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Mentre li osservava dirsene di tutti i colori, Dennis faceva ballare i piedi seduto sul muretto di mattoni, che componeva un'aiuola rialzata nel giardino di suo padre con dentro due cespugli di un fiore indefinito e un bonsai un po' troppo grande.

Non ricordava nemmeno quando fosse stata l'ultima volta che i suoi genitori si fossero effettivamente parlati faccia a faccia, solo qualche spruzzo qua e là magari deformato nel corso del tempo. 

Vederli attraverso la finestra, senza riuscire a sentire una sola parola, li rendeva in realtà piuttosto buffi e più volte Dennis distolse lo sguardo per nascondere una risata divertita. I suoi genitori sembravano attori di un film muto.

In quel momento apparve alle sue spalle Yazmin che, stupita di vederlo lì fuori, lo salutò con forse troppa enfasi: «Ciao Dennis!»

Dennis si girò per capire chi lo stesse chiamando e nel mentre che completava quest'azione Yazmin gli si avvicinò e si sedette accanto a lui.

«Ciao.»
«Che succede? Quelli sono i tuoi genitori?»
«Si, credo stiano parlando.» Dennis alzò le spalle senza smettere di guardare la finestra. Ora i suoi genitori si erano calmati un momento, suo padre si stava grattando la fronte e sua madre stava facendo qualcosa di indefinito perché guardava per terra, forse fingeva di cercare qualcosa nella borsa.

«Ho saputo quello che è successo con il dipendente di tuo padre. Mi dispiace così tanto, stai bene vero?»
«Si, è tutto ok.»
«Tutti dicono di essere rimasti sconvolti, dicevano che fosse una brava persona. Non se lo aspettava nessuno.»
«Era strano.» Dennis dovette fare un grande sforzo per non cedere alla tentazione di sorridere soddisfatto al pensiero di Dimitry dentro al sacco per cadaveri, «Sai la gente deve sempre fingere per ottenere quello che vuole.»
«Davvero?»
«Sì, tu non lo hai mai fatto? Lo fanno tutti.»
«No.» disse convinta Yazmin seguendo lo sguardo del suo amico che cadeva sempre su quella finestra. Ora Natahsa e James si stavano guardando senza parlare, «Non ha senso fare finta non credi?»
«Può se ti aiuta ad ottenere quello che vuoi.»

«Non si ottiene niente con la falsità, ti ritornerebbe tutto indietro e tutte le tue bugie verrebbero smascherate. Non trovi?»
«Fingere e mentire non sono la stessa cosa.» Dennis si voltò a guardare la sua amica, i suoi occhi si strizzarono impedendo di capire i lineamenti delle sue iridi, «Una bugia modifica solo quello che vuoi che gli altri, non essendo presenti, ricordino di un determinato momento. Fingere modifica l'intera realtà di una persona che vive la tua esistenza.»

Yazmin rimase colpita da quello strano discorso che avevano iniziato insieme. Non aveva mai parlato di questi argomenti con nessuno dei suoi amici, anzi, non pensava nemmeno fossero in grado di sostenere certi pensieri. Però rimase anche molto affascinata dal modo in cui Dennis parlava: «E cos'è più conveniente? Fingere o mentire?»
«Dipende che cosa conviene a te.» Dennis tornò a guardare i suoi genitori.

Calò il silenzio tra i due ragazzini e Yazmin ne approfittò per riflettere a lungo su quanto si erano detti.

***

«Ok senti, non possiamo andare avanti così.» James si stava schiacciando le tempie con le dita, stufo di quella assurda conversazione, «Stiamo trattando nostro figlio come un premio da conquistare. Se sei venuta qui perché hai un piano in mente dillo e basta.»
«Ci divideremo i compiti.» Natasha posò finalmente quella stupida borsetta sulla sedia di fianco e guardò James come non aveva mai fatto prima, «E non ci rivolgeremo né al giudice né ai servizi sociali.»
«Dividerci i compiti in che modo?»
«Due settimane a te, e due settimane a me.»

James sgranò gli occhi incredulo. Diede un'altra occhiata fuori in giardino per assicurarsi che Dennis non stesse minimamente captando l'argomento in questione. Si tranquillizzò quando lo vide parlare con Yazmin.

Poi tornando a fissare la madre di suo figlio chiese a bassa voce: «Stai scherzando? Dovrei concentrare tutto quello che voglio fare con lui in soli quindici giorni?»
«Ci sei riuscito in un weekend, saprai stupirmi.»
«Non se ne parla Natasha! Due settimane sono troppo poco.»

La donna si alzò dal tavolo riprendendo la borsa nera che giaceva al suo fianco, stufa di quella conversazione.

Stava per andare alla porta d'ingresso quando James la fermò: «Aspetta, ho un'idea migliore.»
«Sentiamo.»
«Un mese e un mese. Ci stai?»

Natasha sbuffò, come se si aspettasse dopotutto che l'uomo avrebbe contrattaccato. Anche lei in realtà sosteneva che due settimane fossero nettamente poche per godersi la crescita di suo figlio Dennis, ma aveva davvero messo da parte l'egoismo e aveva cercato una soluzione che agevolasse tutti e due.

Tuttavia, in quel momento, non aveva più voglia di palrare e alla fine cedette acconsentendo all'alternativa di James: «Va bene, andata.»

Sulle tracce di Dennis LoganDonde viven las historias. Descúbrelo ahora