1 • IL PARADISO DEL PERFETTO MISANTROPO

Start from the beginning
                                    

«Deve essere questa resistenza» dice, esortando con un esplicito gesto della mano la sua unica nipote a infilare la testa nel forno a sua volta. «Vedi?»

«Senti, nonna» la chiamo, sperando di distrarla dal malsano proposito. «Ho bisogno di un consiglio per questo vestito».

La nonna sfila la faccia paonazza dal malefico elettrodomestico e mi scruta da testa a piedi.

«Beh, Peppa... Perché sembri così ansiosa?»

«Sono davvero tanti anni che non vedo i miei vecchi amici» dico, mettendomi i capelli dietro le orecchie.

«Saranno tutti felici di rivederti, vedrai» mi incoraggia la nonna. «E io sono così contenta che passiate qualche giorno qui con me! Da quando tua madre mi ha avvisata che sareste venuti ho fatto il conto alla rovescia!»

Ecco, ora mi sento in colpa. Io qui a preoccuparmi del vestito e quell'essere abietto di mio fratello svaccato sul divano a sgranocchiare biscotti carbonizzati mentre la nonna, per giorni, non ha aspettato altro che il momento di riabbracciarci.

«Questo posto non è più stato lo stesso, da quando ve ne siete andati in città» dice, sedendosi al tavolo. «E dire che, all'epoca, avevo ancora il nonno».

Conservo del nonno meno ricordi di quelli che vorrei, purtroppo. Mio padre è stato trasferito a Londra dieci anni fa, quando io avevo quattordici anni e Luigino dodici e, da quel momento in poi, i rapporti con i nonni sono andati via via diradandosi fino a trasformarsi in vere e proprie rarità.

Quando, sei mesi fa, il nonno è venuto a mancare, mi sono resa conto di avere tanti ricordi di lui prima che si ammalasse di demenza senile, dei lunghi pomeriggi piovosi passati in sua compagnia o di quando ci portava in barca con lui. Ma purtroppo, mi sono accorta anche di non averne praticamente nessuno della sua malattia, del periodo in cui lui avrebbe avuto bisogno di assistenza o, quantomeno, di compagnia. E noi non c'eravamo.

Non ripeterò lo stesso errore con la nonna.

«Senti, nonna» le dico, sedendomi accanto a lei. «Che ne dici se prepariamo altri biscotti?»

«No, Peppa» sorride, guardando l'orologio a pendolo. «È meglio se vai a prepararti, se non vuoi fare tardi alla festa».

«Ma è ancora presto» protesto, perché mi sono messa in testa di passare del tempo con lei e perché non ho alcuna voglia di andare a quella festa. Fanculo i biscotti. Possiamo sempre fare una sana e corroborante chiacchierata a cuore aperto.

«Susan è una ragazza così adorabile» dice la nonna, «sono contenta che voi due siate rimaste amiche, nonostante tutti gli anni passati lontani. Da bambine eravate inseparabili».

Faccio un bel respiro e mi caccio in bocca un paio di briciole annerite. Devo stare calma. Ma, purtroppo, c'è qualcosa di maligno e incontrollabile che scatta dentro di me tutte le volte in cui Susan Ellis viene elogiata in mia presenza.

«Beh, proprio amiche, adesso...»

«Si è laureata con il massimo dei voti in scienze infermieristiche» continua la nonna, tutta entusiasta, «e sai che è fidanzata con Richard? Si sposeranno non appena si sarà laureato anche lui».

«Richard?» domando, attonita. «Richard Rybakov?»

«Sì» conferma la nonna. «Ti ricordi di lui? Era molto amico di Luigino, se non vado errata».

Non va errata. Certo che mi ricordo di Richard Rybakov. Varie immagini imbarazzanti stanno riaffiorando alla mia mente: Richard Rybakov che piange mentre gioca a Gormiti insieme a Luigino nel recinto della sabbia. Richard Rybakov che piange per saltare la fila dello scivolo al parco giochi. Richard Rybakov con i braccioli e lo slippino a righe che piange inconsolabile guardando affondare nella piscina l'annaffiatoio che si era portato dietro da casa.

Sto quasi per scoppiare a ridere quando la nonna decide di sferrare il colpo letale.

«Un uomo rispettabilissimo. Studia ingegneria. Tutte le ragazze, qui, sono innamorate di lui».

Un uomo rispettabilissimo che studia ingegneria. Richard Rybakov.

«So che tra te e Susan ci sono stati... dei contrasti, in passato» dice la nonna, accorgendosi della mia espressione. «Ma, dopo tutti questi anni, sono certa che tu sia pronta per lasciarti alle spalle simili sciocchezze da adolescenti. Vi conoscete da più di vent'anni».

Taccio, perché non voglio deludere la spropositata opinione che la nonna, evidentemente, ha di me, confessando che non ho la minima intenzione di lasciarmi alle spalle alcunché. Io e Susan ci conosciamo da più di vent'anni, infatti. E, per più di vent'anni, lei è stata più alta, più magra, più carina, più femminile e più brava a scuola di me. Per più di vent'anni Susan ha raggiunto tutti i traguardi importanti più in fretta e più facilmente di me.

Insomma, diciamo le cose come stanno. Tra noi, non ci sono stati dei contrasti. Tra noi c'è stato un unico, spietato e monodirezionale placcaggio, tanto per mantenere la metafora rugbistica della nonna.

E quindi no, non sono disposta a lasciarmi tutto alle spalle.

Anzi, quando, di punto in bianco e dopo anni di silenzio, ho ricevuto l'invito alla sua festa di compleanno, dopo un primo momento di stupore, sono stata quasi tentata di chiamarla per mandarla al diavolo. Poi, però, vista la condizione in cui mi trovo, ho pensato che cambiare aria potesse non essere una cattiva idea. Brughiera, pioggia pressoché incessante, modesti gruppi di abitanti quieti e attempati, piccoli centri abitati, costruzioni in colori pastello placidamente appollaiate su dolci e verdeggianti collinette. E poi altra brughiera. Brughiera ovunque. Un vero e proprio paradiso per il perfetto misantropo, l'ha definito qualcuno. Ma anche per chi odia il sole. E per chi ama la brughiera, ovviamente.

«Susan è una ragazza brava e cara» la nonna rincara la dose. «Ma anche tu ti sei presa le tue soddisfazioni, giusto, Peppa? Ho saputo del tuo libro. Come va la stesura?»

...e per chi è alla disperata ricerca di ispirazione.

Mi stavo ponendo il problema se fosse o meno il caso di pubblicare una storia con un'ambientazione così spiccatamente autunnale in una tiepida giornata di maggio

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

Mi stavo ponendo il problema se fosse o meno il caso di pubblicare una storia con un'ambientazione così spiccatamente autunnale in una tiepida giornata di maggio. Poi, però, il caso ha voluto non solo che oggi il cielo fosse grigio e carico di pioggia, ma anche che io mi beccassi un raffreddore di quelli potenti, cioè di quelli che ti stroncano. E quindi me ne sto qui, con la capoccia come un tamburo, a sorseggiare il mio tachifludec bollente con 24 gradi dentro casa, la goccia al naso e la copertina sulla gobba.

Perché in fondo l'autunno non è una stagione, è uno stato d'animo.

A giovedì con un nuovo capitolo (un pochino meno breve di questo).

Ps. la freccia del coso sopra la vedete in movimento?

Baci baci

🦉AppleAnia 🦉

MUDDY PUDDLE Where stories live. Discover now