Capitolo 19: Un fiore di vetro

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Allungai le braccia verso la cesta di mele che mi porgeva Amon. Fu una movenza lenta e faticosa, alcune gocce di sudore mi scesero sulle tempie mentre digrignavo i denti. Una volta che piegai i miei arti per avere una presa migliore sulla cesta, alcuni suoni metallici e tintinnii fuoriuscirono dai miei automail senza promettere niente di buono. Amon accorse e rimosse alcune mele dalla mia cesta mettendole nella sua, alleggerendomi il carico.

"Ti trovi meglio così?"

"Sì. Grazie."

Quella fu la mia seconda settimana di riabilitazione. In genere una riabilitazione completa per gli automail sarebbe dovuta durare tre anni, anche se riabilitazioni di un anno o anche meno erano state registrate. Nel mio stato attuale riuscivo a muoverle in modo limitato, mi sentivo come se avessi le braccia ingessate. Mi chiedevo se sarei mai riuscito a tornare a muovermi con l'agilità di un tempo, maneggiando le mie spade con manovrabilità fulminea e versatile.

Ma soprattutto, mi chiedevo per cosa avrei combattuto d'ora in poi.

Del resto, combattere era l'unica cosa che mi era stata insegnata, l'unica causa a cui mi dedicai.

Guardai le mele nella cesta. La loro buccia rossa come il sangue rifletteva i raggi solari di una giornata dal clima temperato, ottima per fare riabilitazione all'aperto senza surriscaldare i miei automail.

"Questa specie di mela è esclusiva del nostro villaggio. La coltiviamo da generazioni e può sopravvivere solo in cattività qui a Ortjence."

"È un re padrone del suo regno, coperto da una grossa campana di vetro. Tuttavia una volta messo un piede fuori, torna ad essere un pargolo alla stregua del mondo selvaggio."

"È-è un altro modo di porla, presumo."

Amon osservò i miei occhi, spenti e stanchi. Il mio sguardo si perdeva con facilità in piccole cose, come ad esempio quelle mele, il riflesso del sole sulle mie mani metalliche, i vari insetti che ronzavano tra la vegetazione.

La strada di ritorno dal frutteto fu silenziosa, un po' come l'andata.

"Nero, hai un fiore preferito? Potrei adornare la tua camera con qualcosa di carino, se lo coltiviamo."

"Nessun fiore in particolare mi attrae."

"Mhh, sempre dritto al punto. Ad essere onesto, nemmeno a me interessano molto i fiori. Tuttavia, mia moglie adorava i girasoli. Dicevano che le ricordavano il sole, quindi la luce e la vitalità. Sai, lei era molto malata. Nei suoi ultimi giorni, perse la vista. Mi chiedo se sperasse che una volta lasciato questo mondo, l'enorme piantagione di girasoli che abbiamo dietro casa avesse potuto consolarmi e ricordarmi delle memorie più luminose che ebbi con lei. Il nostro primo incontro, il nostro matrimonio, la nascita di Otis."

Osservai l'uomo, che ormai aveva le guance bagnate da fiumi di lacrime.

"È vero, mi aiuta a tenerla viva nel mio cuore. Ma a volte, quando vedo quei fiori dorati danzare nel vento, l'insostenibile peso della sua assenza mi schiaccia."

"Mi dispiace."

Amon mi guardò, con la bocca mezza aperta dallo stupore.

"Hai perso anche tu qualcuno di importante?"

Mi presi del tempo per rispondere.

"No. Ma comprendo quella sensazione."

L'espressione di Amon si ammorbidì.

"Permettimi di essere indelicato."

"Oh, che strana richiesta da parte tua."

"Perché?"

"Beh non mi è sembrato tenessi molto a come appari alla gente."

"Tutt'altro. Sono stato cresciuto da un militare, la disciplina e le formalità non mi mancano."

"Questo spiega... varie cose. Ad ogni modo, dimmi pure, non trattenere niente."

Sospirai e poi parlai dal profondo del mio cuore.

"Vedi, non solo comprendo il tuo dolore. Lo invidio. Davanti al tuo volto devastato dalle lacrime, son riuscito a invidiarti. Sono egocentrico e meschino. Perdonami."

Amon mi guardò preoccupato.

"Non c'è bisogno di scusarsi, non posso mica arrabbiarmi con te per qualcosa su cui non hai controllo. Anzi, credo che dirmelo ti abbia richiesto tanta forza!"

"In realtà... Non proprio."

"A maggior ragione! Sei una persona sincera di natura. Non comprendo il motivo dietro la tua invidia, ma devi riconoscere questa virtù."

"Riesco ad essere sincero con tutti, eccetto il colonnello. Quindi non so se definirla una virtù."

"Il colonnello?"

Un filo di vento mosse i miei capelli, i fili d'erba e gli arbusti che ci circondavano. Tra il fruscio di alberi e fiori, il sole iniziava a tramontare.

Sotto quel cielo arancione, i miei occhi riaquisirono un po' di luce mentre il volto del colonnello riapparve vivido nella mia mente. I suoi occhi scuri e giudicanti, i cui sguardi erano come stoccate di spada. I suoi capelli neri, più corti e meno folti dei miei. Li tirava spesso indietro per occasioni formali.

"Colui che mi ha salvato e cresciuto, e al quale ho dedicato la mia vita. Colui che ho amato in ogni forma. Il colonnello Roy Mustang."

Sul mio volto apparve un leggero sorriso. Quel dolore mi fece sentire vivo.

"Hai dedicato la tua vita a lui?"

"Son bruciato per lui, ogni mio respiro gli apparteneva. Sotto la sua luce splendente, mi sentivo un re. Ti ho invidiato perché hai avuto l'occasione di amare ed essere amato dalla persona più importante della tua vita. Mentre i miei sentimenti per il colonnello, la mia distorta infatuazione, temevo avrebbero distrutto ciò che avevamo. Quindi ho potuto solo chinare il capo e tacere. Obbedire ad ogni suo singolo ordine e trattenere il mio amore. Credevo che sarei sopravvissuto ad ogni dubbio che si insidiava nel mio cuore e mi son fidato dell'uomo che amavo fino all'ultimo, anche se non ricambiava l'intensità dei miei sentimenti. Che sciocco."

La mia voce si ruppe. Era come se parlare oltre fosse uno sforzo immane.

"... Mi avete trovato a seguito di una grande esplosione che ha causato il crollo di un vecchio ponte. Nel momento in cui il colonnello si è ritrovato a scegliere tra la mia vita o quella della sua tenente, lui... ha scelto lei."

Amon poggiò la sua cesta di mele, e mi mise una mano sulla spalla. Prima che proferì parola ripresi a parlare.

"Comprendo la sua scelta. Però, non lo perdonerò mai."

Feci cadere la mia cesta e scoppiai a piangere. Le mie nuove mani di metallo, si avvicinavano a fatica al mio volto per asciugarmi le lacrime.

"Ehi ehi. Vieni qua"

Amon mi accolse in un lungo e caloroso abbraccio.

"A volte succede. Tutti e nessuno hanno colpa."

"È vero però... continuo comunque a esigere. Sento una rabbia infinita che ha bisogno di consumarsi. Mi fa sentire piccolo e patetico."

"Ti senti tradito, e questa non è una cosa che puoi scegliere."

"Non giustificarmi. Son così arrabbiato, che seppur vivo la mia unica consolazione è sperare che il colonnello soffra pensandomi morto. Ma la distanza da lui mi sta uccidendo per davvero, creando un vuoto incolmabile che dilaga dentro me."

L'uomo mi carezzò la testa, come fossi uno dei suoi figli. Con il pollice mi asciugò le lacrime rimaste, e poi riprese la sua cesta di mele. Feci lo stesso, avevamo perso molto tempo.

"È triste. Ti ha cresciuto per essere una persona forte, e sotto alcuni aspetti ci è riuscito. Ma sotto altri, ti ha reso fragile come un fiore di vetro."

Io, comunque, sono dell'idea che nessun vuoto sia incolmabile.

Il Caporale e il Colonnello di fuocoWhere stories live. Discover now