STELIAN

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«Vado a prendere qualcosa da mangiare anche io, aspettatemi» Dico ai miei amici che non resistono più dalla fame.
Mentre dico queste parole guardandoli ancora dietro la mia spalla urta con quella di una ragazza con lo sguardo basso, le dico subito infastidito  «Che cazzo, stai più attenta» alza la testa e i miei occhi si incatenano con i suoi, lei rimane in silenzio, non risponde e questa cosa mi da ancora più fastidio.
Prova ad andare avanti, la fermo per un braccio
i miei occhi ancora incastrati con i suoi, la guardo più attentamente e quella è.. cavolo, la figlia dell'omicida:
devo starle lontano.
«Scusami, non voglio avvicinarmi a te è stato un errore» dico, mi guarda ancora, sta per piangere; non mi interessa e vado avanti.

Sono ancora scosso dall'accaduto, appena ne ho parlato ai miei amici mi hanno messo subito in guardia, di non avere niente a che fare con lei.
È pericolosa come lo era il padre.
«I suoi occhi» dice Kenan, il mio amico
«Cosa» rispondo io
«Mi hai detto che non riuscivi a distogliere lo sguardo da loro»
«Vero, color ghiaccio: freddi, distaccati e sofferenti.»
«Sofferenti? Direi più agghiaccianti amico» lo dice ridacchiando
«Mah, sarà come dici tu»
«Non avvicinarti e lo dico per il tuo bene»
Annuisco, anche se non capisco il perché di tutta questa protezione da parte sua nei miei confronti.

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Quella ragazza ha fottuto i miei pensieri.
«Steliannn??» la mia amica sventola la sua mano davanti alla mia faccia
«Ci sei?» vorrei risponderle di no, non ci sono.
La mia mente è proiettata a lei, perché la dovrei temere, perché i miei amici sanno qualcosa in più sul suo conto, perché non mi devo avvicinare.
Non mi deve interessare, non devo più pensare al nostro scontro al suo sguardo con quegli occhi che scrutavano anche la mia anima.
Alla fine rispondo alla mia amica Yaris annuendo.

Siamo nei dormitori dell'orfanotrofio, non abbiamo sonno e per passare il tempo abbiamo unito i nostri letti per parlare un po'.
Si avvicina Kenan e all'orecchio mi dice «A chi stai pensando?»
«A nessuno»
«Stelian non è da te»
«Fanculo ok?»
Alzo e me ne vado
«Dove stai andando coglione» mi chiede kenan
non lo voglio sentire più mi sono già allontano che sento solo il suo eco.

Giro per i corridoi dell'orfanotrofio, sento una melodia delicata; arriva da una stanza, sbircio da dietro alla porta e noto una ragazza, è quella ragazza, capelli rossi, con le forme sinuose.
Sta suonando il pianoforte e riconosco la musica:
Clair de Lune di Claude Debussy.
Significa 'chiaro di luna' ed esprime il senso di pace che si prova quando si guarda la luna nel cielo di notte.
Rimango sbalordito dalla sua bravura, così disinvolta, le sue dita sottili che danzano sul pianoforte.
La stanza è ampia e al centro ha una grande finestra dove si vede la luna piena, la luce entra nella stanza illuminando il viso della ragazza.
Ad un certo punto, finito di suonare si accorge di me e scappa, non la rincorro, non la chiamo.
Resto immobile e immagino ancora la sua figura seduta sulla panchetta pronta a dedicarmi una delle sue melodie.
Vorrei capire quali sono stati i suoi pensieri, le sue emozioni quando suonava e quando mi ha visto, dei pensieri ed emozioni contrastanti.
Mi ha decisamente rapito la mente.
Sono rimasto incantato da lei e dalla sua musica, ha un alone di mistero e devo capire cosa nasconde.

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