E, dunque, tesoro mio, Ti voglio bene. Ti voglio bene più d'ogni altro, perché tu proteggi il mio cuore, lo fai crescere, e sei capace a risvegliare quei sentimenti da tempo morti, la mia facoltà di provare emozioni e non reprimerle.

Un peso dal cuore, adesso il quale leggero come una piuma. E solo grazie a te.

Ho lasciato un pezzo di me all'Havana ed ogni volta che tornerò - che torneremo - sarà come la prima, faremo l'amore e ci diremo "ti voglio bene". E ti darò tutti i baci che vorrai, senza vergognarmene.

Tuo, Taehyung.


"Ed i suoi attacchi di panico? Sono stati frequenti nelle ultime settimane, o è riuscito a controllarli?"

"No." secco e deciso.

Taehyung era un pezzo di ghiaccio sul lettino dello strizzacervelli. Odiava recarsi in quello studio, odiava mettersi seduto a farsi giudicare per il suo essere, per giunta regalare pure dei soldi per qualcosa che non desse frutti.

"Mi ha riferito che, al contrario di quanto le avessi prescritto, ha smesso di assumere ansiolitici ed antidepressivi."

"Sì." non una parola in più, non una di meno.

"Signor Kim, ho bisogno di conoscere le sue condizioni di salute, al contrario non potrò fare la mia diagnosi."

"Sto normale." ancora freddo e sentenziario.

Lo psichiatra prese un respiro. "Si è presentato questa mattina dicendo di aver avuto una delle sue solite crisi, mentre adesso è cambiato all'improvviso."

"Adesso va solo meglio." si limitò a dire. "Ma il problema rimane."

"Da cosa è scaturito il suo attacco di panico? C'è stato un evento in particolare?"

"Oggi ricorre... la morte di mio padre." dove tutto cominciò. "Mia madre ha telefonato dall'Ohio e me lo ha ricordato..."

"Capisco." lo strizzacervelli sospirò. Con due dita alle sopracciglia, vestito di tutto punto in giacca e cravatta, teneva una conversazione lenta, adatta per Taehyung che dovesse rilassarsi.

"È poco virile." tratteneva i singhiozzi.

"Signor Kim, la seduta può prevedere anche il silenzio."

"Ah! Lo so... me lo ricorda ogni volta." si schiaffò esausto una mano sulla coscia. "Ma non la pago per stare in silenzio, vorrei che i miei problemi fossero in qualche modo risolti."

Lasciò trasparire la sua disperazione, lasciò che il suo strizzacervelli notasse anche la minima vena di stabilità scomparire. "Mi distacco da ogni idea freudiana. Piuttosto preferisco insegnarle a gestirsi, oltre che lenire il suo dolore con i medicinali." si alzò dalla scrivania. "Lei, Signor Kim, soffre di un disturbo depressivo reattivo, causato da lutto procrastinato e cronico. Reprime ogni emozione del suo sistema conseguentemente alla perdita, in più non riesce a metter fine alla sua sofferenza."

"Tsk!" Taehyung s'espresse in uno sbuffo.

"Non sono qui per dirle che piangere è poco virile, come dice lei. Se non vuole assumere le medicine prescritte, mi permetta di aiutarla a gestire il suo sistema emozionale." il dottore si mise seduto sul banco d'interrogazione.

Taehyung, di fronte a lui, rimase immobile. "Sente la pressione di una società che indubbiamente pone dei canoni in cui rientrare per essere definiti normali o sani - e francamente non sono mai riuscito a capirne i confini... quale sia il limite fra normalità e non."

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