonico e slanciato fasciato da un ardito vestito nero in puro poliestere. «Stai benissimo!»

«Anche tu» mi risponde, sbattendo le folte ciglia nere e arcuate, poi si china per abbracciarmi. «Guarda, c'è anche Aveline».

Aveline Oldroyd fa timidamente capolino dietro la sua schiena. È proprio come la ricordavo: piccola ed esile e con i capelli molto vaporosi che le fanno sembrare la testa un po' troppo grossa. Indossa uno chemisier di raso di seta giallo limone.

Sì, uno chemisier. Lo stesso chemisier che, su di me, evocava quel mostruoso effetto mandriana e che invece, a lei, dona un'eleganza semplice e sobria, che ben si addirebbe a un'adorabile e genuina adolescente d'altri tempi cresciuta in un cottage o in una signorile magione. O in un qualsiasi altro tipo di costruzione ma, comunque, ben lontana dalle mandrie.

Devo assolutamente ricordarmi di inserire uno chemisier nell'armadio di Ronja, la mia protagonista. Non capisco perché non ci ho pensato prima. Eppure sembra proprio il capo d'abbigliamento perfetto per lei.

E quindi, anche se, dopo una rapida panoramica del salone giallo, mi sento di escludere la presenza del mio maschio da expo, questa festa potrebbe non rivelarsi del tutto inutile. Infatti, avverto di nuovo l'esigenza di appartarmi per estrarre il telefono e prendere appunti. Allungo il collo cercando di individuare i bagni con lo sguardo.

«Non preoccuparti per Luigino, è con Edison» mi dice Aveline. Anzi, più che dirmelo, me lo sussurra.

Ah, giusto. Luigino. Era proprio di lui che mi stavo preoccupando.

«Ah, bene. So che non hanno perso i contatti ma anzi hanno... ehm... giocato insieme, alcune volte» dico, cercando di mantenere un tono di voce neutro che non tradisca alcuna sottintesa allusione di tipo sessuale.

«Sì» bisbiglia lei, sistemandosi i capelli dietro le orecchie.

«E tuo fratello, invece?» butto lì, voltandomi verso Raisa. «Sta bene?»

«Oh, sì» risponde. «Benissimo. Lui e Susan stanno insieme da un anno e mezzo, lo sai?»

«Mia nonna mi ha accennato qualcosa».

«Richard è diventato bellissimo, vedrai» dice Zoe, vuotando il suo bicchiere. «Piace a tutte».

«Sì, mia nonna mi ha accennato anche questo» bofonchio, ma tutte e tre si sono voltate verso la grossa porta a vetri d'epoca che si è appena spalancata, facendo piombare il salone nel silenzio.

«Eccolo lì» dice Raisa, tutta orgogliosa.

Sulle note di un'aria sofisticata intonata da un violoncello, Richard Rybakov fa il suo ingresso in sala, tra gli affettati applausi di tutti. Per quanto mi tornino dolorosamente alla mente dinosauro, annaffiatoio e slippino, non posso che concordare con Zoe e con la nonna: Richard Rybakov è uno strafigo. Alto e magro, si muove e sorride con l'eleganza di un principe, indossa un completo sartoriale bianco dall'aria molto costosa e ha i capelli chiari tutti pettinati all'indietro.

MUDDY PUDDLE Where stories live. Discover now