Capitolo 6.1 For your eyes only, I'll show you my Heart

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Clara
Non ero una persona che amava procrastinare o che preferiva riposarsi piuttosto che lavorare.
L'ozio non aveva mai nemmeno provato a colpirmi, probabilmente certo che non sarebbe servito a nulla tentarmi.
Oltre ad amare il mio lavoro ero anche molto abile in esso perché la maggior parte dei miei compiti mi impartiva di organizzare eventi o di svolgere azioni in modo sistematico e preciso.
Ed era proprio ciò che mi riusciva meglio.
Ogni aspetto della mia vita era arbitrariamente organizzato dalla sottoscritta.
Amavo avere qualsiasi situazione sotto controllo, per evitare di trovarmi in situazioni di panico in cui ero certa non sarei riuscita a fare nulla se non rovinare tutto il lavoro che avevo fatto in precedenza.
Per questo avevo decine di agende, sia sul telefono sia materialmente dove segnavo ogni singolo impegno, per essere certa di ricordare tutto e di non sovrapporre troppe attività nella stessa giornata, calcolando inoltre un lasso di tempo vuoto tra ogni impegno per evitare che un imprevisto mi scombussolasse completamente i piani.
Poteva sembrare totalmente assurdo, ma senza tutti questi programmi non sarei mai riuscita ad andare avanti.
Vivere alla giornata, come si suol dire, non faceva per me.
Questo era tutto ciò che mi ripetevo e che cercavo di rammentare mentre ero seduta davanti al monitor del computer, in ufficio, mentre fissavo una pagina di Word completamente vuota, su cui non riuscivo a riversare nemmeno una parola.
Avrei dovuto iniziare a programmare un evento per alcuni importanti fornitori e collaboratori della nostra agenzia, organizzando con precisione ogni minima attività che si sarebbe svolta nell'arco di quasi dieci ore.
Ma in quel momento, ciò che mi riusciva meglio in assoluto, mi sembrava un'impresa impossibile.
Avrei dovuto iniziare a scrivere senza nemmeno dover rimuginarci sopra così a lungo, se fossi stata in me lo avrei certamente fatto.
Ma in quel momento tutto ciò su cui riuscivo a concentrarmi era la presenza di Drew al mio fianco.
Sapevo benissimo che avrei dovuto accantonare qualunque pensiero lo riguardasse, anche minimamente, ma quell'azione mi richiedeva più sforzo di quanto me ne richiedesse cercare di cavare a forza delle parole dalla mia mente.
Quando però mi voltai e i miei occhi si incagliarono a due gemme color acquamarina mi immobilizzai.
Smisi di pensare a tutto ciò che riguardava l'ambiente lavorativo, in cui per altro mi trovavo in quell'istante, e ogni senso di colpa che mi assaliva venne battuto dal bisogno di sognare ad occhi aperti per un momento.
Appena mi accorsi del comportamento infantile che stavo assumendo mi riscossi.
Mi voltai e riacessi il monitor, che nel frattempo si era oscurato per l'ennesima volta in quella giornata.
Ciò che mi bloccò però dall'affliggermi per via del lavoro che non riuscivo a completare, che in verità non riuscivo nemmeno a cominciare, fu lo sguardo opprimente del ragazzo accanto a me.
Raddrizzai la schiena, sentendomi improvvisamente in imbarazzo a causa della mia postura scorretta e di tutta quella situazione.
Il sangue cominciò ad affluire alle mie guance.
Cercai di offuscare le mie guance con delle cortine di capelli, ma sapevo che era tutto inutile.
Un sorriso sghembo si dipinse sul suo volto e io mi ritrovai ad arrossire ulteriormente, per essermi concessa di guardarlo di sottecchi ma soprattutto per essere stata scoperta.
Infatti il suo sguardo divertito mi aveva nuovamente trafitta.
Mi voltai del tutto e aprii la pagina del primo motore di ricerca che trovai sulla schermata del computer.
Pensai a qualunque informazione da cercare che potesse sembrare inerente al progetto che dovevo portare a termine.
Tutto ciò che mi venne in mente fu il tempo atmosferico.
Avrei dovuto guardare le previsioni perché nel caso in cui l'evento si fosse svolto all'aperto, andava concordato un giorno disponibile in cui possibilmente non ci fosse un acquazzone.
Aprii il primo risultato dato dalla ricerca e iniziai a sfogliare il sito, che come icona aveva una nuvola da cui scaturiva un fulmine.
" L'evento si svolgerà in un luogo al chiuso, Ribelle"
Quella frase bastò a colpirmi in pieno.
Appena mi resi conto della figura che avevo appena fatto, d'istinto mollai la presa e mi ritrovai con la testa appoggiata sulla scrivania in legno e con il volto nascosto dai miei riccioli castani.
Sentii le dita di qualcuno accarezzare i miei capelli.
" Ti servirebbe una pausa Ribelle, se continui a guardare quello schermo in modo così concentrato ti usciranno gli occhi dalle orbite"
" Devo scrivere almeno qualcosa" dissi, certa che la mia voce fosse stata offuscata dalla folta chioma di ricci che mi si era riversata davanti al volto.
" No, non devi Ribelle"
" Si, invece"
" La stai prendendo come una costrizione. Non devi farlo. Devi rilassarti"
" No, invece. Devo concentrarmi se non finirò poi farò arrabbiare qualcuno, e mi licenzieranno, e io ho bisogno di questo lavoro e"
Non riuscii a terminare la frase.
Il fiato iniziò a mancarmi e iniziai ad annaspare in cerca di aria.
Iniziai ad ansimare e sentii un peso incredibile all'altezza della cassa toracica, come se qualcuno stesse tentando di schiacciarmi.
Alzai il busto e mi aggrappai al bordo della scrivania.
Drew si precipitò affianco a me.
Il suo volto assunse un'espressione preoccupata e premurosa.
" Clara"
Il suono del mio nome pronunciato da lui, così soave mentre usciva dalle sue labbra, mi fece rinsavire leggermente, ma il fiato si ostinò a non voler entrare nei miei polmoni.
" Clara, guardami" mi impartì, con voce ferma e controllata.
Mi voltai leggermente e mi trovai priva di un appiglio.
Lui intrecciò le dita delle sue mani alle mie, continuando a fissarmi negli occhi.
" Ora respira, lentamente" aggiunse, scandendo per bene ogni singola sillaba.
Iniziai a respirare con cadenza lievemente più regolare.
Il calore delle sue mani mi scaldò ogni singola parte del corpo.
" Clara"
Smisi di boccheggiare e mi specchiai nelle sue iridi chiare.
Mi accarezzò una spalla, facendo fremere ogni poro della mia pelle.
" Va meglio?"
Annuii.
" Prenditi una pausa, dico sul serio, non c'è alcun problema"
" Non è necessario, davvero"
" Si, invece"
" Non è vero, io sto..."
Non feci in tempo a finire la frase.
Mi cinse le spalle e con un movimento rapido mi caricó sulla sue spalle.
Cercai di dimenarmi, in preda all'imbarazzo dato da tutti quegli sguardi stupiti che ci scrutavano.
Iniziai a picchiettare con le dita la sua schiena, passando poi a tirare dei pugni, andando incontro alla sua pelle che irradiava calore, anche se a separarci vi era il tessuto della sua camicia bianca.
I muscoli contratti della sua schiena guizzarono ancora di più.
Alla fine scelsi di smettere di opporre resistenza, capendo che tutti i miei tentativi erano vani.
Giungemmo davanti a una porta d'ebano dalla parte opposta rispetto all'ufficio.
" Io giuro che ti uccido, Starkey"
" Oh, passiamo anche ai cognomi. Molto minaccioso. Sei carina quando ti arrabbi, Ribelle"
Arrossii inavvertitamente.
Non avrei mai voluto e non avrei mai dovuto farlo, ma il mio corpo era a contato con il suo e non riusciva nemmeno a controllare qualsiasi istinto primario, quindi di contenersi non pareva esserci verso.
" Ti stai facendo odiare fin troppo, Starkey"
" Il modo in cui stai arrossendo dice il contrario"
Lui aprì la porta, cingendomi le coscie con un solo braccio, nel tentativo di sorreggermi.
" Giuro che se mi fai cadere io..."
" Si, mi uccidi, è chiaro. Non ti farò cadere, pesi quanto una piuma, non devo fare chissà quale fatica, potrei reggerti anche con un dito"
In qualche modo quel suo complimento mi rassicurò, anche se quello non era il suo scopo.
Il solo pensiero degli appellativi che mi erano stai attributi in passato, in relazione al mio peso, ben diversi da quanto appena dichiarato da Drew, mi fece pizzicare le cornee.
Sentii un eccessivo bisogno di sfogarmi e di scoppiare a piangere, come facevo ogni sera quando tornavo a casa dopo aver ricevuto gli ennesimi insulti legati al mio fisico.
Tutti il peso di quei mesi trascorsi rintanata nella mia camera, isolata da chiunque, chiusa in me stessa all'estremo, tagliata fuori dal resto del mondo per evitare di soffrire, raffioró e mi provocò la formazione di un groppo alla gola.
" Clara, va tutto bene? Sei fin troppo silenziosa" Mi chiese, allarmato.
" Stavo solo pensando a quanto tu fossi pretenzioso e narcisista" mentii.
" Oh, questi tre minuti di silenzio mi avevano fatto sentire la mancanza della tua voce, Ribelle.Certo che sei proprio testarda, eh"
Dopo qualche minuto mi liberò dalla sua presa, riportandomi delicatamente a terra, facendomi sentire la mancanza del contatto con la sua pelle.
Mi guardai intorno, esaminando gli interni del piccolo stanzino in cui ci trovavamo.
Tutto ciò che conteneva era una scrivania d'ebano, una sedia girevole in pelle nera, una macchinetta del caffè, riposta su una credenza nera, un distributore d'acqua e un divanetto nero in pelle.
Sulle pareti candide era appesa una riproduzione di un quadro di Monet e un diploma di certificazione dell'azienda.
Drew approfittò della mia momentanea distrazione e chiuse la porta con una chiave in metallo.
" Giuro che ti uccido, cosa diamine stai facendo?" Esclamai, cercando di rubare la chiave dalla sua mano.
Lui la infilò rapidamente nella tasca dei suoi pantaloni.
" Dammi la chiave"
" Vieni a prenderla"
" Oh, lo farò eccome"
" Non lo farai invece"
" Oh, non sfidarmi"
" E come hai intenzione di fare, Ribelle?"
Trasalii.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto avrei dovuto avvicinarmi per riuscire a recuperare la chiave.
Il fiato mi si mozzò in gola.
Dopo qualche secondo mi riscossi e raccolsi quel poco di audacia che contavo ancora.
" Pensi seriamente che non farei di tutto per averla? Potrei anche sedermi su di te pur di prendere quella chiave"
" Allora fallo, non c'è alcun problema"
Sussultai. Non pensavo che mi avrebbe concesso così facilmente di sfuggirgli.
" Qualcosa mi dice che mi stai mentendo e che tutto ciò non può essere così semplice, quindi non rischierò"
" Ti stai per caso ritirando?"
" Diciamo che con una certa rielaborazione personale delle mie parole, decisamente dettata dal tuo spropositato ego, si può giungere a una conclusione del genere"
" Tutto ciò è per non ammettere che il tuo di ego è profondamente offeso?"
Alzai le sopracciglia.
" Con quale autostima stai affermando tutto ciò, questo mi devi spiegare"
" Credimi, potrei affermare tantissime altre cose, che nemmeno immagini" mi sussurrò all'orecchio, facendo fremere ogni parte del mio corpo.
Il modo in cui il suo bicipite guizzò visibilmente da sotto il sottile tessuto della camicia mi fece trasalire ulteriormente.
" Ti odio" affermai, con determinazione.
" Non è vero, Ribelle"
" Come puoi saperlo?"
Si avvicinò nuovamente al mio orecchio.
" Se mi odiassi, non reagiresti così ogni volta che ti sfioro"
Il lieve sussurro e il suo fiato caldo sulla mia nuca furono sufficienti a farmi rabbrividire, in qualunque punto.
" Mi stai solamente facendo perdere tempo, lasciami andare"
" Lo scopo è proprio questo, Ribelle. Farti perdere tempo, con altri tipi di distrazioni" disse, accentuando quell'ultimo termine.
" Tutto ciò è fatto in modo non consenziente, questa è una forma di detenzione, potrei farti arrestare"
" Addirittura Ribelle. Così ferisci il mio ego"
" Sicuramente farà bene al tuo ego, diventare meno spropositato farà bene sia a te che a lui"
" Oh, così mi ferisci ancora di più" disse, portando una mano sul petto, con fare melodrammatico.
Tutto ciò a cui riuscii a pensare, seguendo il movimento rapido della sua mano, fu il suo torso statuario senza nessuno strato a coprirlo, con quella leggera camicia di lino sbottonata e poi gettata sul pavimento.
Quella fantasia fu facilmente interrotta dallo schiocco di dita che avvenne davanti al mio naso.
" Ti sei incantata? Cioè modestamente non sono per niente male ma non pensavo fino a questo punto"
Oh, se solo sapesse quanto lo è.
Scossi la testa.
" Sei troppo ossessionato da te stesso. Il modo non gira intorno a te, Drew"
" Oh, lo so benissimo. Però in questa stanza ci siamo solamente noi due e tu ti sei soffermata a osservare un punto molto preciso poco fa, quindi dico che quelle chiazze rosse sul tuo collo sono decisamente merito mio"
Sentii il sangue affluire nelle guance in modo fin troppo rapido, immaginando già il suo sguardo beffardo, mentre si prendeva gioco di me per il modo infantile in cui arrossivo.
Se solo potesse vedere l'effetto che mi fa in ogni parte del corpo.
" Che succede, hai perso il tuo arco e le tue frecce, Ribelle?"
" Non provocarmi Starkey"
" Perché no? È divertente"
" Vedo che sei uno che se ne intende di divertimento se trovi questo così esilarante"
" Oh, me ne intendo eccome"
Quel suo sorrisetto sghembo riapparve e io deglutii della saliva che sembrava essere fuoco, lasciando una scia calda e acida nella mia gola.
" Posso anche dimostrartelo se vuoi"
Ogni parte di me ricominciò a fremere, mentre mi accingevo ad accavallare le gambe.
Lui si sedette a gambe divaricate al mio fianco e io non potei fare a meno di seguire quel movimento con lo sguardo.
Aveva la testa reclinata all'indietro e le palpebre chiuse, mentre il tessuto della camicia gli si era leggermente alzato e si stringeva sull'addome, provocandomi una serie di brividi.
Abbassai leggermente l'orlo della gonna del mio tubino, in preda al panico.
Lui prese tra le dita uno dei mie ricci che quel giorno avevo deciso di lasciar ricadere morbidi sulle spalle e iniziò ad arrotolarlo intorno al suo dito, tenendo il suo sguardo fisso sulla mia nuca, dove sembrarono rimanere i segni del suo vigile sguardo, come se fossero stati marchiati a fuoco sulla mia pelle.
" Stiamo perdendo troppo tempo"
" Come ti ho già detto, lo sto facendo appositamente per farti perdere tempo. Sei testarda e anche dura di comprendogno a quanto pare"
" Mai quanto te"
" Mi mancavano i tuoi insulti, Ribelle, stavo iniziando a pensare che ti avessi fatto perdere la parola"
" Solamente nei tuoi sogni più remoti può accedere ciò"
" Nei miei sogni più remoti succede ben altro"
" E cosa, sentiamo?"
" Fidati, non lo vuoi sapere"
" Non crederai mica di avere un trascendente tale su di me, Starkey"
" Non lo dico solamente perché so benissimo di cosa sto parlando ma non lo vuoi ammettere a te stessa"
Sussultai.
" Non penso tu ti sogni me perfino di notte, quindi non penso di sapere di cosa stai parlando"
" E invece lo sai eccome, Ribelle. Ti riguardano da molto più da vicino di quanto pensi" mi sussurrò all'orecchio.
Lui si alzò, mentre quel suo ghigno soddisfatto tornò a farsi strada sul suo volto.
Luì aprì la porta di scatto, mentre io rimasi seduta, in preda a un caldo improvviso che stava risalendo tutto il mio corpo.
" Allora, cosa aspetti? Si torna al lavoro" disse, incamminandosi verso la metà opposta dell'ufficio, lasciando dietro di sé la porta aperta e una versione alquanto sconvolta di me stessa.

Non ho mai creduto nella scaramanzia, ma dopo ciò che mi successe iniziai a dubitare che tutti gli imprevisti potessero essere definiti imprevisti.
Quel giorno ero decisa a non voler gravare su Drew e di non volere che fosse lui a riportarmi a casa.
Anche per via del silenzio imbarazzante che sarebbe calato intorno a noi, dopo l'ambigua conversazione avvenuta nello stanzino poche ore prima.
Ma appena uscii dall'ufficio tutte le mie certezze si frantumarono.
La pioggia battente rimbalzava sulle strade, provocando dei rumori secchi, quasi inudibile a causa della folla che portava con sé un vociare assordante.
E ovviamente io non avevo pensato all'eventualità che piovesse quella mattina e di conseguenza non avevo nessun ombrello con me.
Mi portai una mano sul viso e armandomi di tutto il coraggio che riuscii a racimolare in quel momento iniziai a farmi strada tra la folla, cercando di raggiungere la fermata dell'autobus, ma fu un'impresa molto più ardua di quanto pensassi. La calca mi lasciava ben poco spazio per respirare e mi sembrava di venire schiacciata da tutti quei corpi fasciati da giubbotti impermeabili decisamente scivolosi.
Appena riuscii a sfuggire alla folla dovetti prendermi qualche secondo per recuperare fiato e per evitare di avere un attacco di panico, ritrovandomi da sola in una città che conoscevo ben poco.
Dopo aver trovato almeno la forza di reggermi sulle mie gambe mi incamminai verso la stazione degli autobus più vicina. Ma per mia ennesima sfortuna quel giorno, avevo perso il pullman che mi avrebbe portato a casa e il prossimo sarebbe giunto lì mezz'ora dopo.
Mi lasciai ricadere sfinita sulla banchina, leggermente riparata da un plexiglass che avrei scommesso che non avrebbe retto quel temporale.
Incerta selezionai il numero di mia madre nella rubrica, decidendo poi di non disturbarla e di limitarmi a lasciarle un messaggio dove le precisai che sarei arrivata in ritardo.
Mi rimaneva un'unica opzione.
Selezionai il contatto di Drew e rimasi immobile, con il telefono tra le mani, insicura su quale alternativa fosse la migliore: rimanere sotto a quella banchina, a gelare, rischiando una broncopolmonite, oppure sorbirmi gli sproloqui di Drew durante il tragitto che mi riportava a casa.
Alla fine scelsi la seconda.
Cliccai l'icona blu della cornetta e tentai di chiamarlo.
Rispose dopo nemmeno il secondo squillo.
" Clara, va tutto bene?"
" Potresti venirmi a prendere, ti prego"
Mi aspettavo che si gustasse almeno un minimo quella vittoria, sentendo la mia voce sommessa implorarlo di fare qualcosa per me, ma non fu così.
" Arrivo subito, mandami la posizione" disse, senza aggiungere nemmeno un'altra parola.
Io gli inviai il messaggio e attesi il suo arrivo come un bambino attende l'arrivo della mattina di Natale.
Trepidante, impaziente quasi da impazzire.
Appena scorsi la sua berlina nera accostare davanti alla fermata dell'autobus mi alzai di scatto e la raggiunsi.
Aprii la portiera in pochi secondi e mi accomodai sul morbido sedile in pelle.
" Dio mio, Clara, stai bene?" Mi chiese.
" Si, sono solo un po'... infreddolita"
Lui si sfilò l'elegante giacca scura e me la posò sulle spalle in un gesto rapido.
Dopo pochi secondi azionò anche un getto di aria calda che fuoriusciva da una bocchetta accanto alle mie gambe.
Il tepore di quel getto mi donó una sensazione di sollievo.
" Clara, non posso riportarti a casa tua"
" Perché no?"
" Sei fradicia, lo sbalzo termico con la temperatura elevata che c'è qui dentro ti porterà ad ammalarti. Devo portarti a casa mia, è meno distante, così potrai asciugarti, poi ti riporto a casa"
" Drew, non è necessario, dico sul serio, già che tu sia venuto a prendermi ti fa onore ma non posso accettare nulla del genere"
" Non posso lasciarti in questo stato, ti ammalerai e non posso permetterlo"
Esalò infine, cambiando completamente rotta.

Spazio autrice
Ciao, come state? Allora, sono una persona incoerente, lo so, ma credetemi quando ho detto che mi prendevo una pausa era perché non avevo tempo nemmeno per respirare. Non che ora ne abbia molto di più. Questo capitolo è frutto di un viaggio di andata e ritorno da casa mia a Milano in treno. Sono andata a Milano per incontrare Tahereh Mafi, l'autrice di " Shatter me" e di " this woven Kingdom", una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto.Non so nemmeno come abbia fatto a scrivere così tanto, però meglio. Comunque voglio ringraziarvi per tutte le letture, i voti e i commenti per tutte le mie storie perché siete veramente numerosi e vi amo tutti, grazie veramente per tutto il supporto.
Spero inoltre che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia vi stia piacendo <3

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: May 21, 2023 ⏰

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𝐍𝐄𝐖 𝐘𝐄𝐀𝐑'𝐒 𝐃𝐀𝐘 || Drew Starkey Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora